RECENSIONI
Pierre Mac Orlan
Piccolo manuale del perfetto avventuriero
Adelphi, Pag. 72 Euro 5,50
Il nocciolo di questo delizioso manualetto è la distinzione tra l'avventuriero attivo e l'avventuriero passivo. Dalle indiscrezioni di Giulio Minghini, che corredano il testo, pare che l'avventuriero passivo fosse proprio lui, Pierre Dumarchey (questo il nome anagrafico dell'Autore), definito da Minghini placido pirata di biblioteca, e che il suo altero ego, l'avventuriero attivo, potesse caso mai essere impersonato da suo fratello. Non che la vita di Mac Orlan (1882-1970) sia stata povera di emozioni, tutt'altro: bohèmien a Parigi, a fianco di personalità come Picasso e Apollinaire, frequentatore di mitici cabaret, eroe suo malgrado, ferito e decorato nella Grande Guerra, autore di innumerevoli libri e canzoni (molte delle quali per Juliette Greco), la sua è una storia certamente toccata dalla magica febbre che si poteva contrarre solo in quel passaggio di secolo.
Con lancinante ironia Mac Orlan traccia i due ritratti paralleli. L'avventuriero attivo ne esce come una specie di teppista, mandato però allo sbaraglio dal suo complementare, l'avventuriero passivo, che vive di lui come un parassita. Stranamente l'avventuriero attivo ama la disciplina, che è per lui una forma di riposo, per cui spesso finisce in istituzioni come la Legione Straniera. L'avventuriero passivo, invece, lo si trova spesso fra gli scrittori, che in casi rarissimi possono essere attivi e passivi contemporaneamente. Diventare avventurieri passivi richiede un quotidiano esercizio dell'immaginazione, da nutrire con opportune letture di genere, e con qualche viaggetto senza pretese, perché un intrepido avventuriero passivo deve allontanarsi il meno possibile dal luogo in cui lavora, ossia dalla sua biblioteca. Vivere in una torre d'avorio non è consigliabile se non dopo i quarant'anni, quando può finalmente nutrirsi del suo passato, o meglio, del suo passato così come lui lo immagina. Segue un elenco di mete consigliate, necessarie ad assorbire un certo colore locale. Non mancano le località marine, non certo per contemplare il mare, che è uguale dappertutto, ma per imparare il gergo delle taverne e le canzoni marinaresche. A questo proposito apprendiamo che l'avventuriero può essere definito un quaderno di canzoni con qualche illustrazione e qualche reminiscenza latina non purgata. Una visita a Marsiglia, con l'aggiunta di qualche canzone da tagliagola, fornirà un corredo di accessori con cui potrà immaginare senza pericolo l'intero Estremo Oriente. Sempre utile, poi, una tappa in qualche città nota per le impiccagioni o per altre interessanti forme di esecuzione capitale, cose che danno sempre un discreto colore. Infine viene fornito all'aspirante avventuriero un tocco di sacralità, suggerendo di volgersi in certe ore del giorno verso l'isola di Tortuga, mitico rifugio di bucanieri, come a una Mecca.
Uscito la prima volta nel 1920, il testo lascia trapelare, sotto il tono volutamente cinico e leggero, i reali atteggiamenti dell'Autore riguardo a problemi essenziali dell'umanità.
Lo scontro fra un uomo di settanta chili e un obice del medesimo peso è indiscutibilmente una delle invenzioni più stolte dei nostri tempi. Tutta la guerra del '14-18 si è basata su queste proporzioni. Tale esperienza dimostra la preoccupante incoscienza degli uomini.
di Giovanna Repetto
Con lancinante ironia Mac Orlan traccia i due ritratti paralleli. L'avventuriero attivo ne esce come una specie di teppista, mandato però allo sbaraglio dal suo complementare, l'avventuriero passivo, che vive di lui come un parassita. Stranamente l'avventuriero attivo ama la disciplina, che è per lui una forma di riposo, per cui spesso finisce in istituzioni come la Legione Straniera. L'avventuriero passivo, invece, lo si trova spesso fra gli scrittori, che in casi rarissimi possono essere attivi e passivi contemporaneamente. Diventare avventurieri passivi richiede un quotidiano esercizio dell'immaginazione, da nutrire con opportune letture di genere, e con qualche viaggetto senza pretese, perché un intrepido avventuriero passivo deve allontanarsi il meno possibile dal luogo in cui lavora, ossia dalla sua biblioteca. Vivere in una torre d'avorio non è consigliabile se non dopo i quarant'anni, quando può finalmente nutrirsi del suo passato, o meglio, del suo passato così come lui lo immagina. Segue un elenco di mete consigliate, necessarie ad assorbire un certo colore locale. Non mancano le località marine, non certo per contemplare il mare, che è uguale dappertutto, ma per imparare il gergo delle taverne e le canzoni marinaresche. A questo proposito apprendiamo che l'avventuriero può essere definito un quaderno di canzoni con qualche illustrazione e qualche reminiscenza latina non purgata. Una visita a Marsiglia, con l'aggiunta di qualche canzone da tagliagola, fornirà un corredo di accessori con cui potrà immaginare senza pericolo l'intero Estremo Oriente. Sempre utile, poi, una tappa in qualche città nota per le impiccagioni o per altre interessanti forme di esecuzione capitale, cose che danno sempre un discreto colore. Infine viene fornito all'aspirante avventuriero un tocco di sacralità, suggerendo di volgersi in certe ore del giorno verso l'isola di Tortuga, mitico rifugio di bucanieri, come a una Mecca.
Uscito la prima volta nel 1920, il testo lascia trapelare, sotto il tono volutamente cinico e leggero, i reali atteggiamenti dell'Autore riguardo a problemi essenziali dell'umanità.
Lo scontro fra un uomo di settanta chili e un obice del medesimo peso è indiscutibilmente una delle invenzioni più stolte dei nostri tempi. Tutta la guerra del '14-18 si è basata su queste proporzioni. Tale esperienza dimostra la preoccupante incoscienza degli uomini.
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