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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Luigi De Pascalis

Il mantello di porpora

La Lepre Edizioni, Pag. 472 Euro 18,00
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La storia dell'Imperatore romano Flavio Claudio Giuliano, detto l'apostata, narrata da quello che in principio fu un suo schiavo, l'eunuco Evemero, che poi, nei giorni in cui 'il dominus' prese il potere, divenne uno dei suoi più fedeli consiglieri nonché segretario. Sono gli anni che vanno dal 331 al 363 d.C. L'Impero romano è governato da Costanzo II, figlio di Costantino I, colui che impose la religione cristiana e che vinse contro il suo rivale Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio.
Flavio Claudio Giuliano viene considerato l'ultimo imperatore pagano perché, profondo appassionato di filosofia e paganesimo, tentò, una volta divenuto Cesare, di restaurare l'antica religione degli Dèi. Senza successo. De Pascalis racconta la sua vita con l'eleganza linguistica che gli è propria, con una profonda conoscenza non solo dei fatti ma degli aspetti psicologici di un uomo e del suo tempo che, paradossalmente, risuona vicino, anzi vicinissimo a quello che viviamo noi oggi.
De Pascalis però attua un canto a due voci: c'è infatti una seconda narrazione della vita dell'Imperatore Giuliano. È quella dell'immaginario figlio non riconosciuto, Mardonio (che ha lo stesso nome del mentore sciita del futuro Cesare), avuto con la schiava Sophia, altrettanto immaginaria.
Flavio Claudio è curioso fin da bambino, da quando assiste, sgomento, al massacro di parte della sua famiglia per mano degli emissari dello zio Costanzo. Flavio era infatti figlio di Giulio Costanzo, figlio illegittimo di Costantino e figlio naturale di Elena, la prima moglie dello stesso Imperatore cristianizzato. Anche sua madre, Basilina, morirà subito di parto e lui non avendo avuto la possibilità di conoscerla la idealizzerà a tal punto da dedicarle una città, Basilinopoli.
De Pascalis immagina il racconto di questa vita come una vera e propria epopea di quello che, secondo la convinzione di sua madre, era destinato a diventare un novello Achille; a compiere gesta degne di Alessandro il Grande. Da principio, accrescerà il suo bagaglio culturale a Nicomedia, saccheggiando i filosofi dell'Antica Grecia e abbracciando una sorta di neoplatonismo integralista. Poi comprenderà che la cultura non può bastargli per poter cambiare le cose e abbraccerà la vita militare. Il tutto in gran segreto dallo zio che regnava lontano ma che, tramite i suoi subdoli emissari, non perdeva occasione di controllarlo affinché non accrescesse il suo prestigio e la sua forza. Invano. Quando infatti venne nominato Cesare in Gallia, e proprio dallo stesso Costanzo, egli, grazie alle sue campagne in quelle terre a lungo saccheggiate dai 'barbari del nord' e le sconfitte rifilate ai germani, ottenne grande popolarità fra le truppe e i legionari. Tanto che a quel punto si sentì in grado di sfidare lo zio che, per tutta risposta, pur di cercare di bloccarlo gli aizzò contro il re degli Alemanni, Vadomario.
Ma ormai la parabola di Giuliano era all'apice, gli Dèi gli mostravano la via tramite visioni e profezie; arrivò in Gallia persino lo ierofante di Eleusi con cui mise in scena dei rituali tramite i quali ottenere la forza per rovesciare la tirannia di Costanzo. Una volta acquisito il mantello di porpora, De Pascalis è abile nel disegnare l'ascesa di un prototipo umano che, nonostante disponga di un potere immenso, anche quello animato da più biechi e vendicativi intenti (come l'esecuzione di tutti i nemici che avevano cospirato contro di lui, a partire dell'eunuco Eusebio), riesce a rimanere integro. L'editto con cui Giuliano, una volta giunto a Costantinopoli e acclamato dalla folla, proclamò di nuovo l'uguaglianza di tutti i culti e di tutte le religioni rimane uno dei momenti più importanti della storia d'Occidente. Le sue riforme dell'amministrazione sembrano quelle tanto invocate di questi tempi e mai realmente attuate: lo sfoltimento delle maglie burocratiche, la non vessazione fiscale, la lotta alla corruzione imperante fra clero e aristocrazia. La fine dell'apostata è nota, ma non va svelata qui. A noi, della sua eredità, resta il sogno di una società libera dall'ingerenza delle religioni monoteiste, ancora lontana dal realizzarsi.
Per i curiosi, è d'obbligo immergersi nelle pagine di questo “Mantello di Porpora”, capace di fermare il tempo nonostante, come tutte le grandi narrazioni, ci ricordi del passato da cui proveniamo come fosse un presente mai estinto sul serio.


di Adriano Angelini Sut


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