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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un libro troppo presto dimenticato: 'Ore perse vivere a sedici anni' di Caterina Saviane.

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Vivo con mia madre: mio padre è un prodotto della stampa. Che frase solenne.

Sì, il padre era quel Sergio Saviane, scrittore, giornalista, che per molti anni tenne un'irresistibile rubrica su L'espresso e fu anche co-fondatore de Il Male. Lei la giovanissima figlia, che a sedici anni esordisce nell'allora prestigiosa collana 'Franchi narratori' della Feltrinelli e piazza un piccolo libro che nel corso del tempo è divenuto un oggetto di culto, ma mai ristampato per i soliti motivi che si ignorano ma che sono davanti agli occhi di tutti.

Un piccolo grande libro che creava allora un divario tra le generazioni, ma paradossalmente restituiva alla letteratura l'unità tra classicismo e nuove tendenze. Perché Ore perse, al di là di certe ingenuità che non possono non 'toccare' una ragazza di così' giovane età, è diario, tra documentarismo e spicciola confessione, profondamente maturo. Straordinariamente toccante.

Perché tutti, in fondo, abbiamo paura di due sole cose: il fascismo e l'amore.

In questa dichiarazione (che tenterei di definire, nonostante tutto, azzeccata anche per i nostri tempi) che coglieva un po' il senso di certi anni incistiti di un'ideologia troppo pericolosamente scissa, Caterina sviluppa il suo stream of consciousness: che è fatto però non solo di paranoie adolescenziali – non potrebbe essere diversamente – ma di tocchi reali di impegno e partecipazione alla vita e alla cultura del tempo.

Penso all'appunto a pag. 44: Ho paura che Nazareno non sia più lo stesso. E' morto anche Pasolini, ieri, e io ancora vivo, sacramento (ricordiamo che il libro uscì nel 1978, ma la giovane scrittrice racconta per lo più il 1975 e il 1976) o il grido di insofferenza a pag. 42, dove la Saviane mischia con sapienziale accortezza gli eventi politici col dovere di una quotidianità sbrigativa: E' inutile vincere il referendum sul divorzio, quando poi si perde nella vita, è inutile essere favorevoli all'aborto se in casa non si lavano i piatti.

Caterina Saviane racconta i suoi sedici anni attraverso momenti di ozio, di aggregazione politica (chi ha più di cinquant'anni come fà a non averli vissuti?), di viaggi (Parigi, la Yugoslavia...) e di confronto continuo col padre, del quale intuisce la statura (Ha ragione mio padre che si spacca la testa con una satira che lo manda in giro da un tribunale all'altro, o hanno ragione quelli che stanno in pace col mondo? Per chi scrivi, padre mio, che tutti ti odiano e parlano male di te?), ma a cui non può attribuire la comprensione ultima di una figlia 'strana' (...ma io non sono neppure anarchica) ed il rapporto con la madre che vive a Numera con l'altra sorella.

Ma il taglio della cronaca è fiero e gagliardo, diverso dal romanzo di formazione che ancor oggi affligge i falsi esegeti del mito giovanilistico e che recentemente ha partorito una mostruosità passata pure per racconto proletario (Acciaio di Silvia Avallone).

In Ore perse vivere a sedici anni si respira il senso di una perdita, di una vita che dalla protagonista non è mai stata acquisita anche se normalmente stretta tra rapporti di amicizia e incombenze di tutti i giorni: ma se i primi la gravano di una coscienza femminile, più che femminista, sempre a più passi, e quindi distanza, dall'universo maschile (e maschilista), le seconde le circuisce con un personale e doloroso distacco dagli affetti e dalle presenze, qualunque esse siano.

Il piccolo romanzo della Saviane, come si è detto all'inizio, non è mai stato ristampato, nonostante alcune richieste (lo facemmo anche noi orchi agli inizi di 'carriera' e ritornarci sopra non è indice di cocciutaggine, ma di senso concreto delle cose e delle lettere): è rimasto però un monumento più che all'incomunicabilità, alla percezione straniante di un percorso esistenziale.

Caterina Saviane si ucciderà qualche anno più tardi, privando la narrativa italiana di una sicura protagonista.

Chiudo il pezzo (che chiude il libro) con un frammento di ossimorica bellezza: E sul cuscino bagnato chiudo gli occhi dimenticando ciò che ho perso e che abbiamo perso, ormai, dimenticando tutti i ricordi più belli e più brutti. Ho speranza di sognare. Adesso ho capito tutto. Quando sono sveglia, insieme con voi, russo come un ghiro.



L'edizione da noi considerata è:



Caterina Saviane

Ore perse vivere a sedici anni

Feltrinelli - 1978



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