ATTUALITA'
Stefano Torossi
Ogni chiesa una sorpresa
Anche se non una per ogni giorno dell’anno, come dice la leggenda, le chiese di Roma sono comunque parecchie. E sono anche piene di belle cose, e di cose strane. L‘idea di andarle a cercare, queste cose belle e strane, ci stuzzica da un po’, e allora via. Prima tappa S. Agostino.
In una cappellina dimessa ci imbattiamo in un Cristo molto particolare: scuro, bruttino, rachitichello e per niente maestoso, ma dolente, proprio come ce lo ha raccontato anni fa Pasolini nel suo Vangelo.
C’è da chiedersi come mai i committenti si siano accontentati di un’opera quasi blasfema come questa, davvero fuori dell’iconografia tradizionale, secondo cui Gesù doveva essere un giovanottone biondo e muscoloso.
E anche glabro, mentre questo ha ascelle, torace e perfino addome parecchio pelosi.
Adesso scendiamo nella profonda cripta di S. Maria dell’Orazione e Morte a Via Giulia, una chiesa interamente pervasa di immagini (e anche di pezzi reali) di ossa, scheletri e oggettistica simbolica varia collegata, ovviamente, al suo steso nome.
Era sede di una confraternita che si occupava di recuperare e dare sepoltura ai cadaveri degli annegati e dei morti ammazzati, all’epoca abbondanti a quanto pare per le strade di Roma; e qui troviamo un documento un po’ inconsueto, se non altro per la modulistica utilizzata.
Si tratta di un certificato di decesso stilato non su una vecchia pergamena o su un polveroso registro parrocchiale, ma direttamente sul defunto, anzi, più precisamente proprio sulla sua capoccia.
E che dire del mezzo morto (letteralmente) che se la balla allegramente sul pavimento della Cappella Cornaro sotto gli occhi estatici della Santa Teresa del Bernini a S. Maria della Vittoria.
O forse prega? L’incertezza è d’obbligo con uno come il Cavaliere Gian Lorenzo che si faceva beffe degli interdetti del Concilio di Trento e ritraeva i suoi soggetti come gli pareva: sante al di sopra di ogni sospetto in un rapimento potenzialmente equivoco e scheletri tagliati a metà ma lo stesso scatenati in mosse di danza.
Ultimo stop a S. Andrea al Quirinale, dove bisogna arrampicarsi fino alle soffitte per vedere questo serenissimo monumento.
È, anzi era Stanislao Kostka, gesuita polacco, morto quattro secoli fa ad appena diciott’anni, consumato dal fuoco della santa passione (e dalla tisi).
Lui è di marmo nero e bianco di Carrara, lo hanno adagiato su un giaciglio di giallo antico con sotto uno scendiletto di alabastro, e barocchissimamente recluso per sempre in una stanzetta piena di stucchi, cornici e dorature.
Si potrebbe continuare…
In una cappellina dimessa ci imbattiamo in un Cristo molto particolare: scuro, bruttino, rachitichello e per niente maestoso, ma dolente, proprio come ce lo ha raccontato anni fa Pasolini nel suo Vangelo.
C’è da chiedersi come mai i committenti si siano accontentati di un’opera quasi blasfema come questa, davvero fuori dell’iconografia tradizionale, secondo cui Gesù doveva essere un giovanottone biondo e muscoloso.
E anche glabro, mentre questo ha ascelle, torace e perfino addome parecchio pelosi.
Adesso scendiamo nella profonda cripta di S. Maria dell’Orazione e Morte a Via Giulia, una chiesa interamente pervasa di immagini (e anche di pezzi reali) di ossa, scheletri e oggettistica simbolica varia collegata, ovviamente, al suo steso nome.
Era sede di una confraternita che si occupava di recuperare e dare sepoltura ai cadaveri degli annegati e dei morti ammazzati, all’epoca abbondanti a quanto pare per le strade di Roma; e qui troviamo un documento un po’ inconsueto, se non altro per la modulistica utilizzata.
Si tratta di un certificato di decesso stilato non su una vecchia pergamena o su un polveroso registro parrocchiale, ma direttamente sul defunto, anzi, più precisamente proprio sulla sua capoccia.
E che dire del mezzo morto (letteralmente) che se la balla allegramente sul pavimento della Cappella Cornaro sotto gli occhi estatici della Santa Teresa del Bernini a S. Maria della Vittoria.
O forse prega? L’incertezza è d’obbligo con uno come il Cavaliere Gian Lorenzo che si faceva beffe degli interdetti del Concilio di Trento e ritraeva i suoi soggetti come gli pareva: sante al di sopra di ogni sospetto in un rapimento potenzialmente equivoco e scheletri tagliati a metà ma lo stesso scatenati in mosse di danza.
Ultimo stop a S. Andrea al Quirinale, dove bisogna arrampicarsi fino alle soffitte per vedere questo serenissimo monumento.
È, anzi era Stanislao Kostka, gesuita polacco, morto quattro secoli fa ad appena diciott’anni, consumato dal fuoco della santa passione (e dalla tisi).
Lui è di marmo nero e bianco di Carrara, lo hanno adagiato su un giaciglio di giallo antico con sotto uno scendiletto di alabastro, e barocchissimamente recluso per sempre in una stanzetta piena di stucchi, cornici e dorature.
Si potrebbe continuare…
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