RECENSIONI
Sandro Bonvissuto
La gioia fa parecchio rumore
Einaudi, Pag. 191 Euro 18,50
Forse ha ragione Sandro Bonvissuto quando dice che la tristezza è muta. Riecheggia le parole di Fortebraccio in chiusura della più famosa tragedia shakespeariana. E ha sicuramente ragione quando dice che, al contrario, La gioia fa parecchio rumore, e questo perché se sei romano (e romanista) la gioia la devi mostrare.
Bel romanzo questo, che forse i romanisti (probabilmente) apprezzeranno più di altri lettori perché entrare all’Olimpico è sempre stata un’emozione particolare. Gli appuntamenti all’obelisco, la madonnina lucente che ti guarda da Monte Mario. Sì perché l’Olimpico de La gioia fa parecchio rumore è quello vecchio, quello che non aveva le coperture aggiunte per i Mondiali ’90 (storia di mazzette e appalti poco chiari), uno stadio che lasciava vedere la statua dorata in alto. Quello è stato il campo della Roma più bella di tutti i tempi, quella di Conti e Pruzzo, di Nela, di Cerezo e del compianto Di Bartolomei. E soprattutto del numero 5 della copertina, di quel Paulo Roberto Falcao che venne soprannominato l’Ottavo Re di Roma.
Intorno alla Roma, alla sua squadra, Bonvissuto ci introduce in un mondo fatto di ricordi e degli oggetti che li fanno scaturire. I gettoni del telefono, per esempio, o le buste del latte a forma di piramide triangolare (che erano bellissime). Quella del protagonista è una famiglia del sottoproletariato urbano, dove tutto viene messo al centro della discussione e comprare un divano diventa un evento per cui tutta la famiglia deve vestirsi bene come per andare a una festa e partire unita. Il Quadraro è il luogo dove è ambientato, una borgata ribelle che fece vedere i sorci verdi anche a quelli della Gestapo durante l’occupazione nazista.
Il romanzo è monotematico: tutto ruota intorno alla Roma, che non si discute, si ama. E proprio all’amore per la Roma è dedicato il capitolo introduttivo, che diventa una specie di trattatello sull’amore, il vero e unico sentimento rivoluzionario, che “rompe”, disobbedisce, segna il prima dal dopo. Ma con l’amore viene anche la morte e qui abbiamo la triste vicenda di Vincenzo Paparelli, morto sulle gradinate tanti anni fa prima di un derby. Un razzo che partì dagli spalti romanisti per arrivare alla Curva Nord.
Romanzo da leggere. Bello. Appassionante.
di Marco Minicangeli @gattospinoso
Bel romanzo questo, che forse i romanisti (probabilmente) apprezzeranno più di altri lettori perché entrare all’Olimpico è sempre stata un’emozione particolare. Gli appuntamenti all’obelisco, la madonnina lucente che ti guarda da Monte Mario. Sì perché l’Olimpico de La gioia fa parecchio rumore è quello vecchio, quello che non aveva le coperture aggiunte per i Mondiali ’90 (storia di mazzette e appalti poco chiari), uno stadio che lasciava vedere la statua dorata in alto. Quello è stato il campo della Roma più bella di tutti i tempi, quella di Conti e Pruzzo, di Nela, di Cerezo e del compianto Di Bartolomei. E soprattutto del numero 5 della copertina, di quel Paulo Roberto Falcao che venne soprannominato l’Ottavo Re di Roma.
Intorno alla Roma, alla sua squadra, Bonvissuto ci introduce in un mondo fatto di ricordi e degli oggetti che li fanno scaturire. I gettoni del telefono, per esempio, o le buste del latte a forma di piramide triangolare (che erano bellissime). Quella del protagonista è una famiglia del sottoproletariato urbano, dove tutto viene messo al centro della discussione e comprare un divano diventa un evento per cui tutta la famiglia deve vestirsi bene come per andare a una festa e partire unita. Il Quadraro è il luogo dove è ambientato, una borgata ribelle che fece vedere i sorci verdi anche a quelli della Gestapo durante l’occupazione nazista.
Il romanzo è monotematico: tutto ruota intorno alla Roma, che non si discute, si ama. E proprio all’amore per la Roma è dedicato il capitolo introduttivo, che diventa una specie di trattatello sull’amore, il vero e unico sentimento rivoluzionario, che “rompe”, disobbedisce, segna il prima dal dopo. Ma con l’amore viene anche la morte e qui abbiamo la triste vicenda di Vincenzo Paparelli, morto sulle gradinate tanti anni fa prima di un derby. Un razzo che partì dagli spalti romanisti per arrivare alla Curva Nord.
Romanzo da leggere. Bello. Appassionante.
di Marco Minicangeli @gattospinoso
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