CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Non la Grecia della crisi, ma dei sogni d'amor: 'Rebetiko Gymnastas' di Vinicio Capossela.
Dopo Marinai profeti e balene non ce lo saremmo mai aspettato. O forse sì, perché dopo il viaggio anche i viaggiatori più incalliti hanno bisogno di fare sosta, per trovare amore. E Vinicio Capossela si ferma in Grecia, che di questi tempi significa un azzardo, ma lui sfida il mondo intero, e si trasforma in un menestrello del rebetiko (forma musicale tipica della regione) e si fa accompagnare dal bouzouki, lo strumento di cui è maestro Manolis Pappos.
A questo punto vorremmo che anche i figliocci del rock si fermassero un secondo e ascoltassero il disco: solo un abitante del pleistocene rimarrebbe di sasso, tutti gli altri apriranno il proprio cuore alla emozione più pura e cristallina.
L'esordio è memorabile: 'Abbandonato' sorta di cover di un classico del folk singer argentino Atahualpa Yupanqui, ti trascina verso lo stupore più sincero, con quelle parole che racchiudono il senso ultimo dell'esistenza: Perché non tengo alla vita mi chiaman Abbandonato, perché non tengo alla vita mi chiaman abbandonato, se a me gusta di perderla è gettarla per terra, se a me gusta di perderla è perché so ritrovarla.
Ma tutto il disco è una scoperta ed una sorpresa continua, nonostante che dei tredici brani solo quattro siano inediti: il resto è un ripescaggio prezioso ed incommensurabile del repertorio del grande (a questo punto immenso) cantautore. Ritroviamo 'Contrada Chiavicone' da Il ballo di San Vito, 'Con la rosa' tratto da Canzoni a manovella. C'è 'Scivola vai via' da All'una e trentacinque circa e poi quel capolavoro assoluto che è 'Morna', sempre da Il ballo di san Vito che oltre che un 'omaggio' alla malinconia è forse anche uno struggente atto di riverenza a Cesaria Evora, da poco scomparsa, perché l'impianto ed il suono ricordano assai l'appassionata saudade musicale dell'isola di Capoverde.
E' un viaggio anche quest'opera: dall'Italia, alla Grecia,che potremmo definire paese ospitante, per toccare l'Argentina, il Messico (la ripresa de 'la cancion de las simples cosa' dell'ormai quasi novantenne Chavela Vargas) e l'Ecuador: un percorso che mette da parte qualsiasi velleità commerciale, ma che risulta completo (anche complesso, certo) nella sua proposizione universale.
Insomma avete capito bene, si maneggia materia incandescente, perché sanguigna, perché crediamo che l'amore non possa che essere solo questo eterno confronto: per questo muchacha non partire ora sognando il ritorno, perché semplice è l'amore e le semplici cose se le divora il tempo.
Per me l'album dell'anno.
Vinicio Capossela
Rebetiko Gymnastas
La cupa - 2012
A questo punto vorremmo che anche i figliocci del rock si fermassero un secondo e ascoltassero il disco: solo un abitante del pleistocene rimarrebbe di sasso, tutti gli altri apriranno il proprio cuore alla emozione più pura e cristallina.
L'esordio è memorabile: 'Abbandonato' sorta di cover di un classico del folk singer argentino Atahualpa Yupanqui, ti trascina verso lo stupore più sincero, con quelle parole che racchiudono il senso ultimo dell'esistenza: Perché non tengo alla vita mi chiaman Abbandonato, perché non tengo alla vita mi chiaman abbandonato, se a me gusta di perderla è gettarla per terra, se a me gusta di perderla è perché so ritrovarla.
Ma tutto il disco è una scoperta ed una sorpresa continua, nonostante che dei tredici brani solo quattro siano inediti: il resto è un ripescaggio prezioso ed incommensurabile del repertorio del grande (a questo punto immenso) cantautore. Ritroviamo 'Contrada Chiavicone' da Il ballo di San Vito, 'Con la rosa' tratto da Canzoni a manovella. C'è 'Scivola vai via' da All'una e trentacinque circa e poi quel capolavoro assoluto che è 'Morna', sempre da Il ballo di san Vito che oltre che un 'omaggio' alla malinconia è forse anche uno struggente atto di riverenza a Cesaria Evora, da poco scomparsa, perché l'impianto ed il suono ricordano assai l'appassionata saudade musicale dell'isola di Capoverde.
E' un viaggio anche quest'opera: dall'Italia, alla Grecia,che potremmo definire paese ospitante, per toccare l'Argentina, il Messico (la ripresa de 'la cancion de las simples cosa' dell'ormai quasi novantenne Chavela Vargas) e l'Ecuador: un percorso che mette da parte qualsiasi velleità commerciale, ma che risulta completo (anche complesso, certo) nella sua proposizione universale.
Insomma avete capito bene, si maneggia materia incandescente, perché sanguigna, perché crediamo che l'amore non possa che essere solo questo eterno confronto: per questo muchacha non partire ora sognando il ritorno, perché semplice è l'amore e le semplici cose se le divora il tempo.
Per me l'album dell'anno.
Vinicio Capossela
Rebetiko Gymnastas
La cupa - 2012
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