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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Carlo Bui

Morte tra le rovine

CSE, Pag. 329 Euro 19,00
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«Il solito esagerato», replicò Coralbi sbuffando, «non c'è bisogno di essere un compositore o un musicista per ascoltare della buona musica e nemmeno un pittore per gustarsi un dipinto», aggiunse subito dopo, con la solita flemma. «L'importante è saper riconoscere quanto vale ciò che ascolti o che guardi.» (pag.46).

A parole, ma a fatti l'ispettore Coralbi, in realtà, utilizza le tecnologie più avanzate per scovare il serial killer che uccide le sue vittime nelle più belle aree archeologiche di Roma e dintorni: il polilight per esempio, che è una sorgente di luce ad alta intensità a lunghezza d'onda variabile che si utilizza per evidenziare tracce sulla scena del crimine. O l'Electrostatic Detection Apparatus, che è una strumentazione di tipo forense che permette di individuare scritture latenti su supporti cartacei. Insomma non si fa mancare nulla. D'altronde il suo "creatore" è uno che, come si dice sempre a Roma, "je fumano": Carlo Bui è Direttore dell'Unità per l'Analisi del Crimine Violento del Servizio Polizia Scientifica, Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato (vorrei vedere il suo biglietto da visita!), insomma, in parole povere, un cacciatore di serial-killer.

E furbo come una volpe: ha costruito un personaggio che è una sorta di bignamino, ad uso e consumo dei lettori, della caratterizzazione gialla. L'ispettore Coralbi ricorda, ad un primo e rapido esame, il Lincoln Rhyme di Jeffery Deaver. Non è paralizzato (buon per lui), ma è colto, svelto, intuitivo e soprattutto ha dimestichezza con la tecnologia. Se poi vogliamo cercare il pelo nell'uomo, certa misoginia di fondo, certa sfrontatezza decisa e certa alterigia insolente ha agganci con le creature di John Dickson Carr: ad essere sfiziosi, Sir Henry Merrivale e Gideon Fell.

Non basta, la reunion finale tra i collaboratori del poliziotto, occhieggia alle "adunate" che Ellery Queen ordiva a fine romanzo per incastrare gli autori dei delitti.

Insomma, parliamoci chiaro. Carlo Bui sarà pure un cacciatore seriale nella vita reale, ma è anche un attento conoscitore sia dei meccanismi del romanzo giallo, che dei suoi protagonisti.

E probabilmente l'intento del CSE (Centro Scientifico Editore) è proprio questo: offrire ad un pubblico attento un prodotto che abbia legami con la cronaca nera effettiva (prossimamente pubblicheranno per la collana Analisi Criminale, il celebre Crime Classification Manual di John Douglas e Robert Ressler, sorta di bibbia dell'investigazione internazionale – come a dire, lettura avvincente sì, ma affiancata da una"strumentazione" cognitiva ad hoc) senza tralasciare la tradizione del buon rompicapo con soluzione ed effettaccio finali.

Perché Morte tra le rovine è proprio questo: un noir convincente (peccato la lunghezza, io lo avrei alleggerito) che utilizza l'orchestrazione classica del genere senza perdere per un solo momento l'aggancio col reale.

Pecca però Bui di mitezza: non me ne voglia l'autore (né tanto meno mi sento personalmente in un'ottica da contrapposizione ideologica), ma quei poliziotti belli, bravi, generosi, accondiscendenti, disponibili, comprensivi, sentimentaloni e a volte anche un po' zucconi, li vede solo lui. Mi piacerebbe invece un rimestar di fronde - spesso gli autori americani affrontano tornadi e tempeste - che misuri umori e tensioni degli ambienti e contro l'ambiente.

Predico: sarà per la prossima volta, perché ci sarà. Ho l'impressione che siamo solo all'inizio dell'avventura.



di Eleonora del Poggio


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