RECENSIONI
Austin Osman Spare
Anatema di Zos - Discorso agli ipocriti
Coniglio Editore, Pag. 107 Euro 12,50
Un testo di vibrante purificazione per l'inadempiente mediocrità umana.
Nel 1927 veniva dato alle stampe L'anatema di Zos- Discorso agli ipocriti" di Austin Osman Spare un enfant prodige capace di unire esoterismo, intellighenzia, poesia e arte in un moto continuo e perpetuo di ricerca spirituale, letteraria.
Oggi questa invettiva feroce torna in una bellissima edizione italiana, con i disegni originali dell'autore, grazie alla Coniglio Editore che l'arricchisce con una postfazione assolutamente oscura, nella meravigliosa poetica, di Antonio Veneziani.
Zos, l'alter ego di Spare, è un dio, una divinità che non si assurge a Verbo immobile a cui succhiare la mammella o da cui trarre insegnamento, è un miracolato dell'autocritica, della concentrata purezza dell'assenza di legge, della libertà nella sua pienezza. La stessa libertà che tutti cercano ma che pur sventolata sotto il naso non viene respirata neanche per sbaglio.
Zos di ritorno da uno dei suoi viaggio all'interno del Sé si ritrova circondato da una folla di adoratori che hanno ascoltato i suoi soliloqui, i suoi autodafé. Quest'accozzaglia di mendicanti improvvisati, paria, puttanieri, adulteri, esseri umani, si accalcano attorno all'impatto tonante delle sue marmoree parole per cibarsene «Maestro vogliamo imparare le tue teorie! Insegnaci i misteri del credo!». Ad una richiesta del genere qualunque mortale o immortale avrebbe soltanto gonfiato il petto per dare fiato ai polmoni della propria saccenza, dell'Ego smisurato di colui al quale è dato sapere. Ma il pastore di capre è stanco dell'arroganza dell'idiozia, stanco della fuga dell'ipocrisia dalle proprie responsabilità ed è in grado di rispondere una sola cosa agli insolenti apostoli «Mi presento a voi come Zos, il pastore delle Capre, salvatore di me stesso e di tutte le cose che non ho ancora rinnegato. Senza invito siete venuti ad assistere al mio soliloquio. Ora, dunque, sorbitevi il mio Anatema».
Da questa presentazione rivelatrice comincia il discorso agli ipocriti. Impietoso, libertino, sanguinoso. Un attacco fatto con la brutale bellezza della realtà. Della verità incapace di dire altro se non il proprio nome, scandendolo.
Non viene risparmiato nulla, agli inutili avventori e alle loro preoccupate vite cariche di vacuità. Tutto viene abbattuto dalla bestia ingabbiata dalle blasfeme convenzioni e convinzioni sociali: la religione, il sesso, la vita, l'amore, la società, Dio, l'uomo. Gli uomini blaterano di tutto questo, ne parlano senza cognizione di causa. Sognano in attesa che i sogni si addormentino e comincino a colorare le loro ambizioni. «Pensate che il Cielo sia un ospedale? » grida Spare/ Zos. Il cielo non è un rifugio sicuro per chi non sa trovare l' identità, il pensiero, la purezza sulla terra delle proprie coscienti azioni.
Dove andare dunque? Dove trovare risposte? Il dio ora è stanco. Lui che si ciba di solo pane, che trova nel sonno l'unica preghiera, è stanco. Di questi uomini ancora incapaci di elevarsi a dei di se stessi.
di Alex Pietrogiacomi
Nel 1927 veniva dato alle stampe L'anatema di Zos- Discorso agli ipocriti" di Austin Osman Spare un enfant prodige capace di unire esoterismo, intellighenzia, poesia e arte in un moto continuo e perpetuo di ricerca spirituale, letteraria.
Oggi questa invettiva feroce torna in una bellissima edizione italiana, con i disegni originali dell'autore, grazie alla Coniglio Editore che l'arricchisce con una postfazione assolutamente oscura, nella meravigliosa poetica, di Antonio Veneziani.
Zos, l'alter ego di Spare, è un dio, una divinità che non si assurge a Verbo immobile a cui succhiare la mammella o da cui trarre insegnamento, è un miracolato dell'autocritica, della concentrata purezza dell'assenza di legge, della libertà nella sua pienezza. La stessa libertà che tutti cercano ma che pur sventolata sotto il naso non viene respirata neanche per sbaglio.
Zos di ritorno da uno dei suoi viaggio all'interno del Sé si ritrova circondato da una folla di adoratori che hanno ascoltato i suoi soliloqui, i suoi autodafé. Quest'accozzaglia di mendicanti improvvisati, paria, puttanieri, adulteri, esseri umani, si accalcano attorno all'impatto tonante delle sue marmoree parole per cibarsene «Maestro vogliamo imparare le tue teorie! Insegnaci i misteri del credo!». Ad una richiesta del genere qualunque mortale o immortale avrebbe soltanto gonfiato il petto per dare fiato ai polmoni della propria saccenza, dell'Ego smisurato di colui al quale è dato sapere. Ma il pastore di capre è stanco dell'arroganza dell'idiozia, stanco della fuga dell'ipocrisia dalle proprie responsabilità ed è in grado di rispondere una sola cosa agli insolenti apostoli «Mi presento a voi come Zos, il pastore delle Capre, salvatore di me stesso e di tutte le cose che non ho ancora rinnegato. Senza invito siete venuti ad assistere al mio soliloquio. Ora, dunque, sorbitevi il mio Anatema».
Da questa presentazione rivelatrice comincia il discorso agli ipocriti. Impietoso, libertino, sanguinoso. Un attacco fatto con la brutale bellezza della realtà. Della verità incapace di dire altro se non il proprio nome, scandendolo.
Non viene risparmiato nulla, agli inutili avventori e alle loro preoccupate vite cariche di vacuità. Tutto viene abbattuto dalla bestia ingabbiata dalle blasfeme convenzioni e convinzioni sociali: la religione, il sesso, la vita, l'amore, la società, Dio, l'uomo. Gli uomini blaterano di tutto questo, ne parlano senza cognizione di causa. Sognano in attesa che i sogni si addormentino e comincino a colorare le loro ambizioni. «Pensate che il Cielo sia un ospedale? » grida Spare/ Zos. Il cielo non è un rifugio sicuro per chi non sa trovare l' identità, il pensiero, la purezza sulla terra delle proprie coscienti azioni.
Dove andare dunque? Dove trovare risposte? Il dio ora è stanco. Lui che si ciba di solo pane, che trova nel sonno l'unica preghiera, è stanco. Di questi uomini ancora incapaci di elevarsi a dei di se stessi.
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