RECENSIONI
Giorgio Bocca
Fratelli coltelli. 1943-2010 L'Italia che ho conosciuto.
Feltrinelli, Pag. 331 Euro 19.00
Ultimo libro del Bocca nazionale che proprio ultimo non è. Non sappiamo se, uscito dalla Mondadori per i motivi che si possono facilmente immaginare (e meno male che qualcuno lo fa!), abbia voluto magari fare un sunto di quegli anni, fatto sta che Fratelli coltelli è una sorta di antologia dei migliori pezzi scritti dal giornalista partendo dagli anni '50 fino ai nostri giorni.
Un lungo excursus che non si fa letteralmente mancare nulla: dalla guerra partigiana (che per Bocca rimane, e ci pare giusto, esperienza imprescindibile) alla conclusione più prevedibile: il berlusconismo.
Tra queste due 'sponde' un'Italia vista da occhi attenti e critici, vista da un uomo innanzitutto mai succube delle situazioni e dei poteri e soprattutto lucido osservatore di mille contraddizioni.
Bocca non è solo un giornalista attento, ma è anche un fine scrittore: non infiocchetta la lingua, non la appesantisce di inutili chincaglierie, ma colpisce nel segno quando vuol essere diretto e drammaturgico (bellissima e sconvolgente la cronaca del linciaggio, negli anni cinquanta, di un povero alcolizzato accusato ingiustamente di aver violentato una ragazza e la solidarietà del 'branco' in questo caso identificato con l'intero paese).
Basterebbe un'aforisma fulminante a pag. 119 per capire perfettamente l'idea portante del Bocca giornalista: Alle diversità delle tradizioni succede la facilità del conformismo.
Conformismo che certo non lo rappresenta. Come quando re-introduce la problematica del sessantotto e fa le pulci ai cattivi maestri: Il Movimento si prendeva ben guardia di attaccare i santuari borghesi, le banche, gli uffici, i quartieri residenziali, la Borsa non venne mai disturbata, i simboli della ricchezza, salvo la chiassata all'inaugurazione della Scala...
O come quando analizza il 'fenomeno' Marcuse' e il suo L'uomo a una dimensione: Insomma le cose che si scrivono stando in un paese libero con un buono stipendio ,alcune verità in mezzo ad un sacco di baggianate (non vi pare che faccia coppia con la polemica pasoliniana dei figli di papà rivoluzionari che si contrapponevano ai poliziotti figli del popolo?).
Ne ha per tutti. Per i giovani terroristi negli anni bui della nostra Repubblica: L'impressione mia, vera o sbagliata che sia, è che questi giovani, salvo due o tre, non abbiano ancora capito a fondo qual è e sarà la loro vita. O per quel giornalismo di maniera che sembra attento ma, che in realtà, non incide profondamente sul costume: Ci consentite di prevedere che fra un anno saremo di nuovo a scrivere articoli sulla mafia? Sembrerebbe considerazione tutto sommato anche banale se la data dell'articolo non riportasse il 28 settembre del 1958.
L'Italia di Bocca, nonostante tutto, nonostante le pacchiane contraddizioni e le 'derive politiche' sembra comunque un paese vivo e 'ricco' di sostanza. Che poi il giornalista concluda dicendo: tra Berlusconi e la democrazia parlamentare nata dalla guerra di liberazione c'è incompatibilità di carattere... non significa che il resto degli italiani soffrano della stessa inconciliabilità. Anzi...
di Alfredo Ronci
Un lungo excursus che non si fa letteralmente mancare nulla: dalla guerra partigiana (che per Bocca rimane, e ci pare giusto, esperienza imprescindibile) alla conclusione più prevedibile: il berlusconismo.
Tra queste due 'sponde' un'Italia vista da occhi attenti e critici, vista da un uomo innanzitutto mai succube delle situazioni e dei poteri e soprattutto lucido osservatore di mille contraddizioni.
Bocca non è solo un giornalista attento, ma è anche un fine scrittore: non infiocchetta la lingua, non la appesantisce di inutili chincaglierie, ma colpisce nel segno quando vuol essere diretto e drammaturgico (bellissima e sconvolgente la cronaca del linciaggio, negli anni cinquanta, di un povero alcolizzato accusato ingiustamente di aver violentato una ragazza e la solidarietà del 'branco' in questo caso identificato con l'intero paese).
Basterebbe un'aforisma fulminante a pag. 119 per capire perfettamente l'idea portante del Bocca giornalista: Alle diversità delle tradizioni succede la facilità del conformismo.
Conformismo che certo non lo rappresenta. Come quando re-introduce la problematica del sessantotto e fa le pulci ai cattivi maestri: Il Movimento si prendeva ben guardia di attaccare i santuari borghesi, le banche, gli uffici, i quartieri residenziali, la Borsa non venne mai disturbata, i simboli della ricchezza, salvo la chiassata all'inaugurazione della Scala...
O come quando analizza il 'fenomeno' Marcuse' e il suo L'uomo a una dimensione: Insomma le cose che si scrivono stando in un paese libero con un buono stipendio ,alcune verità in mezzo ad un sacco di baggianate (non vi pare che faccia coppia con la polemica pasoliniana dei figli di papà rivoluzionari che si contrapponevano ai poliziotti figli del popolo?).
Ne ha per tutti. Per i giovani terroristi negli anni bui della nostra Repubblica: L'impressione mia, vera o sbagliata che sia, è che questi giovani, salvo due o tre, non abbiano ancora capito a fondo qual è e sarà la loro vita. O per quel giornalismo di maniera che sembra attento ma, che in realtà, non incide profondamente sul costume: Ci consentite di prevedere che fra un anno saremo di nuovo a scrivere articoli sulla mafia? Sembrerebbe considerazione tutto sommato anche banale se la data dell'articolo non riportasse il 28 settembre del 1958.
L'Italia di Bocca, nonostante tutto, nonostante le pacchiane contraddizioni e le 'derive politiche' sembra comunque un paese vivo e 'ricco' di sostanza. Che poi il giornalista concluda dicendo: tra Berlusconi e la democrazia parlamentare nata dalla guerra di liberazione c'è incompatibilità di carattere... non significa che il resto degli italiani soffrano della stessa inconciliabilità. Anzi...
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