ATTUALITA'
Stefano Torossi
Si può vivere senza il salterio?
Certo; come si riusciva a vivere senza il giradischi prima che lo inventassero. Però domenica 10, nella sala dell’Immacolata a Santi Apostoli, l’ultimo raffinato concerto del festival dell’Architasto ci ha fatto capire che se invece il salterio c’è, si vive un po’ meglio.
Questa fatina, Franziska Fleischanderl, è una delle poche salteriste in circolazione e ha oltretutto il merito di essere andata a cercarsi i rari manoscritti settecenteschi di composizioni per lo strumento nel convento delle monache benedettine di San Severo di Puglia, che, ai loro tempi, si dilettavano a cantare i salmi accompagnate proprio dal salterio.
Il quale, come si vede, è una specie di cetra a corde libere da pizzicare con le dita o battere con i martelletti.
Al concerto i solisti erano lei, Francesco Tomasi alla tiorba (non serve spiegare, tutti sappiamo cos’è, no?), Chiara Tiboni al clavicembalo e il sopranista Francesco Di Vito, il quale (citiamo alla lettera il programma) “per uno straordinario caso della natura non ha subito la muta vocale; tale caratteristica gli ha permesso di fare rivivere il repertorio trascendentale dei cantanti castrati del barocco nel modo più filologico possibile, ovvero con un’emissione vocale non di falsetto ma naturale”.
E, aggiungiamo noi, si può dire che l’ha scampata bella. Possiamo inoltre testimoniare che, oltre a essere bravo, il maestro è munito di fior di barba e baffi e parla con voce da normale giovanotto.
Photo Ark – Meraviglie del mondo animale
È una mostra fotografica che abbiamo visto inaugurata l’otto dicembre al Parco della Musica.
Tutto come da copione ambientalista: il desiderio del fotografo Joel Sartore è fermare la perdita di biodiversità dovuta alle attività umane, al bracconaggio, ai cambiamenti climatici. Le specie animali si stanno estinguendo con un ritmo mille volte superiore a quello che sarebbe naturale. L’uomo deve intervenire per riparare il male fatto finora, e impedire che se ne faccia altro.
Sacrosanto, intendiamoci: foto meravigliose, situazioni catturate con abilità e, certo, anche con un pizzico di fortuna, sfondi che danno risalto ai colori delle penne o alla morbidezza delle pellicce, e, giustamente, il nobile scopo è informare per mettere in grado di intervenire prima che sia troppo tardi.
Quello che ci pare davvero sciocco è il tono dei giornali che presentano l’iniziativa: “L’estinzione vista attraverso gli occhi impauriti degli animali”, “Sguardi che parlano e trasmettono il pericolo di un mondo che sta soffocando la biodiversità” e altri siffatti sentimentalismi.
Ci sembra altamente improbabile che l’occhio naturalmente inespressivo (in termini umani, s’intende) di un uccellaccio dal lungo becco, di cui ci sfugge il nome, o il muso forse semplicemente attento, ma apparentemente perplesso (sempre in termini umani) di una scimmia possano trasmettere un’inquietudine consapevole a proposito di un problema che certamente questi simpatici animali non sono in grado di porsi.
Forse si tratta solo del latente desiderio di umanizzare tutti gli esseri che ci circondano per avvicinarli alla nostra sensibilità.
In quanto a noi, dato per scontato il valore delle intenzioni, non ci rimane che divertirci a riconoscere nelle espressioni di queste creature forti rassomiglianze con quelle di alcuni nostri amici i cui lineamenti ci pare di identificare, caricaturati, proprio in quel becco lungo e quella testa pelata (lo Scarpantibus di arboriana-bracardiana memoria?) o in tutto quel pelame biondo-rossiccio.
Forse ci sbagliamo, ma forse anche no.
Questa fatina, Franziska Fleischanderl, è una delle poche salteriste in circolazione e ha oltretutto il merito di essere andata a cercarsi i rari manoscritti settecenteschi di composizioni per lo strumento nel convento delle monache benedettine di San Severo di Puglia, che, ai loro tempi, si dilettavano a cantare i salmi accompagnate proprio dal salterio.
Il quale, come si vede, è una specie di cetra a corde libere da pizzicare con le dita o battere con i martelletti.
Al concerto i solisti erano lei, Francesco Tomasi alla tiorba (non serve spiegare, tutti sappiamo cos’è, no?), Chiara Tiboni al clavicembalo e il sopranista Francesco Di Vito, il quale (citiamo alla lettera il programma) “per uno straordinario caso della natura non ha subito la muta vocale; tale caratteristica gli ha permesso di fare rivivere il repertorio trascendentale dei cantanti castrati del barocco nel modo più filologico possibile, ovvero con un’emissione vocale non di falsetto ma naturale”.
E, aggiungiamo noi, si può dire che l’ha scampata bella. Possiamo inoltre testimoniare che, oltre a essere bravo, il maestro è munito di fior di barba e baffi e parla con voce da normale giovanotto.
Photo Ark – Meraviglie del mondo animale
È una mostra fotografica che abbiamo visto inaugurata l’otto dicembre al Parco della Musica.
Tutto come da copione ambientalista: il desiderio del fotografo Joel Sartore è fermare la perdita di biodiversità dovuta alle attività umane, al bracconaggio, ai cambiamenti climatici. Le specie animali si stanno estinguendo con un ritmo mille volte superiore a quello che sarebbe naturale. L’uomo deve intervenire per riparare il male fatto finora, e impedire che se ne faccia altro.
Sacrosanto, intendiamoci: foto meravigliose, situazioni catturate con abilità e, certo, anche con un pizzico di fortuna, sfondi che danno risalto ai colori delle penne o alla morbidezza delle pellicce, e, giustamente, il nobile scopo è informare per mettere in grado di intervenire prima che sia troppo tardi.
Quello che ci pare davvero sciocco è il tono dei giornali che presentano l’iniziativa: “L’estinzione vista attraverso gli occhi impauriti degli animali”, “Sguardi che parlano e trasmettono il pericolo di un mondo che sta soffocando la biodiversità” e altri siffatti sentimentalismi.
Ci sembra altamente improbabile che l’occhio naturalmente inespressivo (in termini umani, s’intende) di un uccellaccio dal lungo becco, di cui ci sfugge il nome, o il muso forse semplicemente attento, ma apparentemente perplesso (sempre in termini umani) di una scimmia possano trasmettere un’inquietudine consapevole a proposito di un problema che certamente questi simpatici animali non sono in grado di porsi.
Forse si tratta solo del latente desiderio di umanizzare tutti gli esseri che ci circondano per avvicinarli alla nostra sensibilità.
In quanto a noi, dato per scontato il valore delle intenzioni, non ci rimane che divertirci a riconoscere nelle espressioni di queste creature forti rassomiglianze con quelle di alcuni nostri amici i cui lineamenti ci pare di identificare, caricaturati, proprio in quel becco lungo e quella testa pelata (lo Scarpantibus di arboriana-bracardiana memoria?) o in tutto quel pelame biondo-rossiccio.
Forse ci sbagliamo, ma forse anche no.
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