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Il Paradiso degli Orchi
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ATTUALITA'

StefanoTorossi

Mezzo millennio

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È il tempo che ci separa dal botto provocato da Martin Lutero con la sua riforma.

C’è a Roma una chiesa cattolica apostolica romana officiata dei preti tedeschi: S. Maria dell’Anima. È una chiesa che ha il pregio, raro in città, di essere bene illuminata. Quando entri il soffitto sembra un cielo, i pilastri brillano di cera, i quadri splendono di colori, e non si vede una lampada. Luce diffusa. Devono aver piazzato almeno una cinquantina di alogene, ma sono nascoste così bene e così ben puntate che non si capisce da dove venga il miracolo.

Ci siamo affacciati la mattina del 30 ottobre, con il sole dei finestroni che sostituiva le luci. Avevano appena fatto le pulizie. Un lavoro alla tedesca. Non un atomo di polvere neanche sulle cornicette o sotto le balaustre. Molte le tombe di marmi bianchi e colorati e con una fitta presenza di clessidre e teschi ghignanti, ma rese un po’ più gioviali dai busti di rubicondi cambiavalute sassoni e dai culetti di paffuti angiolotti.

Certo, quello che luce, cera e olio di gomito regalano, è la bella sensazione di entrare nell’elegante salone di un ricco e ben tenuto palazzo. Invece che in nere e fredde spelonche, quali appaiono (polverose e malissimo illuminate come sono) molte chiese romane, forse piene di tesori artistici, che però, nelle tenebre è come se non ci fossero.

Siamo convinti che non ci sia niente di male a pregare comodi; anzi, il contatto mistico dovrebbe riuscire ancora meglio.

All’improvviso però, tutto questo splendore ci è sembrato oscurato da un’ombra. Perché?

Sono esattamente cinquecento anni dalla famosa (anche se storicamente non proprio sicura) affissione delle tesi di Lutero alla porta della chiesa. Evidentemente i preti tedeschi non si sono sentiti di ignorare del tutto la scadenza, ma hanno scelto di celebrarla a modo loro, con una mostra di poster montati in fila lungo tutta la navata. Non siamo storici, quindi non possiamo contestare la correttezza del racconto. Ma non siamo neanche così scemi da non riconoscere il tono fortemente astioso dei testi, e ancora di più la scelta poco cristiana delle immagini, fra le quali presentiamo (perché merita) l’ultima della serie: il faccione perfido di Lutero, commentato dalla seguente didascalia.

“Lutero si considerava un profeta. Per lui la sola interpretazione giusta delle Sacre Scritture era la propria. È in questo senso che vanno viste le sue affermazioni denigratorie nei confronti del papato, dei contadini, degli ebrei, dei turchi, degli anabattisti e delle streghe o presunte tali”.

Un vero diavolaccio.

MEZZO SECOLO, o poco più, è invece bastato per quest’altro evento altrettanto storico, se non addirittura magico per Roma.

Parliamo del Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR, nato in epoca fascista con il nome di Palazzo della Civiltà del Lavoro, che adesso si è sposato e di cognome fa Fendi (pare che il suo sia un matrimonio di interesse), però per gli amici del bar rimane er Colosseo Quadrato.

La notizia è che, appunto dopo mezzo secolo, l’edificio, prima abbandonato al degrado, poi considerato da abbattere in quanto monumentale simbolo dell’odiato regime, poi accusato di pompa e cattivo gusto, e così proseguendo con insensate considerazioni, mentre era, fin dal suo progetto, e ancora lo è, solo un’opera bella, è salvo.

Grazie a Fendi che l’ha in affitto, è finalmente a disposizione dei romani, gratis, in questi giorni, per una piccola, ben fatta manifestazione che collega la Maison al mondo dello spettacolo (siamo in coincidenza con la Festa del Cinema) con ricostruzioni di set pieni di riflettori, macchine da presa e costumi di scena di film famosi, disegno Fendi, of course; con una Giulietta spider su cui possono salire per farsi riprendere grandi e piccini, e in più, a disposizione di tutti, vari trucchetti elettronici di moltiplicazione immagini e selfie in movimento.

Ottima organizzazione, personale cortese, marmi e vetri lustri. E con il bonus (e questo non è merito Fendi) di una di quelle giornate da ottobrata romana che non si dimenticano.

E aggiungiamo anche questo: finalmente si è recuperato un vero capolavoro del periodo più felice per l’architettura italiana di tutto il ventesimo secolo (e, per l’amor del cielo, non diamo retta alle baggianate ventilate da un noto personaggio della politica, secondo cui qualche partigiano potrebbe sentirsi offeso a passeggiare sotto una facciata di architettura fascista).





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