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CLASSICI

Alfredo Ronci

Memorie sparse di un valido uomo: “Ricordi di un giovane troppo presto invecchiatosi” di Antonio Aniante.

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Diceva di sé: Bontempelli mi ha cercato perché ero allora scrittore che cominciava a fare certo rumore ed è stato l’unico che ha capito attraverso i miei scritti che partecipavo alle sue vedute, cioè non ero per il paese da una parte e nemmeno per gli extracittadini; ma nell’uno e nell’altro campo ho avuto dei sostenitori e il campo in cui ho avuto più successo è stato proprio quello: il novecentismo. Sono stato infatti uno dei principali sostenitori della rivista di Bontempelli in francese intitolata Novecento.
Dunque siamo di fronte ad un novecentista ante-litteram? O come diceva lui stesso, di nuovo, un futurista nella maniere di vedere, perché Novecentismo è futurismo?
Nato nel 1900, pur aderendo quasi passivamente al fascismo, in realtà cercava delle soluzioni in chiave rivoluzionaria contro il regime (pubblicò nel 1932 una biografia su Mussolini). Negli anni 30, deluso contro il sistema italiano di vita, se ne va in Francia (ci rimase ben 18 anni) dove pubblico e critica gli decretarono successi ben più soddisfacenti rispetto all’Italia e dove presenta Enfant isterique (1931) e la traduzione francese di Ultime notti di Taormina.
Aniante fu un personaggio pungente, deridente e prolifico. Diede a quello era anche lo stile letterario di Bontempelli, cioè il realismo magico, elementi cangianti e colori ben fermi (la Francia fu sì la terra dove forse ebbe la possibilità di esprimersi al meglio, ma anche la Sicilia, e soprattutto il luogo in cui nacque, ebbero influenze del tutto positive).
Ricordi di un giovane troppo presto invecchiatosi è del 1939. È una sorta di autobiografia smozzicata, nel senso che non predilige un fatto storico ben delineato, ma vaga da un decennio all’altro, portando con sé le disavventure e le prese in giro del periodo fanciullesco e soprattutto le miserie del periodo francese (ricordiamo che abbandonò la Francia solo nel 1948).
E se vogliamo metterci un elemento che non era dispiaciuto all’Aniante, cioè l’elemento del regime e delle sue ingiustizie, in questo libro non vi è traccia. Non c’è nessuna sostanza che in qualche modo lo leghi al fascismo. Ma questo non significa che l’autore non si metta a disposizione del lettore e non offra situazioni a volte leggere, ma il più delle volte miserevoli e tristi.
Dice del suo scritto: Credevo di aver scritto un libro eterno e non è vero. Io non sono né un eroe né un poeta ma un povero pazzo fuori della vita. Ed è sera e presto sarà notte.
E spesso ritorna su questi temi, soprattutto nell’ultima parte del libro: Ci si chiede spesso fra italiani se si sente la nostalgia. Tu sai, Cirino, che io sono forte, né mi pento di quel che ho fatto, ciascuno con le sue idee, ma qui non riesco a stare allegro, e non sono poi tanto ammalato: quando qualcuno dice che ogni anno ha bisogno di stare almeno un mese in Italia, lo comprendo, è una necessità, così non parlano emigrati d’altri paesi, e non è una debolezza, credimi, è direi un fatto logico in noi la nostalgia.
Ma Aniante è personaggio singolare. Accanto a queste considerazioni tutto sommato italiane (lo dice lui stesso) ci sono episodi nel libro che sembrano piuttosto appartenere ad una sorta di Giamburasca post-litteram (sono gli episodi spassosissimi del periodo infantile) o a quelli più adulti e combattuti (bello il racconto di due amici, mandati dalla madre alla ricerca di Aniante in Francia, che per guadagnare soldi organizzano un incontro di boxe, perdendo di brutto).
In queste poco più che duecento pagine c’è di tutto. Ma Aniante mette da parte le sue questioni letterarie (via futurismo, realismo magico o chissà quale altra invenzione) e ci regala dei momenti che come abbiamo detto sono allegri, tristi, commoventi ma sempre riportati ad una dimensione del presente.
Come abbiamo detto Aniante tornerà in Sicilia nel 1948, scrivendo per l’occasione Voyage in Sicilia e uscendo nel 1949 con l’antologia La fin du mond che raccoglie il meglio della sua opera. Più avanti si stabilirà a Ventimiglia nella speranza di ritagliarsi un posto più tranquillo per la sua arte, dal momento che si era autoesiliato dalla letteratura contemporanea.
Ma tutto questo non gli impedì di vincere, nel 1965, il Premio Selezione Campiello con Figlio del sole.
Andrebbe riconsiderato.



L’edizione da noi considerata è:

Antonio Aniante
Ricordi di un giovane troppo presto invecchiatosi
Bompiani



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