RECENSIONI
Luciano Manzalini
Dubbi di un presunto scrittore
Pendragon, Pag.117 Euro 12,00
Forse è arrivato il tempo dei comici: intrattenitori, affabulatori, consolatori, maschere del tempo, goliardi, umoristi, tragici. Ma soprattutto scrittori: si sa, fanno tremare le classifiche con le loro valigiate di copie (primo fra tutti Faletti – ma lui ha preso la strada del crimine - appena seconda la Littizzetto, poi la banda di Bisio fino alle scorie). Si sa, sono (almeno tentano di esserlo) corroborante al nostro morale sotto i piedi, alle nostre disgrazie.
Ma le strade dell'humour, come quelle del Signore, sono infinite: tra gli umoristi c'è chi percorre il sentiero più classico, che non risponde alle sirene del successo o alle tentazioni del mercato, ma solo a quello della tradizione più pura e cristallina.
Ha ragione Michele Serra nel presentare l'oggetto in quarta di copertina – il soggetto è Luciano Manzalini che,come avvertono le note, costituisce, tutt'ora, il cinquanta per cento dei "gemelli Ruggeri": c'è nella vita una specie di respiro comico.
Vero, ma non sempre 'sto respiro riesce ad accompagnarci, appesantito dal fardello della compravendita televisiva, del consumo. Si diceva: Dubbi di un presunto scrittore appartiene al passato (passato come militanza ad un'arte, come eredità culturale, tanto per dire, come se uno scrittore di romanzi si portasse dietro la scuola dei russi o dei francesi), ma ribadisce linee percorse nel presente, e che fanno ancora scuola e rumore: Paolo Rossi fra tutti, Maurizio Milani, lo stesso Bisio.
I raccontini di Manzalini, a volte veri e propri singhiozzi (sottotitolo: piccole storie visibili a occhio nudo) appartengono all'immaginario e alla strumentistica del mestiere: la malinconia disegnata su un volto sorridente – sarò banale, ma l'artificio circense è questo – il paradosso come arma del talento, e al limitar del bosco, l'irrazionale che sfiora le maglie del fantastico vero e proprio.
Dunque, tristezza, commedia, tragedia, sbuffi, lazzi e sorrisi (comico non lo sarebbe se non sfruttasse l'opportunità di farsi vedere giocondo) con improvvise accelerazioni che sfiorano l'aforisma geniale (c'è anche il vizio però di adagiarsi su uno schema che sembra quasi volere l'applauso, quello televisivo).
Qualche esempio: Molti dicono anche che l'amore lo incontri quando meno te lo aspetti. Nessuno di loro sa dirmi, però, che strade devo fare per essere in grado di aspettarmelo di meno (pag. 17). Toglimi le mani di dosso e mettimele dentro (pag. 83). In una sorta di pudore ancestrale quasi si confessa: Non mi sono mai sentito protagonista neppure della mia vita, come se fossi sempre stato dettaglio o comprimario di ogni luogo, situazione o persona che abbia incrociato sul mio cammino.
Non andrò oltre, prima che pensiate che queste poche righe parlino di me. (pag.99)
Dice ancora Serra: Manzalini non è un battutista. Lascia che siano le cose a battere l'una contro l'altra.
Vero, di conseguenza applaudiamo.
di Alfredo Ronci
Ma le strade dell'humour, come quelle del Signore, sono infinite: tra gli umoristi c'è chi percorre il sentiero più classico, che non risponde alle sirene del successo o alle tentazioni del mercato, ma solo a quello della tradizione più pura e cristallina.
Ha ragione Michele Serra nel presentare l'oggetto in quarta di copertina – il soggetto è Luciano Manzalini che,come avvertono le note, costituisce, tutt'ora, il cinquanta per cento dei "gemelli Ruggeri": c'è nella vita una specie di respiro comico.
Vero, ma non sempre 'sto respiro riesce ad accompagnarci, appesantito dal fardello della compravendita televisiva, del consumo. Si diceva: Dubbi di un presunto scrittore appartiene al passato (passato come militanza ad un'arte, come eredità culturale, tanto per dire, come se uno scrittore di romanzi si portasse dietro la scuola dei russi o dei francesi), ma ribadisce linee percorse nel presente, e che fanno ancora scuola e rumore: Paolo Rossi fra tutti, Maurizio Milani, lo stesso Bisio.
I raccontini di Manzalini, a volte veri e propri singhiozzi (sottotitolo: piccole storie visibili a occhio nudo) appartengono all'immaginario e alla strumentistica del mestiere: la malinconia disegnata su un volto sorridente – sarò banale, ma l'artificio circense è questo – il paradosso come arma del talento, e al limitar del bosco, l'irrazionale che sfiora le maglie del fantastico vero e proprio.
Dunque, tristezza, commedia, tragedia, sbuffi, lazzi e sorrisi (comico non lo sarebbe se non sfruttasse l'opportunità di farsi vedere giocondo) con improvvise accelerazioni che sfiorano l'aforisma geniale (c'è anche il vizio però di adagiarsi su uno schema che sembra quasi volere l'applauso, quello televisivo).
Qualche esempio: Molti dicono anche che l'amore lo incontri quando meno te lo aspetti. Nessuno di loro sa dirmi, però, che strade devo fare per essere in grado di aspettarmelo di meno (pag. 17). Toglimi le mani di dosso e mettimele dentro (pag. 83). In una sorta di pudore ancestrale quasi si confessa: Non mi sono mai sentito protagonista neppure della mia vita, come se fossi sempre stato dettaglio o comprimario di ogni luogo, situazione o persona che abbia incrociato sul mio cammino.
Non andrò oltre, prima che pensiate che queste poche righe parlino di me. (pag.99)
Dice ancora Serra: Manzalini non è un battutista. Lascia che siano le cose a battere l'una contro l'altra.
Vero, di conseguenza applaudiamo.
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