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CLASSICI

Alfredo Ronci

Aforismi e sodomie in corpo 11. Gli 'abusi' di Busi.

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Ogni libro di Busi è un classico e, lo direbbe lo stesso scrittore ne son sicuro, un suo limite. Perché definendolo tale lo si contiene anche nella sua grandezza. Ma noi vogliamo in ogni caso etichettarlo (in questo caso Sodomie in corpo 11): un giardino dell'Eden della sottigliezza e della sessualità, quest'ultima vissuta finalmente non come soddisfacimento personale, ma come completezza e conoscenza di sé. Perché nonostante vi sia, in questa 'avventura', un accumulo di esperienze la vera conoscenza non si accumula, la si smaltisce.

Il personaggio Busi è la sua letteratura, quindi quando lo vediamo (poi defenestrato) in tv, non scorgiamo la sua figura, ma la sua scrittura, il suo essere parola attraverso l'azione e l'azione attraverso la parola. Ecco perché sa staccarsi dagli altri che non si appartengono, ma vivono semplicemente o credono di farlo.

Per questo libro Busi, nel 1989, subisce un processo per oscenità a Trento, (denunciato da un anonimo che incapace di una sessualità vera, preferisce la vicaria poi affogandola nella moralità più bieca) a causa delle 'innumerevoli' scene di sesso tra uomini contenute in esso; processo dal quale esce assolto con formula piena perché «il fatto non sussiste». Formula crediamo noi inesatta, perché nell'intenzione dell'autore il fatto sussiste eccome, proprio nell'accezione di cui sopra: completezza della propria essenza di scrittura.

Sodomie in corpo 11 (ricordiamo che il corpo 11 è un carattere tipografico) è una sorta di diario: comincia con una permanenza dello scrittore in un ospedale per una serie di controlli (a scherzarci sopra: un tagliando), e prosegue con un mazzetto di viaggi che toccano paesi come Marocco, Finlandia, Kenia, Austria, Cecoslovacchia (il testo è del 1988 e quindi il Muro non è ancora caduto) e Germania.

Non ha una trama, almeno come la intendiamo normalmente: è una sintesi – deve esserlo perché la forza torrenziale di Busi è tale che ricondurre un suo solo libro ad un compendio di sé oltre che limitativo è profondamente errato – come un allenamento alla vita (nullo allenamento a essere amato per me...). Una rappresentazione vivida di come l'arte non sia un prolungamento anche fastidioso dell'essere, ma essa stessa parte della scrittura e non una sua esternazione: Essenzialmente sono troppo svagato, troppo concentrato sull'incurante solipsismo delle mie giornate selvatiche e sul turbine linguistico dei miei polpastrelli per accondiscendere a togliere dalle 'opere' per investire nella 'vita' ove sia possibile una qualche conoscenza globale di qualcuno.

E non si pensi che sia riduttivo se all'analisi del testo (e chi saremmo noi per mettere in discussione non l'opera di Busi, ma visto i presupposti, la sua scrittura-vita?) preferiamo una manciata di aforismi, non quelli che ha volutamente lasciato (vi è una lista a circa metà del romanzo), ma quelli che l'autore, nella sua impetuosa capacità affabulatoria, ci ha consegnato come molliche di pane sul percorso della di lui conoscenza.

Sullo scrivere:

Se uno scrittore deve mettersi nei panni dell'orizzonte di attesa di un lettore, questo lettore deve essere lui stesso: che scriva dunque come e cosa gli piacerebbe leggere (pag. 28).

Scrivere un romanzo è l'unica possibile teoria sullo scrivere. Tutto il resto riguarda o il leggere o è gettone di presenza.(Pag. 114)

Lo scrittore in erba deve essere altro, sentirsi ingiustamente escluso dal consorzio umano delle gite coi preti, accumulare una scorta di offese morali e, chissà, una punta di gelosia e di invidia, che ne so. L'importante è che la rabbia cresca e cresca tanto di più quanto maggiormente lasciata scoppiare e sparsa attorno – formulare l'odio per evitare la calamità del livore represso e inespresso. (Pag. 161).

In linea generale ricorda che un vero scrittore non viene scoperto: emerge (Pag. 174).

Lo scrittore non ha, propriamente, un fine oltre quello di essere scrittore, pertanto il suo ideale sessuale è tutt'uno con la sua realtà sessuale: non dà alcun esempio a nessuno perché, essendo un genio, l'esempio è lui in persona. (Pag. 341)



Sulla sé-ssualità:

Mi piacerebbe che la mia biografia fosse costituita dalla lista dei miei incontri sessuali cronometrati per data, nome dei partners, luogo, durata, posizioni, frasi sciolte: sarebbe oltremodo più interessante e godibile dei pensieri della mia vita, la cui grandezza sta nella sua mirabile neurovegetatività. (Pag. 68).

... l'omosessualità è un dono del cielo se la si vive senza abbagli e se si investe la sua passionalità nella propria solitudine. Essere omosessuali e dipendere poi da sessi del tuo stesso sesso mi sembra una contraddizione, come essere nati in un monastero e approfittarne per correre a farsi monaci (Pag. 88-89).

La mia checcaggine è funzionale a me stesso, non un compromesso spirituale per dar soddisfazione alle coppiette e all'uomo, ma per divertire me stesso, proiettarmi verso l'ignoto di un'auto-ridicolizzazione che mi piace. Sono effeminato come poteva esserlo Totò o Keaton: non per sedurre, ma per farmi ridere. (Pag. 239).

Una lesbica frustrata o una checca repressa possono fare miliardi e diventare primo ministro o grand commis di qualcosa – o restare, d'altrocanto, a patire la fame da sazi – ma non inficeranno mai il sistema che li ha integrati non, come pensano, malgrado, ma grazie al loro vizio circolare e, necessariamente nevrastenici, devono disperdere ogni energia per conquistarsi come privilegio quanto non sono stati capaci di imporre come diritto naturale: essere se stessi, ossia la serenità come autentica passione politica. Sono i classici omocrati risorgimentali dell'inculata oligarchica di straforo. (Pag. 120).



Sulle donne:

Non parlo mai delle donne marocchine perché fanno vita molto riservata. Non credo neppure che piangano. L'acqua è un bene prezioso (Pag. 127).

... Non è concepibile che una donna, con tutto quello che deve fare ancora per diventare 'uomo',perda tempo a scrivere cose che interesserebbero a nessun uomo e a pochissime donne. (Pag. 168)

Il pensiero di andare con un uomo 998 su 1000 mi disgusta, 999 volte su 1000 mi lascia indifferente. Tuttavia, pur sfruttando con una scusa o con l'altra tutte e 1000 le volte, il pensiero nei riguardi di una donna è meno drastico: non c'è... (Pag.231)



Mi sembra superfluo aggiungere altro.





L'edizione da noi considerata è:



Aldo Busi

Sodomie in corpo 11

Mondadori - 1988









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