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CINEMA E MUSICA

Adriano Angelini Sut

Il signor Marilyn Manson è di nuovo posseduto dal sacro fuoco. Del blues e del rock.

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Sono passati quasi vent'anni da Antichrist Superstar. Il belzebù del rock è invecchiato bene. Brutto prima, brutto adesso. Stesso fuoco, stessa carica, stesso tasso di cattiveria. Solo che il termometro in questi anni è stato misurato dal suo rendimento artistico. Gli anni'90 e la consacrazione. I primi del duemila e il declino. Nell'ultimo tempo evidentemente qualcosa è successo. Appena un anno fa metteva in rete il video del primo singolo, “Third Day of a Seven Day Binge” tratto dal suo nuovo album, The Pale Emperor. Un portento. Si sentiva subito che la marcia era diversa (o forse la stessa degli anni'90). Schitarrate ignoranti alla Rolling Stones. Ballata classic rock di quelle a cui non puoi fare a meno di andare appresso. Video vampirico, look horror chic, sequenze snuff movies. C'era tutto per aspettarsi un capolavoro. Che infatti è arrivato.
The Pale Emperor è un album superiore. Il secondo singolo, “Deep Six”, toglie il fiato. Ti scava dentro e ti tira fuori a suon di graffi un demonio che non sapevi di avere. Probabilmente il pezzo degli anni 2010. Un animale sonoro da palco e possessione rockofila. Acido come un modella squartata che urla disperata. Un inno al genere che torna e non muore nonostante la finzione del futuro. Ce n'è un terzo di singolo, destinato anch'esso a diventare una grande hit. E' uscito a gennaio in concomitanza con l'album. “Cupid Carries a Gun”. Anche qua, un portento. Chitarra e batteria martellanti. Torna la sua voce satanica che si diverte dal suo impenetrabile al di là zombiesco. Ancora una ballad sinistra e melodrammatica. Un dolce invito alla cupezza interiore.
L'album, scritto in cooperazione con Tyler Bates della serie Tv Californication, che ha pure ospitato nel suo home studio di Los Angeles quasi l'intera sessione di produzione e registrazione, vanta dieci pezzi. Mai deboli. Mai sottotono. “Killing Strangers” è un bluesaccio che apre manco fossimo in una bettola squinternata della vecchia America negra. “The Mephistopholes of Los Angeles” è un altro incanto diabolico. Un'altra ballad incessante, elettrica e inquietante. Radiosa nella sua aggressività maligna. “Warship My Wreck” si prende una pausa, la voce di Manson fa per un attimo pace col mondo di sopra. Piange e ride nello stesso momento. Le tastiere sfrigolano come tristi braci abbandonate. La cupezza si fa depressione felice. L'ossimoro che non t'aspetti. “Slaves Only Dreams to be King” riattacca la marcia elettrica delle chitarre. Le urla del signor Manson giungono dal sepolcro del suo cuore. “The Devil Beneath My Feet” è un uno due chitarra batteria che manda knock-out. I don't need a mother fucker looking down on me. Least I know, wherever I go, I got the Devil Beneath My feet. (Non ho bisogno di un figlio di puttana che mi guardi dall'alto in basso. Quello che so, ovunque andrò, è che avrò il diavolo sotto i piedi). Che è un po' come dire che gli mancherà sempre la terra sotto i piedi. Un Terra, intesa come pianeta, che riconquista, Pallido Imperatore, con la mastodontica “Birds of Hell Awaiting”. Sembra di sentire la versione straziata dei Depeche Mode di Songs of Faith and Devotion (non per niente la cover più importante di sempre di “Personal Jesus” l'ha fatta lui). Chiude “Odds of Even”, una lunga ballad lenta e meditata. Velenosamente angosciata.
Mi sento di dire che The Pale Emperor avrà un posto nell'olimpo dei più begli album degli anni '2000. Vedremo se il tempo mi darà torto o ragione. La fenice si è rigenerata dalle ceneri di qualche rito macabro. E il rock risorride incanutito, vecchio vampiro mai sazio di sangue umano animale.

The Pale Emperor
Marilyn Manson
Hell, 2015





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