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CLASSICI

Alfredo Ronci

Il piccolo mondo di Eurialo De Michelis: 'Bugie'.

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Sconvolge l'assenza di un nome come Eurialo De Michelis in alcune 'storie' della letteratura italiana. Quella voluminosa di Walter Pedullà, per esempio, nemmeno lo menziona: ed è francamente uno scandalo. A questo punto ci si chiede cosa si possa insegnare agli altri, visti i presupposti, e se necessità debba insorgere in noi perché si cambi prospettiva in funzione di una nuova revisione culturale (che non vuol essere revisionismo).

Perché Bugie (anno di pubblicazione 1932) è un libro importante: appartiene a quel movimento che solo successivamente fu indicato come neorealismo (attenzione, lo si potrebbe definire proto neorealismo se si tiene conto di quello successivo degli anni post-bellici), ma che nelle intenzioni dell'autore, come egli stesso scrisse in un elzeviro pubblicato nel maggio del 1932 su Il lavoro fascista, doveva costituire una sorta di contraltare alla narrativa speculare al regime: Una letteratura "nuova", scrittori "nuovi" ci sono: siamo noi "noi" realisti, "noi" contenutisti, "noi" neoromantici, "noi" romanzieri che alla "Ronda" e al suo magistero appunto vogliamo opporci e contrapporci.

Bugie era contro la bella forma, contro la sterile bellezza, contro un certo sfilacciato e esasperante dannunzianesimo, per proporre un rivoluzionario riscatto dei valori assoluti e lanciare l'idea del primato morale della letteratura. Questo attraverso una disanima accurata e accalorata di un mondo in continuo disfarsi: quello della piccola e media borghesia alle prese coi problemi e dolori di tutti i giorni. E contro una certa anestetica visione dell'esistenza.

I racconti (esattamente dieci) che compongono Bugie raccontano infatti le miserie, gli affanni, i sensi di colpa di esistenze che privilegiano l'universo familiare, i sentimenti spontanei: ma in alcuni contenuti (fondamentali per De Michelis) vi si affaccia una rivoluzionaria concezione della spontaneità (che in qualche modo sembra entrare in collisione col titolo della raccolta che sembra sottolineare una prassi consolidata dell'inganno e del mezzuccio). Come in 'Dafne' (che lo stesso autore, curiosamente, definiva 'ingenuo' e dove avvertiva in modo specifico modi stilistici altrui, del Pirandello) dove un uomo ormai anziano racconta la sua storia d'amore che dura da trentaquattro anni confessando l'inevitabile affievolirsi della passione (Certo una storia interessante, a riassumerla in cinque minuti; ma al rallentatore degli anni è tanto stupida che non ci si accorge nemmeno che possa essere stata una storia. Creda a me, signore, tutte le storie vere sono così).

Oppure in 'Sirio' (unico racconto dei dieci inedito, gli altri erano già apparsi in varie antologie) dove s'affaccia, incredibilmente - come d'altronde nel successivo 'Michele in maschera' - il tema dell'omosessualità. Tema che Mario Soldati aveva già 'sviscerato' in Salmace negli stessi anni (1929) e che il consueto moralista Montale non esitò a bacchettare alla sua maniera.

Non mancano, nemmeno in questo caso, resistenze nei confronti di De Michelis. All'apparire dell'antologia e alla lettura delle due novelle il critico Emilio Cecchi espresse le sue riserve: trama di sensazioni morbide, tetre, fin repugnanti.

La 'repugnanza' in 'Sirio' era relativamente del capitano, fatto oggetto di desiderio da parte di un ragazzo (Egli aveva intuito quanto c'era di innocentemente morboso in quella devozione quasi infantile, perciò evitava con prudenza di secondarla) non certo dello scrittore che anche in 'Michele in maschera' disegna con morbida eleganza certi vizietti allora innominabili.

Ma Bugie ha nella compostezza stilistica e contenutistica la sua ragione d'essere, piuttosto che nei dettagli, seppur essenziali: attraverso la lettura delle dieci novelle si scopre un mondo che il regime di allora in qualche modo voleva preservare da occhi indiscreti. Gli occhi di De Michelis sono attenti e 'lungimiranti': le miserie e le pochezze, che a volte però, come si diceva prima, possono essere anche strazianti confessioni, riescono ad appartenere ancora a noi.

Come ne 'La nonna' dove una donna parte per il suo paese per andare a trovare la madre molto malata, ma poi una volta che questa è guarita (E guarire, passati i settant'anni, non è più guarire) la protagonista torna ai soliti problemi domestici da cui sembrava essersi allontanata.

O nel tenero quadretto de 'Il ragazzo' dove un padre molto ansioso e premuroso scopre di essere geloso del primo incontro del figlio con una ragazza. O ancora nel cinico 'Cenerentola' dove una matrigna ammette a se stessa di riuscire a sopportare la figliastra solo perché nel frattempo è rimasta incinta. O nel toccante 'Mai più', dove un uomo, per molto tempo ricoverato in un ospedale, tornando a casa col treno, riscopre l'ormai offuscato 'sentire erotico' guardando una donna che viaggia nella sua stessa carrozza.

Insomma, De Michelis va assolutamente riscoperto. Nei suoi racconti vediamo, nonostante il titolo (e chissà perché!) una straordinaria predisposizione alla confessione. E quindi alla verità: che nel periodo in cui scriveva era quasi tabù.





L'edizione da noi considerata è:



Eurialo De Michelis

Bugie

Marsilio 1986





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