RECENSIONI
John Connolly
La rabbia degli angeli
TimeCrime, Traduzione di Federico Lopiparo, Pag. 555 Euro 12,90
oSu Connolly noi (noi del Paradiso ovviamente) avevamo scommesso. Perché si trattava di un autore che sapeva tracciare una via precisa del noir e portarla fino alla fine, senza troppi incartamenti (come spesso avviene tra gli scrittori statunitensi e anche inglesi e svedesi).
Dunque un hard boiled strutturato e avvincente… ma poi? Cosa è avvenuto a quest’uomo da trascinarlo nei meandri di uno psico-thriller ammantato di facezie ed improperi?
Sì, proprio così. Facezie ed improperi.
Lo dico senza paura di scatenare una protesta popolare: La rabbia degli angeli è un inferno che ad un certo punto verrebbe da lasciarlo e preferire una commediola etnica… o giù di lì.
L’inizio non è male: un vecchio, prima di morire, confessa ai suoi due figli (una donna cosciente e un uomo invece così così) che qualche anno prima ha trovato, insieme ad un vecchio amico, un aereo e soprattutto un bel pacco di soldi che ha candidamente sottratto, senza troppi mea culpa o rimpianti.
Poi il delirio. Sì, diciamo proprio così: da una via abbastanza delineata, Connolly ci trascina in un bailamme dove non si capisce più di chi è la colpa (per non parlare degli uomini e delle donne che perderanno la vita), ma soprattutto non si capisce cosa vogliano in realtà i protagonisti più terribili di questo terribile noir.
Mi si spieghi per favore chi è il Collezionista, quell’essere che uccide dei disgraziati come se fossero insetti, senza per altro provare granché.
Ma vogliamo parlare di Darina che non soddisfatta di quello che fa si porta dietro un bambino che bambino non è?
O quegli altri due individui che hanno un nome che si assomiglia e che se non stai attento li confondi e rischi di capirci meno di zero.
Connolly ha la grazia di un elefante: o meglio, parte come se fosse una farfalla, ma poi lascia dietro di sé tracce così insulse ed incomprensibili che quello che ha costruito è una sorta di indiavolato non-sense, senza troppe scuse per il lettore.
No, così John Connolly non ci piace.
Preferiremmo vederlo in altri ambienti (anzi, in altre situazioni, perché gli ambienti vanno benissimo), ma con una struttura che recuperi un po’ (dico un po’) il senso unico della comprensione. Altrimenti…
di Alfredo Ronci
Dunque un hard boiled strutturato e avvincente… ma poi? Cosa è avvenuto a quest’uomo da trascinarlo nei meandri di uno psico-thriller ammantato di facezie ed improperi?
Sì, proprio così. Facezie ed improperi.
Lo dico senza paura di scatenare una protesta popolare: La rabbia degli angeli è un inferno che ad un certo punto verrebbe da lasciarlo e preferire una commediola etnica… o giù di lì.
L’inizio non è male: un vecchio, prima di morire, confessa ai suoi due figli (una donna cosciente e un uomo invece così così) che qualche anno prima ha trovato, insieme ad un vecchio amico, un aereo e soprattutto un bel pacco di soldi che ha candidamente sottratto, senza troppi mea culpa o rimpianti.
Poi il delirio. Sì, diciamo proprio così: da una via abbastanza delineata, Connolly ci trascina in un bailamme dove non si capisce più di chi è la colpa (per non parlare degli uomini e delle donne che perderanno la vita), ma soprattutto non si capisce cosa vogliano in realtà i protagonisti più terribili di questo terribile noir.
Mi si spieghi per favore chi è il Collezionista, quell’essere che uccide dei disgraziati come se fossero insetti, senza per altro provare granché.
Ma vogliamo parlare di Darina che non soddisfatta di quello che fa si porta dietro un bambino che bambino non è?
O quegli altri due individui che hanno un nome che si assomiglia e che se non stai attento li confondi e rischi di capirci meno di zero.
Connolly ha la grazia di un elefante: o meglio, parte come se fosse una farfalla, ma poi lascia dietro di sé tracce così insulse ed incomprensibili che quello che ha costruito è una sorta di indiavolato non-sense, senza troppe scuse per il lettore.
No, così John Connolly non ci piace.
Preferiremmo vederlo in altri ambienti (anzi, in altre situazioni, perché gli ambienti vanno benissimo), ma con una struttura che recuperi un po’ (dico un po’) il senso unico della comprensione. Altrimenti…
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