RECENSIONI
Raul Argemí
Patagonia ciuf ciuf
La Nuova frontiera, Pag. 188 Euro 16,00
Un marinaio in pensione, discendente del leggendario bandito Butch Cassidy e un ex macchinista idealista della metropolitana di Buenos Aires decidono di assaltare un treno vecchio e malandato che percorre la Patagonia argentina, per liberare un loro compagno di lotta e impossessarsi di un ricco bottino.
Una volta sul treno però le cose non vanno come previsto: tra turisti tedeschi, partorienti e senatori corrotti, i due improvvisati rapinatori si ritrovano coinvolti in una situazione drammatica e al tempo stesso assurda, che può finire con una sparatoria o con una partita di calcio.
Sì è vero, ho ripreso la trama del romanzo 'paro paro' dalla quarta di copertina. Bello sforzo dirà qualcuno. Niente affatto: la linea della vicenda così tratteggiata è perfetta, mancano ovviamente le risultanze della lettura. Della mia personale lettura.
Dico subito questo: date in mano il romanzo a Gabriele Salvatores, ne può uscire qualche cosa di sfizioso, magari con una sceneggiatura dello stesso Argemí aiutato da Pino Cacucci. Oddio, non siamo in terra messicana, dove lo scrittore bolognese c'ha messo casa, però le atmosfere sono le stesse e le istanze di liberazione dei protagonisti, soprattutto quelle dei due banditi, ma per vie trasversali anche degli altri personaggi della vicenda, ricalcano schemi 'collaudati'.
Perché in questo romanzo si respira aria di libertà e di vecchie nostalgie (mi verrebbe da fare un paragone azzardato: come quando Camporesi, parlando delle campagne post-rinascimentali, elencava pregi e virtù di una cultura contadina e pastorale quasi sullo stesso piano delle conoscenze scientifiche) e come dice lo stesso autore a fine libro: questo romanzo, come ogni opera di fantasia, si nutre di mitologie personali (...) fanno parte di quella Patagonia dove non è possibile vivere senza la testardaggine di un mulo e l'inventiva un po' stravagante di uno scopritore di nuovi mondi.
Ecco cos'è Patagonia ciuf ciuf: forse una scommessa, un modo ancora coraggioso di vedere i rapporti umani non scanditi dalle convenzioni sociali, ma da una sorta di universale fratellanza che può facilmente aggregare. Materia questa mai affrontata abbastanza, persi come siamo in questo mondo splendida mendex che non regala più nemmeno emozioni a portata di tasca.
Non vi sembri curioso, ma in questo romanzo oltre all'avventura aleggia il fantasma del lavoro precario, meglio ancora, dell'idea del suo contrario, quando le mansioni appartenevano ad un immaginario quasi familiare. Dice il macchinista del treno che è stato 'assaltato' dai due improvvisati rapinatori: Per noi non fatevi problemi, non vi rovineremo l'affare, a maggior ragione se lei è del mestiere. Noi ferrovieri siamo come i dinosauri, ogni giorno ce n'è di meno.
Caldamente consigliato alla dirigenza di Trenitalia.
di Alfredo Ronci
Una volta sul treno però le cose non vanno come previsto: tra turisti tedeschi, partorienti e senatori corrotti, i due improvvisati rapinatori si ritrovano coinvolti in una situazione drammatica e al tempo stesso assurda, che può finire con una sparatoria o con una partita di calcio.
Sì è vero, ho ripreso la trama del romanzo 'paro paro' dalla quarta di copertina. Bello sforzo dirà qualcuno. Niente affatto: la linea della vicenda così tratteggiata è perfetta, mancano ovviamente le risultanze della lettura. Della mia personale lettura.
Dico subito questo: date in mano il romanzo a Gabriele Salvatores, ne può uscire qualche cosa di sfizioso, magari con una sceneggiatura dello stesso Argemí aiutato da Pino Cacucci. Oddio, non siamo in terra messicana, dove lo scrittore bolognese c'ha messo casa, però le atmosfere sono le stesse e le istanze di liberazione dei protagonisti, soprattutto quelle dei due banditi, ma per vie trasversali anche degli altri personaggi della vicenda, ricalcano schemi 'collaudati'.
Perché in questo romanzo si respira aria di libertà e di vecchie nostalgie (mi verrebbe da fare un paragone azzardato: come quando Camporesi, parlando delle campagne post-rinascimentali, elencava pregi e virtù di una cultura contadina e pastorale quasi sullo stesso piano delle conoscenze scientifiche) e come dice lo stesso autore a fine libro: questo romanzo, come ogni opera di fantasia, si nutre di mitologie personali (...) fanno parte di quella Patagonia dove non è possibile vivere senza la testardaggine di un mulo e l'inventiva un po' stravagante di uno scopritore di nuovi mondi.
Ecco cos'è Patagonia ciuf ciuf: forse una scommessa, un modo ancora coraggioso di vedere i rapporti umani non scanditi dalle convenzioni sociali, ma da una sorta di universale fratellanza che può facilmente aggregare. Materia questa mai affrontata abbastanza, persi come siamo in questo mondo splendida mendex che non regala più nemmeno emozioni a portata di tasca.
Non vi sembri curioso, ma in questo romanzo oltre all'avventura aleggia il fantasma del lavoro precario, meglio ancora, dell'idea del suo contrario, quando le mansioni appartenevano ad un immaginario quasi familiare. Dice il macchinista del treno che è stato 'assaltato' dai due improvvisati rapinatori: Per noi non fatevi problemi, non vi rovineremo l'affare, a maggior ragione se lei è del mestiere. Noi ferrovieri siamo come i dinosauri, ogni giorno ce n'è di meno.
Caldamente consigliato alla dirigenza di Trenitalia.
di Alfredo Ronci
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Raul Argemì
L'ultima carovana della Patagonia
LaNuovafrontiera, Pag. 284 Euro 17,00Tempo di crisi? Letteratura speculare. Il problema semmai è l'America Latina. Cioè, voglio dire: quand'è che un paese dell'America Latina tra crack finanziari, improvvisi capovolgimenti politici, dittature, catastrofi naturali e, visto che sono tanto cattolici, castighi di dio, non è stato in crisi?
L'incertezza è una situazione endogena in quell'area.
Però Argemì sa scavare nel presente, nel senso che rappresenta un momento storico ben preciso e ci racconta le vicende di un gruppo di amici (anzi, colleghi di 'ufficio')
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