RECENSIONI
Andrea Ciucci
Ninna nanna per ubriaconi
Porto Seguro ediz., Pag. 127
Durante un discorso sull’editoria mio marito mi ha detto: Se questo libro ti fosse arrivato per posta e non perché te lo ha consegnato un amico, probabilmente, per i temi e il linguaggio usato, non lo avresti nemmeno aperto.
La risposta, ora, è: non è vero, ma non ci sei andato molto lontano. Ninna nanna per ubriaconi di Andrea Ciucci in qualche modo è stata una rivelazione. Ma andiamo con ordine.
Non si può parlare di questo romanzo senza prima aver dato un’occhiata al percorso vitae dell’autore. Bassista in una band hardcore e appassionato di riviste underground, di Burroughs e di Ballard, alla fine (fine?) di questo percorso approda nel territorio a lui più congeniale: New York City, dove ha la fortuna di incontrare e frequentare esponenti della No Wave cinematografica degli anni ’70.
Tutto questo è nel romanzo: in una Città che non ha nome, ma… respira, immutabile nel suo continuo evolversi. Perenne competizione evolutiva con il mondo biologico, troppo distratto dal parossismo della moltiplicazione di particelle schiave di mitocondri cocainomani… sopravvive una serie di personaggi che, in un breve lasso di tempo, decideranno la loro vita a secondo anche della loro struttura fisico-psicologica. C’è Tom P.Pling che fotografa più che altro situazioni noir, c’è Anna che fuma ininterrottamente e in cerca, forse, di un amore, c’è LoboTony (forse autobiografia dell’autore… per il cinema aveva il tocco, riusciva a scovare la pellicola più sordida e bistrattata e farne un manifesto di vita) c’è Macciste (sì con due c) l’alzapietre con i denti di ferro, c’è il Dottor Klaus esperto in deformazioni morali e molti altri che non si distaccano di troppo dal resto della compagnia.
Ma c’è soprattutto lo stile del romanzo (affascinante, affabulatorio, ironico e disperato) che lo fa assomigliare di più ad una letteratura distopico-fantastica (i maestri si riconosco, ma il Ciucci stesso devia in modo del tutto salutare dal percorso, basta prendere l’episodio in cui … il capolavoro del Dottor Klaus, volò sulla spiaggia del Lido di Ostia, lì guidò l’Alfa GT 2000, insieme a lui, gli fece vedere la spiaggia insanguinata del Poeta… vi ricorda qualcosa?) e ci regala un affresco disperato della realtà.
Azzardiamo: se il Ciucci continuasse su questa linea potrebbe diventare una sorta di punto di riferimento di una certa cultura underground. Se limasse un po’ gli accenti, forse potremmo ritrovarcelo, a buona ragione, nelle più grandi librerie. A lui la scelta… semmai la dovesse fare.
Mai spegnere il magnetofono, sarebbe la fine.
di Alfredo Ronci
La risposta, ora, è: non è vero, ma non ci sei andato molto lontano. Ninna nanna per ubriaconi di Andrea Ciucci in qualche modo è stata una rivelazione. Ma andiamo con ordine.
Non si può parlare di questo romanzo senza prima aver dato un’occhiata al percorso vitae dell’autore. Bassista in una band hardcore e appassionato di riviste underground, di Burroughs e di Ballard, alla fine (fine?) di questo percorso approda nel territorio a lui più congeniale: New York City, dove ha la fortuna di incontrare e frequentare esponenti della No Wave cinematografica degli anni ’70.
Tutto questo è nel romanzo: in una Città che non ha nome, ma… respira, immutabile nel suo continuo evolversi. Perenne competizione evolutiva con il mondo biologico, troppo distratto dal parossismo della moltiplicazione di particelle schiave di mitocondri cocainomani… sopravvive una serie di personaggi che, in un breve lasso di tempo, decideranno la loro vita a secondo anche della loro struttura fisico-psicologica. C’è Tom P.Pling che fotografa più che altro situazioni noir, c’è Anna che fuma ininterrottamente e in cerca, forse, di un amore, c’è LoboTony (forse autobiografia dell’autore… per il cinema aveva il tocco, riusciva a scovare la pellicola più sordida e bistrattata e farne un manifesto di vita) c’è Macciste (sì con due c) l’alzapietre con i denti di ferro, c’è il Dottor Klaus esperto in deformazioni morali e molti altri che non si distaccano di troppo dal resto della compagnia.
Ma c’è soprattutto lo stile del romanzo (affascinante, affabulatorio, ironico e disperato) che lo fa assomigliare di più ad una letteratura distopico-fantastica (i maestri si riconosco, ma il Ciucci stesso devia in modo del tutto salutare dal percorso, basta prendere l’episodio in cui … il capolavoro del Dottor Klaus, volò sulla spiaggia del Lido di Ostia, lì guidò l’Alfa GT 2000, insieme a lui, gli fece vedere la spiaggia insanguinata del Poeta… vi ricorda qualcosa?) e ci regala un affresco disperato della realtà.
Azzardiamo: se il Ciucci continuasse su questa linea potrebbe diventare una sorta di punto di riferimento di una certa cultura underground. Se limasse un po’ gli accenti, forse potremmo ritrovarcelo, a buona ragione, nelle più grandi librerie. A lui la scelta… semmai la dovesse fare.
Mai spegnere il magnetofono, sarebbe la fine.
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