RECENSIONI
Wilmer Urrelo Zarate
Mondo noir
Edizioni Estemporanee, Pag. 146 Euro 12,00
Si chiede Silvio Mignano, nella post-fazione al libro, dove accidenti (l'accidenti ce lo metto io) sia la bolivianità in questo romanzo. Chiariamoci: bolivianità nel senso della qualità dell'essere boliviano. Perché Zarate è appunto di quel paese.
E se lo chiede anche e soprattutto in riferimento al titolo del libro. Perché Mondo noir porta con sé una grossa responsabilità. Potrebbe essere addirittura una sorta di vademecum del genere letterario e contenere in sé modelli e schemi del suddetto.
Niente di ciò.
La storia che ci racconta Zarate è sì a sfondo poliziesco (due vicende che corrono parallele: una in cui uno scrittore di gialli fallito scopre che un suo conoscente non solo gli ha rubato un manoscritto, ma rivendendolo ad un editore è riuscito a piazzarlo e a farlo diventare un best-seller e a causa di ciò prepara la vendetta; l'altra in cui due curiosi e maneschi poliziotti indagano su una serie di delitti), ma sembra anche una sorta di gioco meta-letterario (e in questo gli scrittori sudamericani sono maestri) in cui si voglia mettere in discussione un po' tutto.
Mignano, se ancora non lo aveste capito, tenta di pararsi il culo: cioè procede alla giustificazione di un'opera che non è quella che si vuol invece far intendere.
Ormai è chiaro che la caratteristica del noir contemporaneo è quella proprio della metropolizzazione delle storie, dove l'elemento centrale è, senza alcun ombra di dubbio, la riconoscibilità dell'elemento della grande città (ma anche della piccola di provincia). Se il poliziesco, come aveva detto a suo tempo Chandler aveva sbattuto in strada il delitto sottraendolo ai salotti buoni della golden age del giallo, il noir ha aggiunto a questa strada la toponomastica, la sua completa definizione.
In Mondo noir tutto questo non c'è: la bolivianità, come si diceva all'inizio, non è riconoscibile, e Mignano stesso lo ammette, ma fa il possibile però il post-fatore (si dice?) per ricondurre la storia ad una sua specificità. Arrampicandosi sugli specchi.
Intendiamoci, qui non si fa il processo a chi ha curato l'operazione, sarebbe preferibile (anzi è preferibile) parlare del libro. Ma il libro, nel momento in cui si è avuto modo e maniera di 'stendere' la trama, ha concluso il suo percorso.
Zarate, giovanissino peraltro, appena ventiduenne ai tempi del romanzo (2005), non sappiamo se coscientemente o no, ha voluto mischiare le carte tentando d'imbrogliare la matassa. Diciamo che in parte c'è riuscito, con quel pizzico di meta-letterarietà, come si diceva pocanzi, che può contenere una sua indubbia fascinazione. Ma rischia di far incazzare i cultori del genere noir: perché questo non è noir, nonostante lo 'strillo' del titolo.
di Eleonora del Poggio
E se lo chiede anche e soprattutto in riferimento al titolo del libro. Perché Mondo noir porta con sé una grossa responsabilità. Potrebbe essere addirittura una sorta di vademecum del genere letterario e contenere in sé modelli e schemi del suddetto.
Niente di ciò.
La storia che ci racconta Zarate è sì a sfondo poliziesco (due vicende che corrono parallele: una in cui uno scrittore di gialli fallito scopre che un suo conoscente non solo gli ha rubato un manoscritto, ma rivendendolo ad un editore è riuscito a piazzarlo e a farlo diventare un best-seller e a causa di ciò prepara la vendetta; l'altra in cui due curiosi e maneschi poliziotti indagano su una serie di delitti), ma sembra anche una sorta di gioco meta-letterario (e in questo gli scrittori sudamericani sono maestri) in cui si voglia mettere in discussione un po' tutto.
Mignano, se ancora non lo aveste capito, tenta di pararsi il culo: cioè procede alla giustificazione di un'opera che non è quella che si vuol invece far intendere.
Ormai è chiaro che la caratteristica del noir contemporaneo è quella proprio della metropolizzazione delle storie, dove l'elemento centrale è, senza alcun ombra di dubbio, la riconoscibilità dell'elemento della grande città (ma anche della piccola di provincia). Se il poliziesco, come aveva detto a suo tempo Chandler aveva sbattuto in strada il delitto sottraendolo ai salotti buoni della golden age del giallo, il noir ha aggiunto a questa strada la toponomastica, la sua completa definizione.
In Mondo noir tutto questo non c'è: la bolivianità, come si diceva all'inizio, non è riconoscibile, e Mignano stesso lo ammette, ma fa il possibile però il post-fatore (si dice?) per ricondurre la storia ad una sua specificità. Arrampicandosi sugli specchi.
Intendiamoci, qui non si fa il processo a chi ha curato l'operazione, sarebbe preferibile (anzi è preferibile) parlare del libro. Ma il libro, nel momento in cui si è avuto modo e maniera di 'stendere' la trama, ha concluso il suo percorso.
Zarate, giovanissino peraltro, appena ventiduenne ai tempi del romanzo (2005), non sappiamo se coscientemente o no, ha voluto mischiare le carte tentando d'imbrogliare la matassa. Diciamo che in parte c'è riuscito, con quel pizzico di meta-letterarietà, come si diceva pocanzi, che può contenere una sua indubbia fascinazione. Ma rischia di far incazzare i cultori del genere noir: perché questo non è noir, nonostante lo 'strillo' del titolo.
di Eleonora del Poggio
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