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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Michelangelo Antonioni

Cina Ching Kuo

Real Cinema Feltrinelli, 2 DVD + libro di 128 pagine Euro 18,90
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Il regista è lui. Michelangelo Antonioni. La stessa cinepresa del Grido, I Vinti e Blow Up.

Stavolta il grande maestro è in Cina; sta girando Cina Ching Kuo un documentario sul grande paese comunista degli anni settanta. Le riprese e il viaggio vengono realizzate tra il maggio e il giugno del 1972. La troupe guidata da Antonioni percorre migliaia di chilometri, visita palazzi, fabbriche, campagne, metropoli, sedi di partito, ospedali, per raccontare il continente del socialismo realizzato. ad accompagnarli è una guida ufficiale che sa cosa mostrare ai visitatori e cosa no. Nonostante questo, l'autore registra e ritrae attraverso la sua cinepresa un paese ricco di contraddizioni e non nasconde il proprio stupore davanti ad una realtà così diversa.

Contraddizioni che emergono al tal punto nel documentario, che questo stesso rischiò di diventare un caso diplomatico. Non conforme all'immagine che il regime gradiva offrire di sé, il film e il regista stesso, furono attaccati duramente dalla stampa dell'epoca. Tanto che "Il Quotidiano del Popolo" di Pechino, lo scomunicò ufficialmente per "ostilità verso il popolo cinese", e perfino il nostro Ministero degli Esteri fu coinvolto nella polemica (per via del produttore: la televisione di Stato). Per questo il film è rimasto per anni un mistero, legato solo al ricordo che i cinefili avevano di poche, e a volte avventurose, proiezioni passate.

Trasmesso in bianco e nero dalla Rai nel 1972, e poi replicato a colori nel 1979 e poi scomparso nelle teche, nessuno ne ha saputo più nulla.

A dir la verità, allora furono in molti - da sinistra e da destra – coloro che attaccarono il regista per essersi fermato alla superficie delle cose. Oggi quell' occhio timoroso, quasi reverente, ma anche curioso, riesce a mostrarci cose che lo scontro ideologico di allora finiva per cancellare.

In ogni caso il film, l'hanno visto in pochi, per lo più appassionati e frequentatori di festival e nelle rassegne specializzate. E questo è un vero peccato.

Cina Chung Kuo ha dovuto aspettare il 2007 per essere ripubblicato e distribuito in libreria da Feltrinelli in collaborazione con Real Cinema, e quando vi è finalmente arrivato, è passato inosservato nel marasma gigantesco della produzione libraria italiana. D'altronde l'Italia è o no, un paese di scrittori che leggono poco...(?)

La bellezza non artefatta delle immagini, che ritraggono una Cina ancora rurale e caratteristica, non quella urbana e inquinata di oggi, è resa ancora più vivida dalla voce narrante, che accompagna la visione con frasi del tipo: quello che ci colpisce è la qualità della vita, apparentemente non c'è ansia e non c'è fretta... oppure nell'osservare dei bambini che cantano in un asilo aziendale: la loro grazia è tale, che fa dimenticare che le canzoni che imparano sono quasi tutte politiche....

Il packaging del prodotto è molto curato: sulla copertina ci sono delle piccole riproduzioni di manifesti comunisti di partito e bambini che cantano al regime. Il rosso il colore dominante.

Colorato, anche il libro, che accompagna il dvd. Il suo titolo è La sindrome cinese, ed è una raccolta di contributi sulla Cina. I contributi sono di firme prestigiose come Terzani, Moravia, Parise, Rampini, Maraini e Gianni Vattimo.

Non sono d'accordo, con il giornalista Paolo Mereghetti, quando precisa in una recensione di qualche tempo fa, che il libro non aiuta a collocare il documentario in un contesto storico, e quindi si limita ad essere un contributo generico. Il volumetto in realtà, è interessante per capire come anche guardando ad una realtà così complessa come quella della Cina, si possa guardare in modi diversi, e talvolta stereotipati.

E' come se occhi diversi guardassero lo stesso quadro. Visto da occhi diversi, i colori, le sfumature e spesso anche i segni, diventano infiniti.



di Elisabetta Luise


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