RECENSIONI
Gianni Mattencini
I segreti degli altri
Giulio Perrone editore, Pag. 268 Euro 16,00
Ognuno ha diritto all’oblio del proprio passato. È questo che pensa Donato, aspirante avvocato che nello studio dello zio dove farà il praticantato, apre il faldone polveroso di un vecchio caso. Ma l’oblio del passato è nemico della verità, ed è per questo che egli decide di continuare a leggere, raccontandoci così una storia avvincente dell’Italia del sud.
Potremmo riassumere in queste poche righe il nucleo de I segreti degli altri, secondo romanzo di Gianni Mattencini edito dalla romana Giulio Perrone Editore. Mattencini è stato magistrato e poi giudice (Corte d’Assise del tribunale di Bari) e così quando usiamo termini come “oblio” o “verità” dobbiamo fare attenzione e coniugarli in modo particolare. Potremmo pensare all’oblio come un termine che racchiude la “prescrizione” di alcuni reati? E la verità come parte di una “sentenza” che alla fine un tribunale deve (dovrebbe) sempre scrivere? Chissà, ce ne sarebbero di cose da dire.
I segreti degli altri è un bel romanzo. Lo è perché riesce a proiettarci in modo convincente nell’Italia meridionale degli anni Cinquanta e Sessanta, in una cittadina sul mare dedita alla pesca delle aguglie, e poi ancora nell’entroterra rurale dove a farla da padrone sono vecchie credenze e riti quasi ancestrali. Particolarmente efficace, per esempio, ci è sembrata la scena della nascita del bambino malformato che Donato si fa raccontare dalla nonna e che scoperchia l’usanza dell’infanticidio a cui tutte le civiltà contadine hanno fatto ricorso in passato. “L’abbiamo soltanto accompagnato là dove doveva andare…”, dice la nonna, anche lei alla ricerca dell’oblio perché non si scherza ne con i Santi, ne con il buon Dio.
È bravo Mattencini a farci tornare indietro nel tempo e raccontare questa storia che parte da un incontro quasi casuale di Donato con Romeo Gigli, uno dei frequentatori del molo. Da dove viene Romeo? Chi è? Cosa nasconde? Scopriremo, pagina dopo pagina, che la sua è una vicenda di tradimenti e interessi dell’Italia preindustriale. Le nostre radici, insomma. Da leggere.
di Marco Minicangeli
Potremmo riassumere in queste poche righe il nucleo de I segreti degli altri, secondo romanzo di Gianni Mattencini edito dalla romana Giulio Perrone Editore. Mattencini è stato magistrato e poi giudice (Corte d’Assise del tribunale di Bari) e così quando usiamo termini come “oblio” o “verità” dobbiamo fare attenzione e coniugarli in modo particolare. Potremmo pensare all’oblio come un termine che racchiude la “prescrizione” di alcuni reati? E la verità come parte di una “sentenza” che alla fine un tribunale deve (dovrebbe) sempre scrivere? Chissà, ce ne sarebbero di cose da dire.
I segreti degli altri è un bel romanzo. Lo è perché riesce a proiettarci in modo convincente nell’Italia meridionale degli anni Cinquanta e Sessanta, in una cittadina sul mare dedita alla pesca delle aguglie, e poi ancora nell’entroterra rurale dove a farla da padrone sono vecchie credenze e riti quasi ancestrali. Particolarmente efficace, per esempio, ci è sembrata la scena della nascita del bambino malformato che Donato si fa raccontare dalla nonna e che scoperchia l’usanza dell’infanticidio a cui tutte le civiltà contadine hanno fatto ricorso in passato. “L’abbiamo soltanto accompagnato là dove doveva andare…”, dice la nonna, anche lei alla ricerca dell’oblio perché non si scherza ne con i Santi, ne con il buon Dio.
È bravo Mattencini a farci tornare indietro nel tempo e raccontare questa storia che parte da un incontro quasi casuale di Donato con Romeo Gigli, uno dei frequentatori del molo. Da dove viene Romeo? Chi è? Cosa nasconde? Scopriremo, pagina dopo pagina, che la sua è una vicenda di tradimenti e interessi dell’Italia preindustriale. Le nostre radici, insomma. Da leggere.
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