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Il Paradiso degli Orchi
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CINEMA E MUSICA

Adriano Angelini Sut

Il pop rock melodico dei Death Cab for Cutie, tra disimpegno e voglia di cambiare.

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Onda Rock, col suo solito piglio snob, ci dice che il gruppo ormai ha perso tutto quello che aveva acquisito nei sei album precedenti. Ci dice che non va bene che hanno fatto un pezzo per la colonna sonora di Twilight, ci dice che va malissimo il fatto che li abbia prodotti Alan Moulder (Arctic Monkeys e White Lies). Sarà. A me questo settimo album in studio dei Death Cab for Cutie, Codes and keys piace, eccome. Siamo in terreni già sentiti, certo. 'Codes and keys' (Travis?) e 'Some boys' non spiccano per originalità, eppure si fanno canticchiare, coinvolgono. Poi il pezzo d'apertura 'Home is a fire' è una gran bella ballata in stile Mercury Rev che vale tutto il disco. La voce di Gibbard che accompagna le dolci note di chitarra e una tastiera incalzanti. Il ritmo lievemente sincopato. Un'intensa vibrazione in crescendo. Magari un qualsiasi gruppo italiano tirasse fuori un brano così una volta ogni dieci anni. Sarebbe un miracolo. E poi 'Doors unlocked and open', nel suo incedere da marcetta, il suo basso à la Cure degli inizi (quelli di Three Imaginary Boys); convincente, leggiadra, allegra pur nel suo ritornello un po' scontato. Se una critica c'è da fare al gruppo di Bellingham, Washington, è quella di voler suonare un po' troppo brit-pop. Come per esempio in 'You are a tourist'. Una canzoncina leggera in un contesto sonoro che si può tranquillamente considerare ricercato. Il primo singolo ufficiale, del resto, che accattiva gli ascoltatori esattamente come dovrebbe fare un singolo (quindi dove sta il problema?). Il contesto d'altronde vanta improvvisazioni psichedeliche riuscite ed evocative come 'Unobstructed views' (ancora tanti Mercury rev in un cadenzato lento e dolcissimo). Via via l'album riprende le sue varie tonalità pop, 'Monday morning' e 'Portable television' fanno la loro parte nel ricordarci che la band ha assorbito tante di quelle influenze che a tratti sembra di ascoltare, che so, gli Starsailor. Ma è con 'Underneath the Sycamore' che si torna su livelli interessanti, per una ballata ariosa e frizzante che farà incazzare i puristi e cantare i semplici fruitori di canzonette. Un bel papabile singoletto che non mancherà di allietare in radio. Si chiude con 'St Peter's Cathedral', più solenne, uggiosa, levigata. E con 'Stay young go dancing'; qui siamo dalle parti del folk americano, ci invitano ad andare a ballare per rimanere giovani. E noi così faremo, magari sulle note un po' tristi e brit american pop delle loro... ballate. Direi più che sufficiente.



Death Cab for Cuties

Codes and Keys

Atlantic Records - 2011





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