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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Anila Wilms

La strada del nord

Keller editore, Traduzione di Franco Filice, Pag. 208 Euro 15,00
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Uno squarcio sulla storia recente dell’Albania (ci riferiamo al 1924) rivela un paese di contraddizioni e fermenti, lacerato fra il nuovo e l’antico, uscito da poco dall’impero ottomano e in cerca di una propria identità politica. I nuovi funzionari sono in gran parte esuli rientrati in patria.
… Da ogni angolo del mondo avevano portato con sé un’altra lingua, un’altra cultura e costumi differenti. Erano finiti a Tirana come extraterrestri e avevano fatto di quella cittadina sonnolenta una Babilonia pulsante di diversità.
   È una monarchia, ma il trono è vacante. Ha un parlamento, ma la vita politica mostra in filigrana intrighi di corte e astuzie bizantine. È percorso da forti conflitti, eppure è pervaso dalla più grande tolleranza religiosa, tanto che cristiani e musulmani possono scherzare insieme, al tavolo di un caffè, commentando i fatti del giorno.
   E il fatto del giorno è l’assassinio di due giovani americani che insieme al loro autista percorrevano in auto la strada del nord, quella appunto che dà il nome al libro. Non è una strada qualsiasi, è praticamente l’unica che attraversa la zona impervia abitata da montanari duri e testardi, gente che fa popolo a sé e non si piega a nessuno.
   Il delitto ha generato grande subbuglio, perché si tratta di un momento di delicati equilibri internazionali, e si teme una ritorsione del governo degli Stati Uniti. Ma più ancora della paura è l’indignazione ad accendere gli animi, davanti al tabù violato dell’ospitalità verso lo straniero. La legge dell’accoglienza è sacra a tutti gli albanesi, ma in special modo proprio alla gente delle montagne, che regola il proprio comportamento sull’antico Kanun, una sorta di codice d’onore. Allora, piuttosto che credere a una tale empietà, si preferisce dare adito a ogni sorta di dicerie che attribuiscono l’omicidio ai popoli confinanti o a mandanti della sfera politica.
   L’Autrice ricostruisce con vivacità e ironia il sommesso parlare del popolo che anima le strade e i caffè dando corpo a un gustoso colore locale. Ma racconta anche le ambasce dei politici e dei diplomatici che si trovano ad affrontare la grana in prima persona.  Fra tutti spicca l’ambasciatore americano, arrivato da poco con l’intenzione di sopportare i disagi di una vita frugale in vista di una missione che gli darà lustro: indirizzare gli accordi commerciali sul petrolio favorendo le compagnie americane e tenendo a bada gli inglesi che vorrebbero il monopolio. Il fattaccio però ha scombinato tutto, e ha messo in crisi anche i piani ambiziosi dei politici locali, sia di governo che di opposizione. La Wilms, scrittrice albanese trasferita a Berlino, si cala nei punti di vista dei diversi personaggi penetrandone la psicologia e svelandone le trame.  Così prendono vita l’ambasciatore Grant, di cui si è detto; il primo ministro Fuad Herri, esponente dell’aristocrazia terriera e uomo dall’ ambizione insaziabile; il vescovo Dorotheus, primate della Chiesa ortodossa e figura chiave dell’opposizione; il ministro degli esteri Bey Gorica, ex ambasciatore del sultano.
   Le figure più vive restano però gli avventori del caffè Bristol, che come un coro greco seguono e commentano la vicenda fino al suo epilogo.

di Giovanna Repetto


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