RECENSIONI
Alessio Gareri
Il suono del tempo (How do you feel)
Altromondo editore, Pag. 317 Euro 18,00
Ecco un altro testo sulla musica.
Ancora? Dirà qualcuno in procinto di bestemmiare. Beh, si sa, questi sono anni delle abbuffate, dei talent e dell’incoerenza.
Riccardo Bertoncelli, già molti anni fa, confessò che non ascoltava più tutta la musica che usciva, ma solo quella che più gli aggradava. E fu una testimonianza lucida e consapevole e anche un tantino sconsolante. È vero, tutti hanno e sentono il bisogno di esprimersi, ma è anche troppa ed inutile l’offerta che ci viene proposta.
Comunque il libro c’è ed è anche onesto. Si limita a trattare un trentennio di storia, e cioè dagli albori degli anni sessanta fino agli anni novanta. E chi lo fa, sentite a me, non è un vecchio rincoglionito che insiste sul valore della musica di un tempo, ma un trentenne che confessa il suo amore innanzitutto per i propri genitori, che gli hanno dato il gusto di ascoltare le cose vere, e poi per un certo tipo di musica.
Non fa una storia (sai che palle, direbbe qualcun altro… compreso io), ma attraverso la presenza di musicisti prestigiosi, una serie di excursus che però non ignora tutto quello che l’emozione e la partecipazione ai vari movimenti ha determinato.
È un excursus dettato dalla passione e, secondo quanto dice lo stesso Gareri, dal successo. Ma è un libro profondamente italiano, che trascina con sé vecchie tradizioni (il rock progressivo innanzitutto, Pink Floyd, Genesis e Jethro Tull) e qualche grido isterico che invece preferiremmo molto che fosse evitato.
Dunque ci sono tanti personaggi, e ce ne sono altri che per una serie di circostanze e poi perché siamo italiani, sono, come si suol dire, fuori settore. E allora, sì a Dylan, ma no A Tim Buckley. E allora, sì a Simon and Garfunkel, ma no a Joni Mitchell (mamma mia). E allora sì a Jimi Hendrix (e vorrei vedere…) ma no a Van Morrison.
Ma vi assicuro che non è tutto quel male che si potrebbe pensare. Come dicevo prima, il libro è onesto e sincero, e il ragazzo che l’ha scritto ha davvero nel sangue la musica che conta e i personaggi che l’hanno fatta grande.
Poi ognuno cerchi quello che vuole. Buon Natale.
di Alfredo Ronci
Ancora? Dirà qualcuno in procinto di bestemmiare. Beh, si sa, questi sono anni delle abbuffate, dei talent e dell’incoerenza.
Riccardo Bertoncelli, già molti anni fa, confessò che non ascoltava più tutta la musica che usciva, ma solo quella che più gli aggradava. E fu una testimonianza lucida e consapevole e anche un tantino sconsolante. È vero, tutti hanno e sentono il bisogno di esprimersi, ma è anche troppa ed inutile l’offerta che ci viene proposta.
Comunque il libro c’è ed è anche onesto. Si limita a trattare un trentennio di storia, e cioè dagli albori degli anni sessanta fino agli anni novanta. E chi lo fa, sentite a me, non è un vecchio rincoglionito che insiste sul valore della musica di un tempo, ma un trentenne che confessa il suo amore innanzitutto per i propri genitori, che gli hanno dato il gusto di ascoltare le cose vere, e poi per un certo tipo di musica.
Non fa una storia (sai che palle, direbbe qualcun altro… compreso io), ma attraverso la presenza di musicisti prestigiosi, una serie di excursus che però non ignora tutto quello che l’emozione e la partecipazione ai vari movimenti ha determinato.
È un excursus dettato dalla passione e, secondo quanto dice lo stesso Gareri, dal successo. Ma è un libro profondamente italiano, che trascina con sé vecchie tradizioni (il rock progressivo innanzitutto, Pink Floyd, Genesis e Jethro Tull) e qualche grido isterico che invece preferiremmo molto che fosse evitato.
Dunque ci sono tanti personaggi, e ce ne sono altri che per una serie di circostanze e poi perché siamo italiani, sono, come si suol dire, fuori settore. E allora, sì a Dylan, ma no A Tim Buckley. E allora, sì a Simon and Garfunkel, ma no a Joni Mitchell (mamma mia). E allora sì a Jimi Hendrix (e vorrei vedere…) ma no a Van Morrison.
Ma vi assicuro che non è tutto quel male che si potrebbe pensare. Come dicevo prima, il libro è onesto e sincero, e il ragazzo che l’ha scritto ha davvero nel sangue la musica che conta e i personaggi che l’hanno fatta grande.
Poi ognuno cerchi quello che vuole. Buon Natale.
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