RACCONTI
Magnus One
Diana

Il treno falciava l'aria e i sentimenti liberati dagli umani nella prima mattina. Lei fissava il vetro diafano coltivando il segreto desiderio di togliersi il reggiseno appena comprato. Le andava stretto e le impediva di respirare.
Lui le stava di fronte, le fissava gli occhi incantato e sapeva che c'era qualcosa di affine tra di loro. Aveva passato una notte insonne a convincere la sua ragazza a dimenticare quanto era successo. Se l'aveva tradita era stata solo una leggerezza, un capriccio della sorte. Era un uomo e a volte ciò comportava sfruttare le occasioni che gli si presentavano, la vita era troppo breve per sprecarle.
l treno si fermò di colpo e l'ometto che occupava con loro lo scompartimento, prese la borsa da informatore farmaceutico, si alzò e senza degnarli di uno sguardo uscì con lo sguardo basso e il passo pesante.
Mentre l'occhio di Mauro era concentrato sul tizio dalla mascherina lisa che portava sopra un paio di occhiali da miope, Diana si tolse rapidamente il reggiseno, lasciando la camicia aperta di un paio di bottoni.
Mauro trasalì e dopo averle inviato un breve sorriso ruppe il ghiaccio.
— Caldo è...
Lei annuì fissandolo intensamente. Stava giocando, lo faceva sempre quando si annoiava. Gli uomini ci cascavano sempre, erano così ingenui, così prevedibili.
— Torna a casa? — fece toccandosi leggermente la cravatta.
— No, vado a trovare un'amica — finse Diana incrociando le gambe.
— Beata lei, io sono in giro per lavoro e preferirei starmene a casa tranquillo e beato.
— Perché non lo fa?
— Chissà forse un giorno.
Fissava la mascherina rosa della giovane donna, immaginava delle labbra carnose e vellutate, sensuali, folli. Poi lentamente l'attenzione si rivolse al corpo. Indossava una gonna corta a scacchi e una camicia nera con un volto stilizzato di un uccello. Alla fine il suo occhio si fermò sul seno appena visibile.
— Lei pensa che ne usciremo da questa storia?
Lui ebbe un attimo di esitazione. — Ah sì, certo... dobbiamo aspettare che il vaccino faccia effetto.
— No, non mi riferivo a questo — disse indicando fuori.
Il treno non si è ancora mosso.
— Vero, non l'avevo notato.
— Lei gioca a golf?
— Golf? Qualche volta — fece fingendo.
— Ha muscoli da giocatore di golf, muscoli potenti, che sanno calibrare lo sforzo. I muscoli sono importanti.
— Sì, ma preferisco altri sport, più ravvicinati.
— Dice? — fece lei togliendosi la mascherina e mangiando un biscotto. — Ne vuole?
Lui si avvicinò e mentre prendeva il biscotto le toccò delicatamente la mano.
Ci fu una breve scossa e lui si stupì. Di riflesso ritornò alla sua posizione.
— Non sia timido, le scosse sono un segno del destino — disse Diana. Fece passare il biscotto tra le sue labbra rosso fuoco, poi si avvicinò all’uomo con delicatezza. — Tenga. Si serva pure.
Arrivato a dieci centimetri da lei, Mauro avvertì il calore del suo corpo.
— Guardi che ha qualcosa tra i capelli.
Così dicendo diede un leggero colpetto alla chioma color oro della donna, poi la mano scese sul collo e incominciò ad accarezzarla, finché senza che se ne rendesse conto arrivò fin all'altezza della camicetta.
Fu in quel momento che il treno si mise in moto.
— Devo scendere — disse lei divertita.
Accadde tutto in un attimo. Improvvisamente lo scomparto si riempì di un profumo pungente, poi lui vide un’ombra imboccare rapidamente l'uscita e sparire.
— Ma dove va? Non può scendere — disse alzandosi.
Alla fine il treno prese velocità. Lui si sedette di nuovo al suo posto, pensieroso. Era stato un sogno, ma il reggiseno color ortica stava accanto a lui. Lo prese tra le mani e dopo averlo accarezzato chiamò la compagna. Le chiese perdono.
Lui le stava di fronte, le fissava gli occhi incantato e sapeva che c'era qualcosa di affine tra di loro. Aveva passato una notte insonne a convincere la sua ragazza a dimenticare quanto era successo. Se l'aveva tradita era stata solo una leggerezza, un capriccio della sorte. Era un uomo e a volte ciò comportava sfruttare le occasioni che gli si presentavano, la vita era troppo breve per sprecarle.
l treno si fermò di colpo e l'ometto che occupava con loro lo scompartimento, prese la borsa da informatore farmaceutico, si alzò e senza degnarli di uno sguardo uscì con lo sguardo basso e il passo pesante.
Mentre l'occhio di Mauro era concentrato sul tizio dalla mascherina lisa che portava sopra un paio di occhiali da miope, Diana si tolse rapidamente il reggiseno, lasciando la camicia aperta di un paio di bottoni.
Mauro trasalì e dopo averle inviato un breve sorriso ruppe il ghiaccio.
— Caldo è...
Lei annuì fissandolo intensamente. Stava giocando, lo faceva sempre quando si annoiava. Gli uomini ci cascavano sempre, erano così ingenui, così prevedibili.
— Torna a casa? — fece toccandosi leggermente la cravatta.
— No, vado a trovare un'amica — finse Diana incrociando le gambe.
— Beata lei, io sono in giro per lavoro e preferirei starmene a casa tranquillo e beato.
— Perché non lo fa?
— Chissà forse un giorno.
Fissava la mascherina rosa della giovane donna, immaginava delle labbra carnose e vellutate, sensuali, folli. Poi lentamente l'attenzione si rivolse al corpo. Indossava una gonna corta a scacchi e una camicia nera con un volto stilizzato di un uccello. Alla fine il suo occhio si fermò sul seno appena visibile.
— Lei pensa che ne usciremo da questa storia?
Lui ebbe un attimo di esitazione. — Ah sì, certo... dobbiamo aspettare che il vaccino faccia effetto.
— No, non mi riferivo a questo — disse indicando fuori.
Il treno non si è ancora mosso.
— Vero, non l'avevo notato.
— Lei gioca a golf?
— Golf? Qualche volta — fece fingendo.
— Ha muscoli da giocatore di golf, muscoli potenti, che sanno calibrare lo sforzo. I muscoli sono importanti.
— Sì, ma preferisco altri sport, più ravvicinati.
— Dice? — fece lei togliendosi la mascherina e mangiando un biscotto. — Ne vuole?
Lui si avvicinò e mentre prendeva il biscotto le toccò delicatamente la mano.
Ci fu una breve scossa e lui si stupì. Di riflesso ritornò alla sua posizione.
— Non sia timido, le scosse sono un segno del destino — disse Diana. Fece passare il biscotto tra le sue labbra rosso fuoco, poi si avvicinò all’uomo con delicatezza. — Tenga. Si serva pure.
Arrivato a dieci centimetri da lei, Mauro avvertì il calore del suo corpo.
— Guardi che ha qualcosa tra i capelli.
Così dicendo diede un leggero colpetto alla chioma color oro della donna, poi la mano scese sul collo e incominciò ad accarezzarla, finché senza che se ne rendesse conto arrivò fin all'altezza della camicetta.
Fu in quel momento che il treno si mise in moto.
— Devo scendere — disse lei divertita.
Accadde tutto in un attimo. Improvvisamente lo scomparto si riempì di un profumo pungente, poi lui vide un’ombra imboccare rapidamente l'uscita e sparire.
— Ma dove va? Non può scendere — disse alzandosi.
Alla fine il treno prese velocità. Lui si sedette di nuovo al suo posto, pensieroso. Era stato un sogno, ma il reggiseno color ortica stava accanto a lui. Lo prese tra le mani e dopo averlo accarezzato chiamò la compagna. Le chiese perdono.
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