RECENSIONI
Augusten Burroughs
Pensiero magico: storie vere
Piccola biblioteca Oscar Mondadori, Pag. 280 Euro 9,00
Lo confesso: la prima edizione del libro non lo abbiamo considerato, ma non per spocchia, ma solo perché non si può stare dietro a tutto quello che esce. E confesso anche un'altra cosa: non ho mai letto Correndo con le forbici in mano, memoir autobiografico da cui è stato tratto anche un film bello e toccante con una grande Annette Bening.
Fin qui pace, poi subentra il mio particolare rapporto (da lettore s'intenda) con Augusten Burroghs.
Credo di non capirlo: mi piace la sua verve colorata e gaya, la sua intelligenza pronta e suadente, il suo lirismo a volte improvviso e disarmante, ma mi ricorda tanto quelle persone che vogliono fare gli spiritosi a tutti i costi. Se ci esci una sera ti deliziano, alla seconda ci convivi, alla terza li sopporti e alla quarta li mandi dritti a 'fanculo.
Leggendo quest'ultima fatica ho avuto la netta impressione che il suo mondo fatto di 'macchiettismo' ed umanità sclerata non mi appartiene. Insisto, ad una prima suggestione si coglie un acume solido e costruttivo, una capacità introspettiva anche audace, ma poi subentra la noia per l'eccessivo uso dell'iperbole. Che non è, mi si permetta, esattamente la figura retorica che si conosce, ma, in senso lato, un'attitudine tutta di Burroughs di esagerare per eccesso o per difetto non su un concetto, ma su situazioni di vita.
Come, per esempio, quando vuol cambiare sesso: Ero di nuovo pronto per un grande mutamento della mia vita. Stavo inoltre avendo grosse difficoltà ad incontrare ragazzi gay che non sembrassero gay e nonostante ciò possedessero un certo sarcasmo. Immaginavo che, come donna, avrei potuto attingere a un bacino di uomini tutto nuovo.
Non mi piace l'andazzo, mi ricorda la sit-com Willy e Grace dove si apprezzano le fulminanti battute, il sarcasmo strisciante, e la gaytudine pronto-consegna, ma se poi ti fermi a pensare arrivi alla conclusione che le storie sentimentali di Grace-etero avevano sempre un senso, quelle di Willy-gay no (e dio sa solo perchè).
Non vi è nulla di costruttivo nella letteratura di Burroughs: rimani in attesa di una epifania che mai sarà. Ma non un'apparizione risoluta, foss'anche in carne ed ossa, ma una sorta di deus ex machina che porga uno schiaffo al potere vigente.
Nella copertina viene riportato un commento del Washington Post: spaventoso, perverso, toccante, vendicativo e divertentissimo. Credetemi non c'è nulla di spaventoso, tanto meno di perverso. Perché poi dipende da che punto di vista lo si vede. Come i gay pride che si fanno in Italia: per la ministra delle pari opportunità Carfogna (ops Carfagna) sono un ridicolo carosello, per la chiesa una pagliacciata, per i gay che ci partecipano un'occasione per protestare (tranne andarsene per i fatti propri quando si arriva alla fine del corteo senza nemmeno ascoltare gli interventi dal palco), per una minoranza risicata un atto rivoluzionario (beata illusione).
Burroughs potreste davvero trovarvelo accanto mentre sfilate: vi farebbe fare un mazzo di risate, potreste anche pensare di trombarlo, ma arrivati a destinazione vi rifuggereste sotto il carro delle trans: forse ancora più colorato e ciarliero, ma tanto più umanamente sofferente.
di Alfredo Ronci
Fin qui pace, poi subentra il mio particolare rapporto (da lettore s'intenda) con Augusten Burroghs.
Credo di non capirlo: mi piace la sua verve colorata e gaya, la sua intelligenza pronta e suadente, il suo lirismo a volte improvviso e disarmante, ma mi ricorda tanto quelle persone che vogliono fare gli spiritosi a tutti i costi. Se ci esci una sera ti deliziano, alla seconda ci convivi, alla terza li sopporti e alla quarta li mandi dritti a 'fanculo.
Leggendo quest'ultima fatica ho avuto la netta impressione che il suo mondo fatto di 'macchiettismo' ed umanità sclerata non mi appartiene. Insisto, ad una prima suggestione si coglie un acume solido e costruttivo, una capacità introspettiva anche audace, ma poi subentra la noia per l'eccessivo uso dell'iperbole. Che non è, mi si permetta, esattamente la figura retorica che si conosce, ma, in senso lato, un'attitudine tutta di Burroughs di esagerare per eccesso o per difetto non su un concetto, ma su situazioni di vita.
Come, per esempio, quando vuol cambiare sesso: Ero di nuovo pronto per un grande mutamento della mia vita. Stavo inoltre avendo grosse difficoltà ad incontrare ragazzi gay che non sembrassero gay e nonostante ciò possedessero un certo sarcasmo. Immaginavo che, come donna, avrei potuto attingere a un bacino di uomini tutto nuovo.
Non mi piace l'andazzo, mi ricorda la sit-com Willy e Grace dove si apprezzano le fulminanti battute, il sarcasmo strisciante, e la gaytudine pronto-consegna, ma se poi ti fermi a pensare arrivi alla conclusione che le storie sentimentali di Grace-etero avevano sempre un senso, quelle di Willy-gay no (e dio sa solo perchè).
Non vi è nulla di costruttivo nella letteratura di Burroughs: rimani in attesa di una epifania che mai sarà. Ma non un'apparizione risoluta, foss'anche in carne ed ossa, ma una sorta di deus ex machina che porga uno schiaffo al potere vigente.
Nella copertina viene riportato un commento del Washington Post: spaventoso, perverso, toccante, vendicativo e divertentissimo. Credetemi non c'è nulla di spaventoso, tanto meno di perverso. Perché poi dipende da che punto di vista lo si vede. Come i gay pride che si fanno in Italia: per la ministra delle pari opportunità Carfogna (ops Carfagna) sono un ridicolo carosello, per la chiesa una pagliacciata, per i gay che ci partecipano un'occasione per protestare (tranne andarsene per i fatti propri quando si arriva alla fine del corteo senza nemmeno ascoltare gli interventi dal palco), per una minoranza risicata un atto rivoluzionario (beata illusione).
Burroughs potreste davvero trovarvelo accanto mentre sfilate: vi farebbe fare un mazzo di risate, potreste anche pensare di trombarlo, ma arrivati a destinazione vi rifuggereste sotto il carro delle trans: forse ancora più colorato e ciarliero, ma tanto più umanamente sofferente.
di Alfredo Ronci
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