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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

John Banville

Teoria degli infiniti

Guanda, Pag. 318 Euro 18,00
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Personalmente ritengo che leggere Banville sia come attraversare un terreno minato: se non stai attento, prima o poi scoppia qualcosa. E lo scoppio, come tutti sanno, non è mai una cosa piacevole. Men che mai quando il romanzo è latore di guai.

Ho un rapporto schizofrenico con lo scrittore irlandese: mi piace il suo modo tutto demodé di affrontare la narrazione, sembra sempre che la sua dimensione letteraria sia ad un passo dalla riverniciatura del passato (un po' come il cinema di Ivory), ma poi i suoi stessi parametri diventano, se poco controllabili, un insopportabile melange di stucchevolezze da noblesse poissiéreuse.

Bene dunque, delle ultime opere lette, Un favore personale, benissimo Dove è sempre la notte (ambedue 'passati' col sotterfugio di essere romanzi 'noir'), malissimo la riproposta del suo primo romanzo La lettera di Newton, fastidioso e ridicolo guazzabuglio erotico-sentimentale.

Teoria degli infiniti sta nel mezzo: riluce del solito splendore 'vittoriano' (è inutile nasconderlo, quando si legge Banville spesso si fa fatica a posizionare storia e protagonisti nella contemporaneità, ammettendo tuttavia che la nostra idea di quest'ultima sia dovuta ad una strenua difesa non dei suoi valori, ma dei suoi termini di raffronto), ma nello stesso tempo contiene tracce di una insopportabile inclinazione alla spocchia mista alla facezia fuori luogo.

Qui la combina grossa: vuole addirittura essere Henry James senza averne, ovviamente (ma chi mai potrebbe averne?) le qualità: addirittura fa il fighetto tra i fighetti (si potrebbe celiare dicendo che a buon diritto Banville potrebbe essere membro di un Antica Fighetteria del Corso) citando La Fonte sacra del maestro anglo-americano.

La Fonte sacra jamesiana, si sa (i 'meno' sicuramente sapranno) oltre ad essere romanzo di una bellezza sopraffina è monumento all'incomunicabilità. I dialoghi, a volte incomprensibili, apodittici, ellittici portavano al nulla assoluto. Banville cerca (cerca, appunto...) di fare lo stesso ed il risultato a volte torna e a volte gli si ritorce contro.

Vuol giocare col fuoco l'irlandese. Anche la trama - in una nobile casa di campagna vengono convocati i parenti di tale Adam Godley, in punto di morte, perché sia assistito durante le ultime ore – è stata ordita, crediamo, per il piacere del raffronto: sarebbe improponibile comunque. Ma Banville riesce a tenere le fila quando invece di scopiazzare propone una contemporaneità, come si diceva prima, fuori dai soliti canoni, quando insiste piuttosto su una rappresentazione imitativa, ecco che il gioco non regge più.

Non solo, a volte insulta (passatemi il termine un po' esagerato, ma son troppo estimatore di James perché si possa tentare non solo l'imitazione, ma addirittura una falsa parodia!): si diceva prima, l'improvviso uso della facezia in un contesto 'serio' (parlar di scatologia e di 'arie') mi sembra francamente fuori luogo. Pur intendendo con ciò il tentativo di smitizzare la letteratura con l'uso che se ne fa.

Dannazione Banville, quand'è che la pianterai di fare il gigione e metterai la testa a posto. Ormai hai anche un'età!





di Alfredo Ronci


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Mangiabile


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John Banville

Dove è sempre notte

Guanda, Pag. 363 Euro 16,50

Questo è un bel romanzo. E la bellezza è una dote di questi tempi preziosissima, nonché rara. Bello di un'oscurità claustrofobica (non date retta agli strilli di copertina che lo qualificano "noir". Tanto ormai in questo mercato impazzito tutto è noir, persino la lista della spesa), di una nettezza sociologica e politica da far invidia alla saggistica più arguta. Bello perché lineare e denso, duro e affilato come un coltello.

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John Banville

Un favore personale

Guanda, Pag. 326 Euro 16,50

«Pensi che la morte di Laura Swan sia avvolta nel mistero, giusto?» gli chiese. «Sento lavorare le cellule della tua materia grigia.» (Pag. 100).
Chi è un lettore o lettrice accanito/a di gialli come noi avrà provato un brividino di piacere nel trovarsi di fronte quelle due righe. In fondo Poirot, la 'magica' creatura di Agatha Christie, per antonomasia, operava grazie alle sue formidabili cellule grigie.
Qui il substrato è decisamente diverso.

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