Cinema e Musica
La forza delle donne: Roma
Non meritava di meno, questo film premiato a Venezia con il Leone d’oro, potendosi definire un capolavoro senza se e senza ma. Girato in un sobrio e intenso bianco e nero, ne ho gustato una versione sottotitolata che lascia intatte le voci, i mormorii, le parole appena accennate. Dove semplicità e drammaticità vanno di pari passo.
Urge chiusura: Red di Patty Pravo.
Diciamolo subito: Patty Pravo a Sanremo ha fatto un po’ schifo. Dico un po’ perché la canzone, tutto sommato ed ascoltata su disco, è anche passabile, ma lei sul palco è stata una presenza inafferrabile e nemmeno la presenza di Briga (aiutatemi a dire chi) l’ha arricchita.
Che vuoi che sia… David Crosby: here if you listen.
Uno due e tre. Ebbene sì, questo è il terzo album di David Crosby nel giro di due anni. Qualcuno dirà: ma è impazzito? Non lo sappiamo (auguriamoci di no), ma quello che par di sentire merita tutta la nostra attenzione.
Che esagerazione. ‘Vanished gardens’ di Charles Lloyd & The Marvels and Lucinda Williams.
Non è la prima volta che Charles Lloyd, musicista jazz, fa una cosa del genere, e cioè mischiare pop , rock e jazz. Stavolta si è fatto aiutare da una splendida figura come Lucinda Williams. Il risultato? Buono, ma non ci strapperemo troppo i capelli, come molti critici fanno.
Ora o mai più. “Things have changed” di Bettye Lavette.
Siamo alle solite quando si parla di Bettye Lavette. Ora si va addirittura oltre, anche se la responsabilità di tutto quello che si vocifera è colpa anche della stessa artista.
Ma perché? Perché Ni. Maeba di Mina.
Non abbiamo mai recensito un disco di Mina in questa rubrica. Ora lo facciamo perché, nonostante tutto, non vanno ignorate le ultime intonature dell’ormai più che settantenne cantante italiana.
E’ quello che è… ma permetteteci. Landfall di Laurie Anderson.
Tutti ormai conoscono Laurie Anderson. Almeno quelli che hanno un occhio di riguardo per la musica e per certe esperienze sensoriali. Inutile poi ripercorrere le tappe della sua lunga carriera musicale
I quattro apostoli… erano quattro. Rapide considerazioni su Versatile di Van Morrison.
Si sa, c’è ben poco da dire. Van Morrison ormai ci ha abituato ai riassunti (e a dischi che vengono fatti con la rapidità di un topo da corsa). In poco tempo abbiamo fatto il callo con il blues di Roll with the punches e con tutta una serie di diavolerie del suo itinerario musicale che ad oggi francamente non ci aspettavamo un disco dedicato al jazz e soprattutto a Frank Sinatra.
Forse il migliore: “Sky trails” di David Crosby.
Non so come mai David abbia realizzato due dischi in più di 15 anni e adesso, in poco meno di due anni, ne ha fatti addirittura tre. Si dice che stia meglio; si dice che ha riagganciato artisti che per un po’ erano stati isolati (ma Tom Petty, la cui scomparsa ci addolora, dove lo mettiamo?); fatto sta che ora Crosby fa le cose sul serio e le fa in grande.
Per favore, tacete. “Other” di Alison Moyet.
Perché dico di tacere? Ma perché, al di là di certe costruite considerazioni, su la Moyet s’è detto di tutto. Dimenticando che lei ha ormai 56 anni, che non è più una pischella e che se volesse sotterrerebbe pure la migliore delle singers.
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