RECENSIONI
Alberto Arbasino
L'ingegnere in blu
Adelphi, Pag.186 Euro 11,00
Se non fossi blasfemo direi che L'Ingegnere in blu potrebbe essere racchiuso tra due espressioni. La prima: Su! Su! Allez hop! Qui si dà il culo, o si muore! (Pag.14). La seconda: Torna a fiorir la rosa (Pag. 60), strofa d'apertura dell'ode di Parini dedicato a Giancarlo Imbonati.
E va spiegato il perché: l'arte di Arbasino consiste proprio in questo, nel derisorio eclettismo che sfocia nel gergale e nella cosmopolita eleganza che lo rende unico ed insostituibile. Una sorta di, come direbbe lui stesso di sé, apprenti sorcier, alla prese con la materia più duttile in assoluto: la letteratura.
E non poteva, dopo tanti anni, e tante flâneries culturali, non confrontarsi con colui che considera maestro dei più e ancor di più di sé stesso: Carlo Emilio Gadda.
Dice appunto di lui e della sua scrittura: Come non volendo capire che ogni suo giro di frase è un tour de force come un 'mosaico minuto' ove il 'parlato' – anzi, i parlati – irrompono in ogni narrazione, combinandosi con materiali di qualunque genere, luogo, epoca.
Ed è giusto, perché chi ha avuto la fortuna di leggere Anonimo lombardo o Fratelli d'Italia capisce che quel che viene detto per l'ingegnere in blu, vale per lo scrittore di Voghera. Che in questa occasione, ricco del suo solito armamentario di raffinata maestria e col pretesto (sì, ammettiamolo, l'amore per Gadda è evidente e reverente, ma ci viene il sospetto che per Arbasino ogni appiglio è buono per raccontarci di sé e del suo mondo) di immortalare un grande della letteratura, abbia operato una sorta di recherche du temp perdu.
Perché la Roma, ma soprattutto il côté culturale dell'epoca, rifulge di un'aura essenziale ed irripetibile e rivivono personaggi, ormai per noi, leggendari: Parise, Citati, Giulio Cattaneo, Praz, Suso Cecchi, Camilla Cederna, Elsa Morante, Attilio Bertolucci. Come se un ambiente ed un'età abbiano prodotto l'immaginifico e poi si fossero spenti o quanto meno ingrigiti.
Dunque Arbasino in qualche modo ammette di aver subìto dai luoghi, ma dallo stesso Gadda, una specie di iniziazione stilistica e linguistica e di questo bagaglio mette a disposizione del lettore un bignamino curioso e divertente, ma inevitabilmente limitato.
Ma nulla ci vieta di ammettere che al di là delle boutades e degli schizzi d'irresistibile comicità L'ingegnere in blu (perché Gadda amava vestirsi in abito completo blu ben stirato, camicia bianca e cravatte deplorevoli acquistate (forse da lui solo) in un sonnolento magazzino giù per via della Mercede...) sia anche un resoconto "finale" e malinconico di brandelli di vita e di extravaganze curiose.
Di nuovo una confessione: non sempre abbiamo amato Arbasino, proprio per questo suo aristocratico distacco per le sorti di un mondo, per questa sua "allure" quasi divina. Ma la sua capacità d'intrattenere è talmente – permettetemi il gioco – gaddiana e nello stesso tempo personale e briosa che non ce la sentiamo di dirgliene quattro. Anzi, il libro in questione a volte è talmente irresistibile (andatevi a leggere i commenti di Gadda sull'ossessione edipica di Foscolo) che ci andrebbe di suggerire ai lettori e ai frequentatori, in segno di riverenza: giù il cappello. Dirò di più, visto che di Arbasino parliamo, Chapeau!
di Alfredo Ronci
E va spiegato il perché: l'arte di Arbasino consiste proprio in questo, nel derisorio eclettismo che sfocia nel gergale e nella cosmopolita eleganza che lo rende unico ed insostituibile. Una sorta di, come direbbe lui stesso di sé, apprenti sorcier, alla prese con la materia più duttile in assoluto: la letteratura.
E non poteva, dopo tanti anni, e tante flâneries culturali, non confrontarsi con colui che considera maestro dei più e ancor di più di sé stesso: Carlo Emilio Gadda.
Dice appunto di lui e della sua scrittura: Come non volendo capire che ogni suo giro di frase è un tour de force come un 'mosaico minuto' ove il 'parlato' – anzi, i parlati – irrompono in ogni narrazione, combinandosi con materiali di qualunque genere, luogo, epoca.
Ed è giusto, perché chi ha avuto la fortuna di leggere Anonimo lombardo o Fratelli d'Italia capisce che quel che viene detto per l'ingegnere in blu, vale per lo scrittore di Voghera. Che in questa occasione, ricco del suo solito armamentario di raffinata maestria e col pretesto (sì, ammettiamolo, l'amore per Gadda è evidente e reverente, ma ci viene il sospetto che per Arbasino ogni appiglio è buono per raccontarci di sé e del suo mondo) di immortalare un grande della letteratura, abbia operato una sorta di recherche du temp perdu.
Perché la Roma, ma soprattutto il côté culturale dell'epoca, rifulge di un'aura essenziale ed irripetibile e rivivono personaggi, ormai per noi, leggendari: Parise, Citati, Giulio Cattaneo, Praz, Suso Cecchi, Camilla Cederna, Elsa Morante, Attilio Bertolucci. Come se un ambiente ed un'età abbiano prodotto l'immaginifico e poi si fossero spenti o quanto meno ingrigiti.
Dunque Arbasino in qualche modo ammette di aver subìto dai luoghi, ma dallo stesso Gadda, una specie di iniziazione stilistica e linguistica e di questo bagaglio mette a disposizione del lettore un bignamino curioso e divertente, ma inevitabilmente limitato.
Ma nulla ci vieta di ammettere che al di là delle boutades e degli schizzi d'irresistibile comicità L'ingegnere in blu (perché Gadda amava vestirsi in abito completo blu ben stirato, camicia bianca e cravatte deplorevoli acquistate (forse da lui solo) in un sonnolento magazzino giù per via della Mercede...) sia anche un resoconto "finale" e malinconico di brandelli di vita e di extravaganze curiose.
Di nuovo una confessione: non sempre abbiamo amato Arbasino, proprio per questo suo aristocratico distacco per le sorti di un mondo, per questa sua "allure" quasi divina. Ma la sua capacità d'intrattenere è talmente – permettetemi il gioco – gaddiana e nello stesso tempo personale e briosa che non ce la sentiamo di dirgliene quattro. Anzi, il libro in questione a volte è talmente irresistibile (andatevi a leggere i commenti di Gadda sull'ossessione edipica di Foscolo) che ci andrebbe di suggerire ai lettori e ai frequentatori, in segno di riverenza: giù il cappello. Dirò di più, visto che di Arbasino parliamo, Chapeau!
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Adelphi Biblioteca Minima , Pag. 112 Euro 5,50La vita bassa, che uno, poi, ma dove lo andava a trovare un modo migliore per capire i veri motivi, l'essenza e quintotale, della crisi economica e politica di questo paese qui tanto per dire?
Il tenore basso, è chiaro ora, viene tutto da questo modo di tenere i pantaloni, da questo sfoggio di sederi fiacchi e flosci (non "il mio dio" che "se ne va in bicicletta/ o bagna il muro con disinvoltura" di Sandro Penna);
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