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Stefano Torossi

Stupisci, Roma

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…con questa sistemazione del Colosseo, delicata e fantasiosa, in cui, invece di rimettere tutto a posto come stava prima, il restauratore (Raffaele Stern, inizio ‘800) ha pensato bene di fissare per l’eternità il momento in cui il crollo ha inizio. Qualche arco è già andato, indebolendo la spinta statica che tiene insieme la costruzione. Ancora non è successo l’irreparabile: grosse crepe si sono aperte nel muro compatto dell’ultimo ordine, il cornicione e l’arco dell’anello più in basso cominciano a cedere ma non sono ancora crollati.
Tutto è sospeso come per una magia che ha fermato il tempo.
Alcuni studiosi, che hanno probabilmente ragione ma potrebbero risparmiarci il loro cinismo, sostengono che il restauro appare così solo perché fatto di corsa di fronte al rischio di una catastrofe imminente. Noi preferiamo decisamente l’interpretazione romantica, altrimenti che stupore sarebbe?


…con questo incredibile tramonto riflesso nel finestrone all’ultimo piano del Maxxi (nessun trucco, noi c’eravamo e tutto era esattamente così).
Sono passati duemila anni, eppure la perfida magia di questa città non accenna a svanire.
Lo splendido edificio di Zaha Hadid è tutto di cemento, articolato in linee moderne, razionali e audaci, ma appunto, trattandosi di cemento, scarse di colore.
Le finestre sono di lastre normali, forse leggermente oscurate, eppure basta un raggio di sole che va a sbattere riflettendosi sulle banalissime facciate fine ottocento del quartiere intorno, per trasformare il vetro in oro.
Il miracolo sta nel contrasto fra il caldo e il freddo dei colori e nell’originalità dell’immagine che suggerisce una diavoleria tecnologica, invece del tutto inesistente.
Qui abbiamo la natura al lavoro. Da sola.
…con questo barocchissimo seminarista adagiato in una stanzetta piena di stucchi, cornici, dorature e marmi. Anche lui è di marmo, nero e bianco di Carrara, steso su un giaciglio di giallo antico con sotto uno scendiletto di alabastro.
È, anzi era Stanislao Kostka, gesuita polacco, morto quattro secoli fa ad appena diciott’anni, consumato dal fuoco della santa passione (e dalla tisi).
Per vedere questo serenissimo monumento ci si deve arrampicare fino alle soffitte sopra la sacrestia di S. Andrea al Quirinale. Qui uno è da solo (chi mai potrebbe avere la curiosità di andare a ficcare il naso lassù? Giusto noi, per la soffiata di un amico bene informato) e finalmente può lasciarsi stupire fino in fondo da questa inspiegabile, folle devozione.

…e per concludere e discendere dal livello troppo alto a cui eravamo ascesi, stupiscici anche con questa geniale trovata dell’ATAC.
A Roma esistono tre grandi cimiteri, Verano, Prima Porta e Laurentino, frequentati nei fine settimana da parenti e amici che vanno a fare le loro visite.
Bene: l’azienda trasporti cittadina, con lodevole rispetto per le esigenze degli utenti, ha istituito questa linea speciale che, tutti i sabati e le domeniche, collega i tre cimiteri.
I bus di questo servizio portano sul display la sigla C3 che ovviamente si riferisce ai tre C(imiteri) collegati.
Però, forse non fidandosi troppo delle capacità mentali dei propri utenti, l’azienda ci ha tenuto a chiarire bene la natura del trasporto.
Capito? Siamo sicuri??



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