RECENSIONI
Sebastian Fitzek
Il ladro di anime
Elliot, Pag. 300 Euro 17,50
In una lussuosa clinica psichiatrica fuori Berlino medici e pazienti intuiscono che il famigerato 'ladro di anime' un individuo con poteri particolari e che terrorizza la zona, si è introdotto all'interno della struttura.
Per sapere i motivi di questo 'ingresso' dovete leggervi il libro.
Ma possiamo disquisire di altro.
Per esempio, dei modelli di Fitzek: credo che l'autore abbia visto con interesse la serie cinematografica Saw e Il cubo.
Non si spiegherebbe altrimenti la passione per l'intreccio esasperato e per una buona dose di grand guignol. Intreccio esasperato che poi lo costringe, alla fine, ad una lunga e minuziosa spiegazione di tutti i passaggi, Un po' come avveniva nelle gloriose avventure del giallo classico di scuola inglese dove Ercule Poirot o Ellery Queen al termine delle loro fatiche riunivano i protagonisti in una sala per strabiliare i presenti con le loro fini e sconvolgenti deduzioni.
Potremmo disquisire sul linguaggio e lo stile di Fitzek (lo so, quando si parla di polizieschi o di thriller – questo addirittura viene definito uno psychothriller – si tralasciano gli aspetti per lo più linguistici, con grande 'scuorno' di alcuni autori che giustamente si sentono trattati in modo differente rispetto agli scrittori del mainstream più clarato): curiosamente pasticcione, con un uso della similitudine omerica che a volte lascia davvero sconcertati.
Pag. 73: L'ascensore si muoveva con una lentezza da tai chi (cosa??)
Pag. 89: «E' un'idiozia» protestò Schadeck. «Non me ne starò nascosto come una checca isterica» (vallo a capire!).
Pag. 96: Senza preavviso. Di punto in bianco un casellante biochimico azionò il primo scambio sul binario morto della sua memoria. Il treno dei ricordi arrivò veloce (Figuriamoci se era un treno ad alta velocità o un eurostar).
Potremmo disquisire sull'originalità del modello: poca, perché credo che certe 'avventure' siano rimasticature non solo di modelli cinematografici, come si diceva all'inizio, ma anche di scuole letterarie, soprattutto anglosassoni, che hanno dato esempi più pertinenti e lungimiranti, ma che poi, proprio per la consunzione dello stesso schema rischiano fotocopiature se non addirittura plagi.
Manca in questo romanzo di Fitzek anche un setting originale: siamo sulla collina di Berlino, ma potremmo essere dovunque (tra l'altro l'autore non rinuncia al topos del luogo isolato dove non vi è campo nemmeno per il cellulare più sofisticato... eccheccazzo!).
Insomma, lettura se vogliamo inizialmente intrigante poi man mano che la storia va avanti, un po'sbadigliosa e sonnolenta. Il colpo di scena di finale (che non vi dico) non riscatta l'opera, nemmeno nella considerazione che il ladro di anime appartiene all'altra metà del cielo. (Che vi ho rovinato la sorpresa?).
di Eleonora Del Poggio
Per sapere i motivi di questo 'ingresso' dovete leggervi il libro.
Ma possiamo disquisire di altro.
Per esempio, dei modelli di Fitzek: credo che l'autore abbia visto con interesse la serie cinematografica Saw e Il cubo.
Non si spiegherebbe altrimenti la passione per l'intreccio esasperato e per una buona dose di grand guignol. Intreccio esasperato che poi lo costringe, alla fine, ad una lunga e minuziosa spiegazione di tutti i passaggi, Un po' come avveniva nelle gloriose avventure del giallo classico di scuola inglese dove Ercule Poirot o Ellery Queen al termine delle loro fatiche riunivano i protagonisti in una sala per strabiliare i presenti con le loro fini e sconvolgenti deduzioni.
Potremmo disquisire sul linguaggio e lo stile di Fitzek (lo so, quando si parla di polizieschi o di thriller – questo addirittura viene definito uno psychothriller – si tralasciano gli aspetti per lo più linguistici, con grande 'scuorno' di alcuni autori che giustamente si sentono trattati in modo differente rispetto agli scrittori del mainstream più clarato): curiosamente pasticcione, con un uso della similitudine omerica che a volte lascia davvero sconcertati.
Pag. 73: L'ascensore si muoveva con una lentezza da tai chi (cosa??)
Pag. 89: «E' un'idiozia» protestò Schadeck. «Non me ne starò nascosto come una checca isterica» (vallo a capire!).
Pag. 96: Senza preavviso. Di punto in bianco un casellante biochimico azionò il primo scambio sul binario morto della sua memoria. Il treno dei ricordi arrivò veloce (Figuriamoci se era un treno ad alta velocità o un eurostar).
Potremmo disquisire sull'originalità del modello: poca, perché credo che certe 'avventure' siano rimasticature non solo di modelli cinematografici, come si diceva all'inizio, ma anche di scuole letterarie, soprattutto anglosassoni, che hanno dato esempi più pertinenti e lungimiranti, ma che poi, proprio per la consunzione dello stesso schema rischiano fotocopiature se non addirittura plagi.
Manca in questo romanzo di Fitzek anche un setting originale: siamo sulla collina di Berlino, ma potremmo essere dovunque (tra l'altro l'autore non rinuncia al topos del luogo isolato dove non vi è campo nemmeno per il cellulare più sofisticato... eccheccazzo!).
Insomma, lettura se vogliamo inizialmente intrigante poi man mano che la storia va avanti, un po'sbadigliosa e sonnolenta. Il colpo di scena di finale (che non vi dico) non riscatta l'opera, nemmeno nella considerazione che il ladro di anime appartiene all'altra metà del cielo. (Che vi ho rovinato la sorpresa?).
di Eleonora Del Poggio
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