RECENSIONI
A.M.Pires Cabral
Il canonico
laNuovafrontiera, Pag. 311 Euro 17,50
Non mi era molto simpatico Vitangelo Moscarola quando la mia professoressa d'italiano, affetta da insufficienza respiratoria e costretta a parlare con una sorta di microfono a batteria che le dava una voce spettrale e metallica, mi raccontava i suoi soliloqui e quella che lei stessa definiva, a proposito, 'scomposizione della vita'. Non mi era simpatica perché allora la ritenevo un po' noiosa e indigesta e poi perché l'uso di frasi 'ad effetto', come appunto quest'ultima, pur in un ambito letterario o didattico, m'apparivano comunque fuori luogo.
Qualcuno si chiederà: ma chi è Vitangelo Moscarola? E' il protagonista di Uno nessuno e centomila di Luigi Pirandello. E nominato a cecio.
Scomponiamo, ora sì, l'azzardo che lo lega al romanzo in quistione: il canonico del titolo è religioso paraculo, che con l'aura della santità e dell' autorità a lui conferita da secoli di potere e dominio ecclesiastico su noi poveri disgraziati, ne combina una più del diavolo (notare la contrapposizione topologica) ed attira, una volta morto, le attenzione di un giovane sacerdote che s'imbatte più volte su alcuni episodi che lo hanno visto protagonista, non sempre edificante, e non sempre ligio ai doveri canonici.
La scomposizione di cui sopra – che può essere vista pirandellianamente, ma anche no, nel senso che la percezione dello scrittore siciliano era forse diversa dalla sostanza principe del romanzo di Cabral – si avverte nella dinamicità della trama e nel tentativo da parte del giovane parroco Salviano Taveira di scoprire qualcosa di più sulla vita di un personaggio misterioso e contraddittorio.
Si legge a pag. 184: No, è che detto così sembra un po' una presa in giro. Esiste forse un'unica fonte della verità? Ciascuno di noi non è piuttosto la fonte della propria verità?
Bella domanda, ma anch'essa paracula: credo, e soprattutto anche in questi tempi, che sia abbia la necessità di una verità sola, cioè lontana dalle interpretazioni comode che quasi sempre permettono alle persone fasulle, se non addirittura alle istituzioni, di farla franca.
Poi subentra, certamente, l'interpretazione oggettiva, che credo sia differente da un'esigenza di verità, perché quest'ultima deve essere riconducibile ad un senso civile delle cose.
Ci stiamo allargando (anzi, mi sto allargando): il nodo centrale del romanzo è che il misterioso canonico ha mille sfaccettature dovute a diverse testimonianze di diversi personaggi (l'unica certezza: è un reazionario di bella pasta e che ce l'aveva a morte coi repubblicani... siamo nel Portogallo dei primi del novecento) e questo caleidoscopico risultato costringe il giovane parroco ad una sorta di resa.
Mi sta pure bene: nel senso che piuttosto che condannare moralmente un individuo di fronte a valutazioni contraddittorie l'arma migliore è il silenzio. Ma è pur vero che il silenzio in alcuni momenti è segno di mafiosa debolezza.
Il canonico, tranne alcuni momenti di stanca, si fa leggere bene. Ed è il primo romanzo tradotto in italiano del portoghese Cabral.
Basta un amen per concludere.
di Alfredo Ronci
Qualcuno si chiederà: ma chi è Vitangelo Moscarola? E' il protagonista di Uno nessuno e centomila di Luigi Pirandello. E nominato a cecio.
Scomponiamo, ora sì, l'azzardo che lo lega al romanzo in quistione: il canonico del titolo è religioso paraculo, che con l'aura della santità e dell' autorità a lui conferita da secoli di potere e dominio ecclesiastico su noi poveri disgraziati, ne combina una più del diavolo (notare la contrapposizione topologica) ed attira, una volta morto, le attenzione di un giovane sacerdote che s'imbatte più volte su alcuni episodi che lo hanno visto protagonista, non sempre edificante, e non sempre ligio ai doveri canonici.
La scomposizione di cui sopra – che può essere vista pirandellianamente, ma anche no, nel senso che la percezione dello scrittore siciliano era forse diversa dalla sostanza principe del romanzo di Cabral – si avverte nella dinamicità della trama e nel tentativo da parte del giovane parroco Salviano Taveira di scoprire qualcosa di più sulla vita di un personaggio misterioso e contraddittorio.
Si legge a pag. 184: No, è che detto così sembra un po' una presa in giro. Esiste forse un'unica fonte della verità? Ciascuno di noi non è piuttosto la fonte della propria verità?
Bella domanda, ma anch'essa paracula: credo, e soprattutto anche in questi tempi, che sia abbia la necessità di una verità sola, cioè lontana dalle interpretazioni comode che quasi sempre permettono alle persone fasulle, se non addirittura alle istituzioni, di farla franca.
Poi subentra, certamente, l'interpretazione oggettiva, che credo sia differente da un'esigenza di verità, perché quest'ultima deve essere riconducibile ad un senso civile delle cose.
Ci stiamo allargando (anzi, mi sto allargando): il nodo centrale del romanzo è che il misterioso canonico ha mille sfaccettature dovute a diverse testimonianze di diversi personaggi (l'unica certezza: è un reazionario di bella pasta e che ce l'aveva a morte coi repubblicani... siamo nel Portogallo dei primi del novecento) e questo caleidoscopico risultato costringe il giovane parroco ad una sorta di resa.
Mi sta pure bene: nel senso che piuttosto che condannare moralmente un individuo di fronte a valutazioni contraddittorie l'arma migliore è il silenzio. Ma è pur vero che il silenzio in alcuni momenti è segno di mafiosa debolezza.
Il canonico, tranne alcuni momenti di stanca, si fa leggere bene. Ed è il primo romanzo tradotto in italiano del portoghese Cabral.
Basta un amen per concludere.
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