RECENSIONI
Steven Sherrill
La ragazza annegata
Minimum fax, Pag.352 Euro 14,00
Ormai Benny aveva cominciato a considerare la faccenda della ragazza annegata come un suo personalissimo giallo. (pag.92).
In realtà questo romanzo non è un giallo nel senso classico (e non siamo nemmeno tra quelli che pretendono a tutti i costi di trovare trame misteriose in ogni storia). E' invece una sorta di rappresentazione teatrale di una vicenda apparentemente torbida ma che alla fine si dipana come una semplice tragedia personale.
Sherrill, alla sua seconda prova narrativa, lavora per dettagli: lynchiano lo definiscono sulla seconda di copertina, per una vocazione alla microfilmatura dell'universo che potrebbe sì ricordare il visionario regista americano, ma che arricchito da una robusta e strampalata cricca scenografica rimanderebbe di più ai sequel televisi. Non me ne vogliano i puristi o i fans di Sherrill, ma certo palcoscenico di umanità mattoide e apparentemente sofferente ricorda le Gillmore girls (in italia: Una mamma per amica).
Si diceva: lavora per dettagli. Certo - a cominciare dalla scena dell'annegamento, dove il protagonista, che staziona su un traliccio dell'alta tensione, vede dall'alto una ragazza sistemare su una spiaggia una cinepresa e poi molto lentamente avviarsi verso il mare e altrettanto lentamente lasciarsi morire - il metodo narrativo dello scrittore agisce per accumulo, non per sottrazione, lievitando l'attesa con strappi decisi e a volte convincenti.
Penso ancora alla scena del dito spezzato durante una discussione in un bar, o all'esilarante passaggio in cui il cane del protagonista vomita un paio di mutandine e rivela il precedente amplesso (Woody Allen ne sarebbe entusiasta, ma penso anche lo stesso Lynch che forse arricchirebbe l'episodio di spruzzate grandguignol).
Dicevamo all'inizio: pur presentandosi come giallo, il romanzo in questione vira spesso per altri lidi e la stessa conclusione, che non rivela nulla, perché le motivazioni del gesto e l'eventualità che qualcosa ci possa essere dietro l'inspiegabile decisone di una donna di uccidersi in modo così plateale hanno decifrazioni nette e precise lungo tutto il tragitto, non offre brividi o coup de thêatre. Ma è anche sottilmente costruito ad hoc. Sherrill conosce l'arte della sospensione e delinea, attraverso un meccanismo apparentemente da thriller, un profilo psicologico di giovane donna tragico e, mi si passi il termine, contemporaneo. Il setting strampalato e a volte "onirico" (quasi da freaks cinematografici) non copre i segni di un malore generazionale (scontri violenti genitori-figli, incomprensioni e classiche fughe) e il risultato è un libro attento e lucido. Se dovessi fare un altro confronto direi: Twin Peaks (qui sì Lynch calza!): la tragedia di un cadavere ritrovato (come nel caso in questione quello di un corpo annegato, ma mai ritrovato) è un pretesto per sottigliezze e "scavature" psicologiche.
Tuttavia, nonostante la riuscita del prodotto, se fosse vino, al palato risulterebbe diluito con acqua. Trecentocinquantadue pagine sono davvero troppe per un quadro di dolente solitudine e di un suicidio nel mare.
di Eleonora del Poggio
In realtà questo romanzo non è un giallo nel senso classico (e non siamo nemmeno tra quelli che pretendono a tutti i costi di trovare trame misteriose in ogni storia). E' invece una sorta di rappresentazione teatrale di una vicenda apparentemente torbida ma che alla fine si dipana come una semplice tragedia personale.
Sherrill, alla sua seconda prova narrativa, lavora per dettagli: lynchiano lo definiscono sulla seconda di copertina, per una vocazione alla microfilmatura dell'universo che potrebbe sì ricordare il visionario regista americano, ma che arricchito da una robusta e strampalata cricca scenografica rimanderebbe di più ai sequel televisi. Non me ne vogliano i puristi o i fans di Sherrill, ma certo palcoscenico di umanità mattoide e apparentemente sofferente ricorda le Gillmore girls (in italia: Una mamma per amica).
Si diceva: lavora per dettagli. Certo - a cominciare dalla scena dell'annegamento, dove il protagonista, che staziona su un traliccio dell'alta tensione, vede dall'alto una ragazza sistemare su una spiaggia una cinepresa e poi molto lentamente avviarsi verso il mare e altrettanto lentamente lasciarsi morire - il metodo narrativo dello scrittore agisce per accumulo, non per sottrazione, lievitando l'attesa con strappi decisi e a volte convincenti.
Penso ancora alla scena del dito spezzato durante una discussione in un bar, o all'esilarante passaggio in cui il cane del protagonista vomita un paio di mutandine e rivela il precedente amplesso (Woody Allen ne sarebbe entusiasta, ma penso anche lo stesso Lynch che forse arricchirebbe l'episodio di spruzzate grandguignol).
Dicevamo all'inizio: pur presentandosi come giallo, il romanzo in questione vira spesso per altri lidi e la stessa conclusione, che non rivela nulla, perché le motivazioni del gesto e l'eventualità che qualcosa ci possa essere dietro l'inspiegabile decisone di una donna di uccidersi in modo così plateale hanno decifrazioni nette e precise lungo tutto il tragitto, non offre brividi o coup de thêatre. Ma è anche sottilmente costruito ad hoc. Sherrill conosce l'arte della sospensione e delinea, attraverso un meccanismo apparentemente da thriller, un profilo psicologico di giovane donna tragico e, mi si passi il termine, contemporaneo. Il setting strampalato e a volte "onirico" (quasi da freaks cinematografici) non copre i segni di un malore generazionale (scontri violenti genitori-figli, incomprensioni e classiche fughe) e il risultato è un libro attento e lucido. Se dovessi fare un altro confronto direi: Twin Peaks (qui sì Lynch calza!): la tragedia di un cadavere ritrovato (come nel caso in questione quello di un corpo annegato, ma mai ritrovato) è un pretesto per sottigliezze e "scavature" psicologiche.
Tuttavia, nonostante la riuscita del prodotto, se fosse vino, al palato risulterebbe diluito con acqua. Trecentocinquantadue pagine sono davvero troppe per un quadro di dolente solitudine e di un suicidio nel mare.
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