RECENSIONI
Marcello Fois
Nel tempo di mezzo
Einaudi, Pag. 263 Euro 20,00
Uff, non sta mai bene nulla. Che sia la bella stagione cominciata troppo in fretta e troppo in fretta rovinatasi? Che sia l'accidia che lentamente t'inocula questa letteratura da centro commerciale con sconto del 15%? Che sia la fame di 'nuovo' che inevitabilmente si risolve nell'intignere nel vecchio?
Conosco da decenni Fois per pensar male, conosco da decenni lo scrittore sardo/bolognese e la sua onestà intellettuale per pensarlo furbo, ma 'sto ultimo romanzo Nel tempo di mezzo non riesco proprio a farmelo gradire, nonostante abbia una lucida struttura e sia convincente: la realtà è che è troppo leccato!
Vorrei che mi si intendesse sulla leccatura: non è la patina del perbenismo rivoltante e vomitoso – gli elogi precedenti a Fois bastano a scagionarlo da qualsivoglia nefandezza – ma una storia o, in questo caso, un romanzo, può essere 'unto' in altri modi: escludendo l'intervento 'divino' (quello è appartenuto solo a Berlusconi) l'impiastricciatura può derivare dalla carineria senz'anima dei personaggi, da un linguaggio ad un passo dal manierismo un po' demodé, dalla risaputezza delle combinazioni.
Chiariamoci ancora: Fois non è l'orrenda Simonetta Agnello Hornby, che mi è sempre sembrata una preghiera pasquale, che col pretesto della necessità di un dialogo col passato, ci propina monnezza letteraria (il primo romanzo anche con la benedizione di Busi... e questa la paga!) con l'imprimatur (poverina!) della classicità.
Sì, Fois ha scritto un romanzo 'classico' (Vincenzo, che viene dal lontano nord, scopre che la sua famiglia vera abita a Nuoro. Negli anni del fascismo imperante si trasferisce in Sardegna, ritrova i suoi cari, sposa una delle donne più belle del paese, e diventa pure politicamente influente, ma grava su di lui una sorte di maledizione familiare...): lungi dal presentare un'isola oleografica o una meschinità linguistica (l'idioma è sempre misurato e dosato al punto giusto), riesce ad offrire un quadro credibile ed una ricostruzione appropriato senza falsi fardelli o aggiunte indesiderate.
Dunque dov'è il quibus? Sta proprio nella sostanza pertinente, nella fattezza giusta, nel cerchiobottismo da premio letterario.
Non sto malignando, il fatto che Nel tempo di mezzo sia tra i candidati del Premio Strega non significa proprio nulla: la lettura di Fois mi ha suggerito una nettezza delle suggestioni che sa di satinatura. Però ad averceli scrittori di questo genere, mille miglia distanti dal presenzialismo mediatico e dalla tentazioni grandguignol (ancora vive e presenti, ahinoi!).
di Alfredo Ronci
Conosco da decenni Fois per pensar male, conosco da decenni lo scrittore sardo/bolognese e la sua onestà intellettuale per pensarlo furbo, ma 'sto ultimo romanzo Nel tempo di mezzo non riesco proprio a farmelo gradire, nonostante abbia una lucida struttura e sia convincente: la realtà è che è troppo leccato!
Vorrei che mi si intendesse sulla leccatura: non è la patina del perbenismo rivoltante e vomitoso – gli elogi precedenti a Fois bastano a scagionarlo da qualsivoglia nefandezza – ma una storia o, in questo caso, un romanzo, può essere 'unto' in altri modi: escludendo l'intervento 'divino' (quello è appartenuto solo a Berlusconi) l'impiastricciatura può derivare dalla carineria senz'anima dei personaggi, da un linguaggio ad un passo dal manierismo un po' demodé, dalla risaputezza delle combinazioni.
Chiariamoci ancora: Fois non è l'orrenda Simonetta Agnello Hornby, che mi è sempre sembrata una preghiera pasquale, che col pretesto della necessità di un dialogo col passato, ci propina monnezza letteraria (il primo romanzo anche con la benedizione di Busi... e questa la paga!) con l'imprimatur (poverina!) della classicità.
Sì, Fois ha scritto un romanzo 'classico' (Vincenzo, che viene dal lontano nord, scopre che la sua famiglia vera abita a Nuoro. Negli anni del fascismo imperante si trasferisce in Sardegna, ritrova i suoi cari, sposa una delle donne più belle del paese, e diventa pure politicamente influente, ma grava su di lui una sorte di maledizione familiare...): lungi dal presentare un'isola oleografica o una meschinità linguistica (l'idioma è sempre misurato e dosato al punto giusto), riesce ad offrire un quadro credibile ed una ricostruzione appropriato senza falsi fardelli o aggiunte indesiderate.
Dunque dov'è il quibus? Sta proprio nella sostanza pertinente, nella fattezza giusta, nel cerchiobottismo da premio letterario.
Non sto malignando, il fatto che Nel tempo di mezzo sia tra i candidati del Premio Strega non significa proprio nulla: la lettura di Fois mi ha suggerito una nettezza delle suggestioni che sa di satinatura. Però ad averceli scrittori di questo genere, mille miglia distanti dal presenzialismo mediatico e dalla tentazioni grandguignol (ancora vive e presenti, ahinoi!).
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