RECENSIONI
Jonathan Safran Foer
Molto forte, incredibilmente vicino
Guanda (Le fenici tascabili), Pag. 350 Euro 10.00
Quante volte si può riavvolgere un dolore? Una vita?
Quante volte l'essere umano riesce davvero a scoprire l'angolo più antico delle proprie passioni e della complessità che le anima? E che età ci vuole per sentirsi adulti?
Oskar ha perso tutto. Perdendo tutto, lo ha ritrovato nella sua solitudine ora più cosciente, meno giustificata o forse troppo.
Si ritrova a percorrere i sentieri del ricordo con in mano soltanto una chiave ripescata per caso in un vaso. Una chiave che ha un nome scritto: Black.
Il mistero che accompagna la fredda scorza di metallo che Oskar porta attaccata al collo insieme alle sue domande, alle sue invenzioni è il pretesto per entrare in un sogno che ha il nome del protagonista e quello della sua famiglia. Di ciò sentiremo parlare all'interno di queste pagine coagulanti lacrime e sorrisi. Nell'impasto messo sul tavolo caldo delle ore di questo diario fatto libro, ci si trova a sentir correre dentro le stanze dei propri pensieri una piccola creatura chiamata desiderio: la stessa creatura che fa cominciare il cammino di Oskar per ritrovare qualcosa del padre perduto due anni prima in una delle tragedie più grandi degli uomini.
Il cammino però è una rincorsa difficile da prendere, perché le scarpe la maggior parte delle volte sono così pesanti da far affondare l'aria nella terra, soffocandola con i fallimenti. Con i turbamenti: la madre che vede un altro uomo, l'incapacità di saper leggere le trame del tempo trascorso e di quello attuale, l'impotenza di un "imbarazzo" che chiude le porte della parola, della normalità che tutti gli amici hanno e che viene vista con un misto di straniamento e complicità
Quando il mondo abbassa la temperatura del sole Oskar tira su la lampo del sacco a pelo di se stesso e rimane al caldo di quelle muffole fatte di libri, voci lontane, lettere spedite a grandi scienziati e segreti nascosti nell'armadio, tra le maglie di una sciarpa mai finita.
Chi era suo padre? Che segreti aveva? Lui a cui tanto somiglia, di cui molti tratti sono ancora un accenno sulla pelle giovane e speranzosa, cosa viveva? Cosa sognava?
Gli interrogativi sono molti per un pugno così piccolo.
Certo c'è la nonna... lei e le sue stramberie, le sue paurose attenzioni nei confronti del nipote che ama follemente, con la follia di chi conosce il significato silenzioso e non ostentato dell'amore. Il flebile sussurro della testa che si inclina davanti al viso dell'innamorato.
Anziana custode delle lacrime terse e delle domande dimenticate fa da torre di avvistamento per i momenti di sconforto del nipote. Anziana donna. Donna che ha amato. Pregato. Implorato le proprie ossessioni ed infine le ha confinate nel silenzio dei suoi "occhi guasti". Ma di cosa è il velo?
I personaggi danzano con Oskar tra le righe di un rotolo che scioglie i languori saziandoli di un racconto fantastico nella sua reale concretezza: tutta la fila di Mr e Msr. Black che verranno interrogati dall'orfano imprimeranno le lettere del loro cognome in ogni atomo di carne inquieta: B-L-A-C-K.
La rincorsa del giovane newyorkese sembra andare al contrario, sembra essere fatta per immergersi verso il centro del pianeta piuttosto che lanciarsi verso i cieli icareschi delle risposte eppure a questa si aggiungono due passi, lenti, accasciati che permetteranno di avere lo slancio necessario perché il protagonista possa finalmente addormentarsi nell'appagata risoluzione dell'enigma che lo tormenta. Voci lontane, che da una vita si rincorrono saranno il legno e il nodo della fune della fionda della vita che si schiude in un colpo di tosse che sfoga il pianto.
Oskar è indimenticabile per la sua complessa semplicità. Oskar che a nove anni capisce che per essere molto forte deve essere incredibilmente vicino.
di Alex Pietrogiacomi
Quante volte l'essere umano riesce davvero a scoprire l'angolo più antico delle proprie passioni e della complessità che le anima? E che età ci vuole per sentirsi adulti?
Oskar ha perso tutto. Perdendo tutto, lo ha ritrovato nella sua solitudine ora più cosciente, meno giustificata o forse troppo.
Si ritrova a percorrere i sentieri del ricordo con in mano soltanto una chiave ripescata per caso in un vaso. Una chiave che ha un nome scritto: Black.
Il mistero che accompagna la fredda scorza di metallo che Oskar porta attaccata al collo insieme alle sue domande, alle sue invenzioni è il pretesto per entrare in un sogno che ha il nome del protagonista e quello della sua famiglia. Di ciò sentiremo parlare all'interno di queste pagine coagulanti lacrime e sorrisi. Nell'impasto messo sul tavolo caldo delle ore di questo diario fatto libro, ci si trova a sentir correre dentro le stanze dei propri pensieri una piccola creatura chiamata desiderio: la stessa creatura che fa cominciare il cammino di Oskar per ritrovare qualcosa del padre perduto due anni prima in una delle tragedie più grandi degli uomini.
Il cammino però è una rincorsa difficile da prendere, perché le scarpe la maggior parte delle volte sono così pesanti da far affondare l'aria nella terra, soffocandola con i fallimenti. Con i turbamenti: la madre che vede un altro uomo, l'incapacità di saper leggere le trame del tempo trascorso e di quello attuale, l'impotenza di un "imbarazzo" che chiude le porte della parola, della normalità che tutti gli amici hanno e che viene vista con un misto di straniamento e complicità
Quando il mondo abbassa la temperatura del sole Oskar tira su la lampo del sacco a pelo di se stesso e rimane al caldo di quelle muffole fatte di libri, voci lontane, lettere spedite a grandi scienziati e segreti nascosti nell'armadio, tra le maglie di una sciarpa mai finita.
Chi era suo padre? Che segreti aveva? Lui a cui tanto somiglia, di cui molti tratti sono ancora un accenno sulla pelle giovane e speranzosa, cosa viveva? Cosa sognava?
Gli interrogativi sono molti per un pugno così piccolo.
Certo c'è la nonna... lei e le sue stramberie, le sue paurose attenzioni nei confronti del nipote che ama follemente, con la follia di chi conosce il significato silenzioso e non ostentato dell'amore. Il flebile sussurro della testa che si inclina davanti al viso dell'innamorato.
Anziana custode delle lacrime terse e delle domande dimenticate fa da torre di avvistamento per i momenti di sconforto del nipote. Anziana donna. Donna che ha amato. Pregato. Implorato le proprie ossessioni ed infine le ha confinate nel silenzio dei suoi "occhi guasti". Ma di cosa è il velo?
I personaggi danzano con Oskar tra le righe di un rotolo che scioglie i languori saziandoli di un racconto fantastico nella sua reale concretezza: tutta la fila di Mr e Msr. Black che verranno interrogati dall'orfano imprimeranno le lettere del loro cognome in ogni atomo di carne inquieta: B-L-A-C-K.
La rincorsa del giovane newyorkese sembra andare al contrario, sembra essere fatta per immergersi verso il centro del pianeta piuttosto che lanciarsi verso i cieli icareschi delle risposte eppure a questa si aggiungono due passi, lenti, accasciati che permetteranno di avere lo slancio necessario perché il protagonista possa finalmente addormentarsi nell'appagata risoluzione dell'enigma che lo tormenta. Voci lontane, che da una vita si rincorrono saranno il legno e il nodo della fune della fionda della vita che si schiude in un colpo di tosse che sfoga il pianto.
Oskar è indimenticabile per la sua complessa semplicità. Oskar che a nove anni capisce che per essere molto forte deve essere incredibilmente vicino.
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