RECENSIONI
Marco Balzano
Resto qui
Einaudi, Pag. 184 Euro 17,00
Ecco… c’è una frase di Resto qui di Marco Balzano (Einaudi), che riesce a riassumere in maniera magistrale la storia narrata in questo che è il suo ultimo romanzo: “Quando l’automobile partì l’aria non profumava più di terra bagnata né di fieno ma s’impregnò di nafta. Restammo a tossire finché non sparì dietro la curva.” È la modernità signori, che travolge, ingloba e cancella.
Diciamolo subito, Resto qui è un romanzo potente, narrato magistralmente da un autore pluripremiato con una scrittura che riesce a cadenzare pieni e vuoti come uno spartito. Il pieno dell’acqua che avanza inesorabilmente, lasciando dietro di lei un vuoto di anime e vite. E ancora il pieno di una vita di sacrifici e lavoro tra terra e animali, e i masi vuoti di chi non ce la fa più e abbandona per sempre qui paesaggi.
Siamo a Curon, un paese nel Sudtirolo, fisso nella sua bellezza tanto da sembrare un’ambientazione senza tempo. In questo luogo, duro e onirico al tempo stesso, l’avvento del fascismo avrà una portata devastante perché significherà per gli abitanti dover rinunciare alla propria lingua, alla propria cultura. L’Italiano, per i locali una lingua esotica, e subito diventa sinonimo della dittatura fascista: “Hanno italianizzato i nostri nomi, sostituito le insegne dei negozi. Ci hanno proibito di indossare i nostri vestiti.” Quando poi il regime comunica alla cittadinanza che la diga costruita dalla Montedison sommergerà il paese, l’annientamento sarà totale. Allora forse l’alternativa, l’unica vera alternativa, è andarsene in Svizzera o ancora meglio nella Germania di Hitler. Ma Erich è intenzionato a resistere, vuole rimanere perché a Curon lui c’è nato e c’è nata Trina, sua moglie (è lei la narratrice del romanzo) e i suoi figli. Andarsene significa arrendersi, ai fascisti o all’acqua della diga che sommergerà il paese. Contro i fascisti puoi lottare, ma con il vuoto dell’acqua che avanza, non puoi fare molto. Avanza e conquista la terra e con lei le anime di uomini e donne.
Insomma, un romanzo potente, lo abbiamo detto, che non può non farci venire in mente quello che sta avvenendo su un altro versante delle Alpi con la Torino-Lione. Come a dire che la letteratura…
di Marco Minicangeli @gattospinoso
Diciamolo subito, Resto qui è un romanzo potente, narrato magistralmente da un autore pluripremiato con una scrittura che riesce a cadenzare pieni e vuoti come uno spartito. Il pieno dell’acqua che avanza inesorabilmente, lasciando dietro di lei un vuoto di anime e vite. E ancora il pieno di una vita di sacrifici e lavoro tra terra e animali, e i masi vuoti di chi non ce la fa più e abbandona per sempre qui paesaggi.
Siamo a Curon, un paese nel Sudtirolo, fisso nella sua bellezza tanto da sembrare un’ambientazione senza tempo. In questo luogo, duro e onirico al tempo stesso, l’avvento del fascismo avrà una portata devastante perché significherà per gli abitanti dover rinunciare alla propria lingua, alla propria cultura. L’Italiano, per i locali una lingua esotica, e subito diventa sinonimo della dittatura fascista: “Hanno italianizzato i nostri nomi, sostituito le insegne dei negozi. Ci hanno proibito di indossare i nostri vestiti.” Quando poi il regime comunica alla cittadinanza che la diga costruita dalla Montedison sommergerà il paese, l’annientamento sarà totale. Allora forse l’alternativa, l’unica vera alternativa, è andarsene in Svizzera o ancora meglio nella Germania di Hitler. Ma Erich è intenzionato a resistere, vuole rimanere perché a Curon lui c’è nato e c’è nata Trina, sua moglie (è lei la narratrice del romanzo) e i suoi figli. Andarsene significa arrendersi, ai fascisti o all’acqua della diga che sommergerà il paese. Contro i fascisti puoi lottare, ma con il vuoto dell’acqua che avanza, non puoi fare molto. Avanza e conquista la terra e con lei le anime di uomini e donne.
Insomma, un romanzo potente, lo abbiamo detto, che non può non farci venire in mente quello che sta avvenendo su un altro versante delle Alpi con la Torino-Lione. Come a dire che la letteratura…
di Marco Minicangeli @gattospinoso
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