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Adriano Angelini Sut

Love will tear us apart. La morte di Chris Cornell e l'ennesimo messaggio subliminale

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No, non lo so se è una coincidenza. O forse sì. C'era un tempo in cui non credevo alle coincidenze. Poi sì, poi mi son detto che voler vedere un significato dietro a ogni avvenimento (grande o piccolo che sia) è necessario se non vogliamo morire di insignificanza. Poi di nuovo no, la mente razionale era tornata a dettare legge: voler vedere le coincidenze certifica inesorabilmente la mancanza assoluta di significato. Però la morte di Chris Cornell, voce e leader carismatico dei Soundgarden e degli Audioslave, avvenuta il 18 maggio scorso per impiccagione nel bagno dell'albergo di Detroit, dopo che i Soundgarden, da poco riuniti, avevano terminato di suonare al Fox Theatre, non può essere una coincidenza. Il 18 maggio di 37 fa, un'altra rockstar immensa, Ian Curtis, leader e poeta dei Joy Division si era tolto la vita impiccandosi nella cucina della sua casa in Inghilterra.
Come fa a essere una coincidenza?
Il mondo del rock è sempre stato territorio del demonio, si sa. E il demonio gioca in questa vita una partita tutta sua. Le coincidenze sono le immagini shock che i suoi simboli celano. Le religioni hanno tentato di seppellirlo sotto la sabbia e il fango delle fogne (ultimo in ordine di apparizione l'Islam che vede Satana ovunque non sia il giardinetto di casa sua, che già da tempo è infestato di anime dannate). Solo che il demonio, è proprio il caso di dire, ne sa una più del diavolo, appunto. E si diverte. Dopo aver conquistato il vasto palcoscenico delle canzonette distorte, fa scrivere capolavori ai più talentuosi, ammalia noi adoratori e lancia messaggi subliminali. Non c'è bisogno di leggere le canzoni al contrario. Basta sentirle per quel che sono. Inni d'amore. Dannato, ma pur sempre amore. Inni d'esuli in una Terra sconosciuta, gettati in un universo privo di alcun significato, grida straziate come lagnanze d'anime incontrollabili. Chi non s'è mai addentrato nella musica del diavolo non sa comprendere le mie parole. Parole di un povero pazzo esaltato.
Chris è stato uno degli ultimi, fra lo scorcio finale del secolo passato e l'inizio del nuovo, a tradurre in versi e note l'ispirazione del diavolo. Sublime e incontrollata. Se gli anni '70 e '80 ci avevano regalato carrettate di rockstar demoniache, gli anni'90 sono stati molto avari (dal 2000 in poi la situazione è peggiorata e di molto). Chris era una gemma degli inferi sonori. Il Grunge (genere che ha risollevato il defunto rock) aveva preso il posto (dal 1989 in poi) dell'onda maledetta degli anni'70. Cinque sono stati i gruppi migliori di quella generazione nata a Seattle: Nirvana, Soundgarden, Stone Temple Pilot, Alice in Chains e Pearl Jam. Dei primi quattro sono morti i rispettivi leader, Kurt Cobain, Chris Cornell (appunto), Scott Weiland e il sublime Layne Staley. Droga, abusi vari, sregolatezza, omicidi mascherati da suicidi. Conta davvero?
Ian Curtis, poco prima di morire, ha scritto probabilmente un inno generazionale che s'è conquistato l'epitaffio più bello sullo spartito del tempo. Love will tear us apart. L'amore ci di dilanierà. Poi s'è impiccato, in un gesto d'amor disperato che solo i romantici di secoli prima sapevano 'immortalare'; ma coi versi e il silenzio che la poesia ineffabile richiede. Chris ha scritto un nuovo inno sonoro generazionale, quasi preparandosi per questi tempi di angoscia che ci accompagnano fra un like agognato e un attacco all'arma bianca o con auto in corsa agli inermi passeggiatori di centri commerciali impoveriti e inviperiti dalla crisi perenne (passeggiatori che infatti ammirano tanto le vetrine e comprano poco): Black Hole Sun. Tu sole, splendido buco nero, perché non vieni a lavare via tutto come la pioggia, perché non vieni a ingoiarci prima del tempo che siamo destinati a durare, prima che tu esploda per lasciarci in questo buio galattico? Chris, prima di impiccarsi, però, ha aspettato che la sua profezia si avverasse. Il nuovo Medio Evo è qui e forse nessun buco nero ci inghiottirà per salvarci.             
No, le due morti non possono essere una mera coincidenza. Non le so leggere. Il demonio lancia i suoi messaggini subliminali e ci istiga a comprenderli nella sua spudorata settimana enigmistica per menti deviate. No, la morte di Chris non lascia l'ennesimo buco in un mondo, quello del rock, che non c'è più. Il buco non è più un buco. Il buco si è allargato e adesso permea di sé ogni spazio. Il buio è un vuoto, il vuoto assoluto nel quale galleggiamo fingendo di vivere. Il vuoto è Superunknown (l'album più conosciuto dei Soundgarden, quello che li ha consacrati sull'altare degli immortali del rock), la cosa che non si può conoscere in assoluto. Io ne ho paura. Spero che la voce di Chris continui a consolarmi.
Perché questo non è un articolo di semplice ricordo e commiato; questo è un articolo di disperazione, come la sua morte. E io davanti alla morte e al vuoto e all'insensatezza ho bisogno di consolazione. L'amore ci ha dilaniati, il vuoto ci ha inghiottiti. E pure le parole stanno per finire. Ciao Chris.  



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