RECENSIONI
Max Monnehay
Corpus Christine
Castelvecchi, Pag. 191 Euro 14,00
... non siamo in un romanzo noir, questa realtà non può avere a che fare col crimine. In fondo so di aver torto, ma lasciatemi dimenticare la cronaca nera, popolata di brava gente che finisce con un coltello ficcato nel torace in una cucina attrezzata. Voglio lasciare il sangue alla mafia, i cadaveri nei terreni incolti e nei capannoni in disuso. (pag. 120)
Vero, non siamo in un romanzo noir, ma per abitudine o per consuetudine "professionale" nel leggere il libro abbiamo subito cercato degli agganci, dei riferimenti. Il primo che mi è venuto in mente è stato Boxing Helena, il film che vide l'esordio cinematografico della figlia di David Lynch e che raccontava di uno stimato chirurgo che, innamoratosi di una donna e avendola soccorsa dopo un incidente, la tiene in casa e per paura che lo possa abbandonare è disposto a privarla degli arti inferiori e superiori.
Intendiamoci, Corpus Christine non sguazza nel grandguignol: la storia di un uomo che vive nel letto in condizioni disperate perché la moglie non lo fa mangiare, mentre lei sistematicamente ingrassa davanti agli occhi di lui, ha sì una valenza patologica, ma rifugge facili soluzioni da horror da quattro soldi.
Anzi, contrariamente a quello che ci si può aspettare da una presentazione (seconda di copertina) cattura-lettore e merceologica, l'autore, il parigino Max Monnehay, possiede buoni mezzi narrativi ed una discreta inclinazione all'introspezione psicologica. Io stessa avevo iniziato la lettura pensando di trovare un prodotto e alla fine ho dovuto fare i conti con un risultato diverso e per certi versi più accattivante.
Qualcuno dirà: ma le vicende non ricordano pure Misery non deve morire? Touché, e il film viene citato nel libro esattamente a pag.77, ma se il romanzo di King era riconducibile ad un'ossessione tutta dell'autore americano di fare i conti col proprio passato e con un successo che in qualche modo lo ha segnato e lo segna in continuazione, in Corpus Christine (perché questo titolo catechistico? Solo nel corpo dell'altro e nella sua visione vi è una sorta di redenzione dal mondo? O addirittura nella bulimica possibilità di fagocitazione c'è il nocciolo della questione?) i tormenti di Monnehay sembrano avere altre origini: forse, e azzardo un tentativo freudiano, nella vicenda dell'uomo prigioniero e della sua carnefice stimiamo una valenza edipica e poi di distacco che alla fine determina anche il finale tragico.
Libro che va letto tra un pasto ed un altro, stimola l'appetito.
di Eleonora del Poggio
Vero, non siamo in un romanzo noir, ma per abitudine o per consuetudine "professionale" nel leggere il libro abbiamo subito cercato degli agganci, dei riferimenti. Il primo che mi è venuto in mente è stato Boxing Helena, il film che vide l'esordio cinematografico della figlia di David Lynch e che raccontava di uno stimato chirurgo che, innamoratosi di una donna e avendola soccorsa dopo un incidente, la tiene in casa e per paura che lo possa abbandonare è disposto a privarla degli arti inferiori e superiori.
Intendiamoci, Corpus Christine non sguazza nel grandguignol: la storia di un uomo che vive nel letto in condizioni disperate perché la moglie non lo fa mangiare, mentre lei sistematicamente ingrassa davanti agli occhi di lui, ha sì una valenza patologica, ma rifugge facili soluzioni da horror da quattro soldi.
Anzi, contrariamente a quello che ci si può aspettare da una presentazione (seconda di copertina) cattura-lettore e merceologica, l'autore, il parigino Max Monnehay, possiede buoni mezzi narrativi ed una discreta inclinazione all'introspezione psicologica. Io stessa avevo iniziato la lettura pensando di trovare un prodotto e alla fine ho dovuto fare i conti con un risultato diverso e per certi versi più accattivante.
Qualcuno dirà: ma le vicende non ricordano pure Misery non deve morire? Touché, e il film viene citato nel libro esattamente a pag.77, ma se il romanzo di King era riconducibile ad un'ossessione tutta dell'autore americano di fare i conti col proprio passato e con un successo che in qualche modo lo ha segnato e lo segna in continuazione, in Corpus Christine (perché questo titolo catechistico? Solo nel corpo dell'altro e nella sua visione vi è una sorta di redenzione dal mondo? O addirittura nella bulimica possibilità di fagocitazione c'è il nocciolo della questione?) i tormenti di Monnehay sembrano avere altre origini: forse, e azzardo un tentativo freudiano, nella vicenda dell'uomo prigioniero e della sua carnefice stimiamo una valenza edipica e poi di distacco che alla fine determina anche il finale tragico.
Libro che va letto tra un pasto ed un altro, stimola l'appetito.
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