RECENSIONI
Goffredo Parise
Il ragazzo morto e le comete
Adelphi, Pag.177 Euro 17
Credo che in nessun altro lavoro letterario del nostro dopoguerra si trovi una così imprevedibile compresenza del continuo e del discontinuo, del composito, abbacinati e pulsanti come in uno stellare caleidoscopio, nel nome di incredibili "enfants sauvages" e di zombi paradisiaci.
Parole di Andrea Zanzotto. Poeta. E si sentono. Più prosaicamente, un grande romanzo d'esordio di uno scrittore allora ventenne che ebbe l'ardire di proporre all'editore Neri Pozza il manoscritto chiedendo espressamente di non cambiare una virgola.
E l'editore raccontò: Nella nostra professione la scoperta di uno scrittore nuovo è il premio di un'attenta amministrazione, il risultato di letture di centinaia di manoscritti. Ma quando lo scrittore che si presenta è addirittura un giovane, non soltanto la professione perde peso e acquista di colpo una fisionomia affascinante, ma solleva di colpo le più vive speranze.
Non polemizziamo su ciò che era un editore allora e su come vengono pubblicati i romanzi oggidì: qui si fa solo opera di convincimento. Sul persuadere scettici e pigri, annoiati e noir-dipendenti da spiagge assolate e ombrelloni sberciati dal vento di leggere l'opera in questione.
Liquida si è anche detto: da chi gioca con le parole, ma non sa attribuire sostanza alla sostanza. Siamo in realtà davanti ad un unicum nella letteratura italiana: gli anni '50 e tutto il neorealismo, letterario e cinematografico, divorato in un sol colpo.
Fermi! Qui c'è la guerra e il dopoguerra, la paura e la fame, il disorientamento e il senso dell'inutilità bellica, un'umanità perdente e il pessimismo di un'altra vincente. Ma l'angolo di veduta è prodigioso perché inusuale, mai letto e perciò mai incontrato.
Romanzo infestato di uomini (e donne) portentosi e soprannaturali: dove si richiama il circo, ma non lo spettacolo triste e immaturo di giocolieri stanchi e animali violentati, ma il teatro di maschere assurde ed avvincenti, solitarie ed umanissime.
C'è Squerloz, il costruttore di barche che vive in una cantina con un barbagianni, una civetta e un topo bianco e che decide di suicidarsi interrandosi. C'è Antoine, tenerissimo travestito, che insegue l'arte della sopravvivenza, c'è Fiore (nome voluto secondo me, perché attaccato alla terra e all'amore per l'amicizia) e c'è il quindicenne, cioè il ragazzo morto (alter ego dello scrittore che vuole essere morto perché da lì potrebbe partire una resurrezione completa e staccata dai dolori di un'infanzia sbigottita), che s'intuisce tale nella lettura, che morirà in seguito ad una pallottola sparata da inseguitori, ma quali inseguitori?
E questo richiamo continuo alla morte, perché è con i morti che si parla (Fiore parlerà alla fine col quindicenne in cerca di un'affinità con la vita e per una co-esistenza che si vuole immortale), è un tratto che ritorna spesso nel Parise giovane, ma anche in quello dei Sillabari.
Il finale poi incanta: in quella sorta di "Spoon River" neorealista s'innesta una meteorologia affascinante, una nevicata accennata dove Fiore e Antoine, che nella vita è sempre un'ombra pur nella sgargiante appariscenza, inseguono i non vivi. E' tutto un abbandono, mi perdonino i puristi se cito Fellini, ma nel ricovero di cui i due si servono per allontanare le intemperie c'è il distacco delle spiagge del regista dove i personaggi salutavano (do you remember Mastroianni?).
Buona lettura ai pigri di cui sopra.
di Alfredo Ronci
Parole di Andrea Zanzotto. Poeta. E si sentono. Più prosaicamente, un grande romanzo d'esordio di uno scrittore allora ventenne che ebbe l'ardire di proporre all'editore Neri Pozza il manoscritto chiedendo espressamente di non cambiare una virgola.
E l'editore raccontò: Nella nostra professione la scoperta di uno scrittore nuovo è il premio di un'attenta amministrazione, il risultato di letture di centinaia di manoscritti. Ma quando lo scrittore che si presenta è addirittura un giovane, non soltanto la professione perde peso e acquista di colpo una fisionomia affascinante, ma solleva di colpo le più vive speranze.
Non polemizziamo su ciò che era un editore allora e su come vengono pubblicati i romanzi oggidì: qui si fa solo opera di convincimento. Sul persuadere scettici e pigri, annoiati e noir-dipendenti da spiagge assolate e ombrelloni sberciati dal vento di leggere l'opera in questione.
Liquida si è anche detto: da chi gioca con le parole, ma non sa attribuire sostanza alla sostanza. Siamo in realtà davanti ad un unicum nella letteratura italiana: gli anni '50 e tutto il neorealismo, letterario e cinematografico, divorato in un sol colpo.
Fermi! Qui c'è la guerra e il dopoguerra, la paura e la fame, il disorientamento e il senso dell'inutilità bellica, un'umanità perdente e il pessimismo di un'altra vincente. Ma l'angolo di veduta è prodigioso perché inusuale, mai letto e perciò mai incontrato.
Romanzo infestato di uomini (e donne) portentosi e soprannaturali: dove si richiama il circo, ma non lo spettacolo triste e immaturo di giocolieri stanchi e animali violentati, ma il teatro di maschere assurde ed avvincenti, solitarie ed umanissime.
C'è Squerloz, il costruttore di barche che vive in una cantina con un barbagianni, una civetta e un topo bianco e che decide di suicidarsi interrandosi. C'è Antoine, tenerissimo travestito, che insegue l'arte della sopravvivenza, c'è Fiore (nome voluto secondo me, perché attaccato alla terra e all'amore per l'amicizia) e c'è il quindicenne, cioè il ragazzo morto (alter ego dello scrittore che vuole essere morto perché da lì potrebbe partire una resurrezione completa e staccata dai dolori di un'infanzia sbigottita), che s'intuisce tale nella lettura, che morirà in seguito ad una pallottola sparata da inseguitori, ma quali inseguitori?
E questo richiamo continuo alla morte, perché è con i morti che si parla (Fiore parlerà alla fine col quindicenne in cerca di un'affinità con la vita e per una co-esistenza che si vuole immortale), è un tratto che ritorna spesso nel Parise giovane, ma anche in quello dei Sillabari.
Il finale poi incanta: in quella sorta di "Spoon River" neorealista s'innesta una meteorologia affascinante, una nevicata accennata dove Fiore e Antoine, che nella vita è sempre un'ombra pur nella sgargiante appariscenza, inseguono i non vivi. E' tutto un abbandono, mi perdonino i puristi se cito Fellini, ma nel ricovero di cui i due si servono per allontanare le intemperie c'è il distacco delle spiagge del regista dove i personaggi salutavano (do you remember Mastroianni?).
Buona lettura ai pigri di cui sopra.
di Alfredo Ronci
CERCA
NEWS
-
24.08.2025
Marsilio
Luisa Bienati "Hiroshima il giorno zero dell'essere umano" -
24.08.2025
La nave di Teseo.
Percival Everett "Dottor No". -
24.08.2025
Sellerio
"Tema libero" di Alejandro Zambra.
RECENSIONI
-
Augusto De Angelis
L’albergo delle tre rose
-
Gitta Sereny
Albert Speer. La sua battaglia con la verità.
-
Vincenzo Patané
Una piccola goccia d’inchiostro
ATTUALITA'
-
Stefano Torossi
Camille Saint-Saens - 1835 - 1921
-
Stefano Torossi
CRISTOPH WILLIBALD GLUCK 1714 – 1787
-
Stefano Torossi
Dmitrij Shostakovic 1906 - 1975
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Marco Minicangeli
So cosa hai fatto.
-
marco minicangeli
La fossa delle Marianne
-
marco minicangeli
The Shrouds
RACCONTI
-
Jacques Barbéri
Il dentista
-
Marco Di Fiore
Vienna per due
-
Luigi Rocca
La città cancellata.