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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Stefano Torossi

La musica che gira intorno.

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Lo stimolo a questa prima punzecchiata ci è guizzato in testa all'incontro con un brano tra il pomposo e il grottesco che gira su FB. Claudio Baglioni che canta "L'Italia è", la sua versione musicale della Costituzione Italiana. Arrangiamento rimbombante di ottoni e timpani, voce impastata, nessuna melodia identificabile, un indigesto pappone. Lui lo presenta come il suo regalo agli Italiani. Cercatelo in rete perché davvero non è il Baglioni che conosciamo. Ricordiamo la prima e l'ultima riga della Costituzione (non servirebbe perché la sappiamo tutti a memoria, vero? però...): "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro (...) la bandiera è il tricolore a bande verticali, verde, bianco e rosso, di dimensioni uguali". Ecco, se non siete Giuseppe Verdi, provate a musicare questo testo senza rendervi ridicoli.



Passiamo alla stampa. Il 'Venerdì di Repubblica' del 23 dicembre. Una lettera alla redazione piena di virtuosa indignazione, che zampilla anche dal titolo: "Mozart ridotto a spot pubblicitario". Impossibile non percepire l'ira che squassa l'autore della lettera per l'abbinamento del Requiem a, pensate un po', un profumo femminile: "...blasfemo accostamento", "...operazione mercantile che sporca..." eccetera. E' proprio ridicolo che ci siano ancora questi savonarola che tuonano per salvaguardare la santità dell'opera d'arte, perché solo i cretini non sanno che se l'arte è buona rimane buona e non c'è nulla che possa sporcarla; se invece è mediocre e non regge, dov'è il danno? La carta igienica con sopra la Gioconda non mette certo in pericolo la reputazione di Leonardo.



Le Feste sono una magnifica occasione per riscaldare la stessa sbobba dell'anno scorso. Si tratta, in questo periodo, del riaffiorare di vecchi video dei Tre Tenori che cantano il repertorio di Natale. Di solito è Carreras che comincia. Le parole, lo sappiamo, sono sempre le stesse, infantili, rassi-curanti; da famiglia, insomma. Niente. Questi tenori, con le oro vocione, e nessuna leggerezza, gridano come se fossero Mosè che spezza le tavole delle leggi sul Sinai, mentre il testo dice banalità che richiedono al massimo un sottotono, tipo "un altro anno è passato, e fra poco comincia quello nuovo". Dopo Carreras attacca Pavarotti, con il candido gilet che si allarga sui metri quadrati del suo stomacone; e anche lui strepita, con una voce stupenda d'accordo, ma strepita, mentre noi con l'immaginazione siamo sempre sotto l'albero o davanti al caminetto. Per fortuna poi arriva Domingo, l'unico che sembra avere il cervello collegato all'ugola, e azzarda una qualche sfumatura nell'interpretazione. Intanto sullo sfondo: orchestrona, coro di cherubini, campane, e inevitabile acuto finale. Per non dire di quando tentano di fare quei pezzi brillanti così tipici del natale anglosassone, per esempio 'Jingle Bells'. Qui ascoltarli diventa davvero faticoso. Nessuno swing, non un sorriso, neanche un po' di gioco. Niente, sempre Mosè sul Sinai. E intanto il direttore e l'orchestra che faticano per trascinarli quando frenano, o frenarli quando scivolano sul tempo. E anche se piacciono tanto al pubblico, per noi loro tre sono la peggiore creatura partorita dal mondo della lirica (sempre dopo Bocelli, naturalmente). E tutto questo pur avendo a disposizioni tre voci stupende. Per fortuna che poi, per consolarci, c'è sempre Sinatra o Ray Conniff.







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