RECENSIONI
Dario Ferrari
La ricreazione è finita.
Sellerio, Pag. 466 Euro 16,00![immagine](uploads/tx_orchidata/31xxlEh_tlL._SY344_BO1_204_203_200_.jpg)
Vi chiederete? Qual è stato il motivo principale che mi ha indotto ad interessarmi (diciamo pure… il motivo principale che mi ha indotto a comprare) a Dario Ferrari e al suo La ricreazione è finita?
Non credo sia stato (anzi, non lo credo affatto) la presenza dello strillo, sopra la copertina, di Antonio D’Orrico che ulula ai quattro venti che questo è Il più bel romanzo degli ultimi tempi. Fra noir epico e commedia al fiele. Per quanto possa essere quasi d’accordo con l’esimio critico sul fatto che il libro sia un noir epico e tiè, persino una commedia al fiele, non lo ritengo affatto il più bel romanzo degli ultimi tempi, anzi.
Le prime duecento cinquanta pagine scorrono tra colloqui tra neo laureati e le faccende dei baroni (non ci giurerei ma la parola baroni non viene mai usata dal Ferrari) ed in più un susseguirsi di nomi, anzi di letterati, che se volessimo fare anche un elenco, altro che recensione ci prenderebbe. Sarebbe bastato limitarsi ad entrare meglio nella faccenda (e la faccenda è la vita e le opere di un terrorista, tale Tito Sella) che forse il libro avrebbe preso una scioltezza ed una leggerezza ben diversa da quella che invece ha. Chessò, liberarlo di un centinaio di pagine e oltre, tanto per farlo assomigliare di più a un noir vero e proprio.
Ma nonostante ciò, come si direbbe nello sport, nulla è perduto. Nel senso che il ritmo che il Ferrari non ha avuto (o forse non ha voluto) invece lo tiene, magistralmente, nella parte finale del libro, tanto che la dizione che gli ha assegnato D’Orrico, per quanto me ne dispiaccia, calza quasi a pennello.
Dunque allora come la mettiamo? Non sono in grado di valutare in pieno il Ferrari, dal momento che non ho letto suoi precedenti libri, ma quello che mi andrebbe di suggerirgli sarebbe di stare meno sulle questioni a lui più stringenti (ma sai quanti libri e quanti altre cose si fanno sull’università e sui cattivi dell’università) e più invece su dettami più universali. Perché poi anche l’essere incompreso, senza dirci il perché, ha qualcosa di assoluto.
Però visto che il Ferrari tiene tanto alla scuola, propongo per il suo libro un bel 22 (all’università, mentre al liceo, lasciando da parte, certi giudizi, un 6 e mezzo).
Provare per credere.
di Eleonora Del Poggio
Non credo sia stato (anzi, non lo credo affatto) la presenza dello strillo, sopra la copertina, di Antonio D’Orrico che ulula ai quattro venti che questo è Il più bel romanzo degli ultimi tempi. Fra noir epico e commedia al fiele. Per quanto possa essere quasi d’accordo con l’esimio critico sul fatto che il libro sia un noir epico e tiè, persino una commedia al fiele, non lo ritengo affatto il più bel romanzo degli ultimi tempi, anzi.
Le prime duecento cinquanta pagine scorrono tra colloqui tra neo laureati e le faccende dei baroni (non ci giurerei ma la parola baroni non viene mai usata dal Ferrari) ed in più un susseguirsi di nomi, anzi di letterati, che se volessimo fare anche un elenco, altro che recensione ci prenderebbe. Sarebbe bastato limitarsi ad entrare meglio nella faccenda (e la faccenda è la vita e le opere di un terrorista, tale Tito Sella) che forse il libro avrebbe preso una scioltezza ed una leggerezza ben diversa da quella che invece ha. Chessò, liberarlo di un centinaio di pagine e oltre, tanto per farlo assomigliare di più a un noir vero e proprio.
Ma nonostante ciò, come si direbbe nello sport, nulla è perduto. Nel senso che il ritmo che il Ferrari non ha avuto (o forse non ha voluto) invece lo tiene, magistralmente, nella parte finale del libro, tanto che la dizione che gli ha assegnato D’Orrico, per quanto me ne dispiaccia, calza quasi a pennello.
Dunque allora come la mettiamo? Non sono in grado di valutare in pieno il Ferrari, dal momento che non ho letto suoi precedenti libri, ma quello che mi andrebbe di suggerirgli sarebbe di stare meno sulle questioni a lui più stringenti (ma sai quanti libri e quanti altre cose si fanno sull’università e sui cattivi dell’università) e più invece su dettami più universali. Perché poi anche l’essere incompreso, senza dirci il perché, ha qualcosa di assoluto.
Però visto che il Ferrari tiene tanto alla scuola, propongo per il suo libro un bel 22 (all’università, mentre al liceo, lasciando da parte, certi giudizi, un 6 e mezzo).
Provare per credere.
di Eleonora Del Poggio
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