RECENSIONI
Enzo Catania
Thriller di Sicilia
Boroli Editore, Pag.221 Euro 15,00
Tanto per celiare: chissà perché ma la vecchia generazione di giornalisti, quella col pedigree, si assomiglia pure fisicamente. Guardiamo per un attimo la foto di Catania in terza di copertina. Sembra il mai compianto abbastanza Gianni Brera. La stessa inclinazione di spalla, la stessa pipa in bocca, lo stesso sguardo sornione e accattivante.
Potrei continuare all'infinito con le similitudini, mi preme invece dire che Catania, effettivamente, fa parte di quella scuola di scrittori (non è casuale l'uso che faccio della parola) che nel nostro paese ormai latita, perché quel che oggi si insegna alle giovani leve giornalistiche è la rincorsa allo scoop e al sensational. Non voglio addentrarmi nella materia tanto discussa in questo periodo, lungi da me, rimane il rimpianto per l'assenza di quella professionalità che diventava poi indice di capacità analitica al di fuori delle pressioni dell'opinione pubblica e del sentire in genere.
Catania, involontariamente, fa pesare le sue origini: l'elenco che fa dei suoi colleghi nella breve introduzione al libro è eloquente e significativa. Si ha però l'impressione netta che la lista sia come una sorta di staffetta del cuore ed un segno dei bei tempi andati.
Ha ragione: allora le redazioni dei giornali erano piene di veri e propri amanuensi, colti nella loro progressiva inclinazione ai generi.
L'autore, sin da giovane, si dilettò con la cronaca nera, e riporta in Thriller di Sicilia (sottotitolo: ventuno storie misteriose dove la mafia non è protagonista, e questo la dice lunga su come forme di aggregazione delinquenziale forti e invasive abbiano condizionato non soltanto il potere politico, ma addirittura il nostro immaginario e il nostro parlare) fatti che in qualche modo furono uno spartiacque per una generazione che usciva dalla guerra ed entrava negli anni della crescita e del boom economico. Fatti che costituirono vere e proprie rivoluzioni sociologiche e che anticiparono, anche dal punto di vista del legislatore, alcune prese di posizione successive. Penso ad uno degli episodi più significativi del libro, quello della "fuitina" di Franca Viola. Ragazza che subì, da parte di un ragazzetto del posto – figlio di un boss locale – il rapimento e susseguente violenza, ma che rifiutò poi di sposarlo, suscitando l'interesse della comunità internazionale per la valenza fortemente innovativa del gesto e delle penne più "femministe" del giornalismo italiano: Camilla Cederna, Lietta Tornabuoni, Liliana Madeo, Maria Venturi (ma chi l'autrice di Orgoglio? ). O all'omicidio di Francesco Speranza che fu ucciso da Gaetano Furnari, maestro integerrimo, che vendicò il sopruso sulla giovane e aggraziata figlia. Fu, come titolò Catania, il sucidio del delitto d'onore, quel vergognoso articolo del codice penale, voluto dal fascista Alfredo Rocco nel 1930 (assente nel codice Zanardelli del 1889 dello stato liberale) che prevedeva la possibilità di estendere l'ipotesi delittuosa dalla moglie, alla sorella, alla figlia, poiché l'onta – a giudizio del legislatore – si rifletteva su tutta la famiglia e non soltanto su uno dei suoi membri.
Insomma, casi, piccoli e grandi (c'è anche il mistero della scomparsa di Ettore Maiorana) che raccontano un fluire del tempo, ma anche un lento evolvere dei costumi. Sempre nell'introduzione Catania, a proposito della scelta degli episodi da raccontare, con sicurezza afferma che ognuno di questi avrebbe tutti gli ingredienti per diventare fiction, sceneggiatura, film o anche volume a sé, trattandosi di argomenti su cui spesso e volentieri sono portate a fantasticare anche letteratura, cinematografia e televisione.
Vero, ma se sono raccontati con la destrezza, l'abilità e l'intelligenza del "vecchio" mestierante hanno valore in quanto tali. E raccontano ancor meglio la Storia (con la esse maiuscola).
di Eleonora del Poggio
Potrei continuare all'infinito con le similitudini, mi preme invece dire che Catania, effettivamente, fa parte di quella scuola di scrittori (non è casuale l'uso che faccio della parola) che nel nostro paese ormai latita, perché quel che oggi si insegna alle giovani leve giornalistiche è la rincorsa allo scoop e al sensational. Non voglio addentrarmi nella materia tanto discussa in questo periodo, lungi da me, rimane il rimpianto per l'assenza di quella professionalità che diventava poi indice di capacità analitica al di fuori delle pressioni dell'opinione pubblica e del sentire in genere.
Catania, involontariamente, fa pesare le sue origini: l'elenco che fa dei suoi colleghi nella breve introduzione al libro è eloquente e significativa. Si ha però l'impressione netta che la lista sia come una sorta di staffetta del cuore ed un segno dei bei tempi andati.
Ha ragione: allora le redazioni dei giornali erano piene di veri e propri amanuensi, colti nella loro progressiva inclinazione ai generi.
L'autore, sin da giovane, si dilettò con la cronaca nera, e riporta in Thriller di Sicilia (sottotitolo: ventuno storie misteriose dove la mafia non è protagonista, e questo la dice lunga su come forme di aggregazione delinquenziale forti e invasive abbiano condizionato non soltanto il potere politico, ma addirittura il nostro immaginario e il nostro parlare) fatti che in qualche modo furono uno spartiacque per una generazione che usciva dalla guerra ed entrava negli anni della crescita e del boom economico. Fatti che costituirono vere e proprie rivoluzioni sociologiche e che anticiparono, anche dal punto di vista del legislatore, alcune prese di posizione successive. Penso ad uno degli episodi più significativi del libro, quello della "fuitina" di Franca Viola. Ragazza che subì, da parte di un ragazzetto del posto – figlio di un boss locale – il rapimento e susseguente violenza, ma che rifiutò poi di sposarlo, suscitando l'interesse della comunità internazionale per la valenza fortemente innovativa del gesto e delle penne più "femministe" del giornalismo italiano: Camilla Cederna, Lietta Tornabuoni, Liliana Madeo, Maria Venturi (ma chi l'autrice di Orgoglio? ). O all'omicidio di Francesco Speranza che fu ucciso da Gaetano Furnari, maestro integerrimo, che vendicò il sopruso sulla giovane e aggraziata figlia. Fu, come titolò Catania, il sucidio del delitto d'onore, quel vergognoso articolo del codice penale, voluto dal fascista Alfredo Rocco nel 1930 (assente nel codice Zanardelli del 1889 dello stato liberale) che prevedeva la possibilità di estendere l'ipotesi delittuosa dalla moglie, alla sorella, alla figlia, poiché l'onta – a giudizio del legislatore – si rifletteva su tutta la famiglia e non soltanto su uno dei suoi membri.
Insomma, casi, piccoli e grandi (c'è anche il mistero della scomparsa di Ettore Maiorana) che raccontano un fluire del tempo, ma anche un lento evolvere dei costumi. Sempre nell'introduzione Catania, a proposito della scelta degli episodi da raccontare, con sicurezza afferma che ognuno di questi avrebbe tutti gli ingredienti per diventare fiction, sceneggiatura, film o anche volume a sé, trattandosi di argomenti su cui spesso e volentieri sono portate a fantasticare anche letteratura, cinematografia e televisione.
Vero, ma se sono raccontati con la destrezza, l'abilità e l'intelligenza del "vecchio" mestierante hanno valore in quanto tali. E raccontano ancor meglio la Storia (con la esse maiuscola).
di Eleonora del Poggio
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