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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Carlo Rovelli

Sette brevi lezioni di fisica

Adelphi, Pag. 90 Euro 10,00
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Ben vengano queste divulgazioni scientifiche, lo dico sinceramente, ma altrettanto sinceramente devo ammettere che dopo la lettura rimango sempre interdetta e con un aleggiante senso di depressione. Perché alla fine si scopre, come il saggio dell’antichità, che sappiamo di non sapere nulla.
   Rovelli prende la cosa con molto ottimismo. Lui, oltre che scienziato, è un appassionato della scienza. Quando parla dell’emozione provata nell’approccio alla teoria della Relatività di Einstein, lo fa in toni così lirici che si crederebbe stia parlando del primo bacio.
   Era come una magia: come se un amico mi sussurrasse all’orecchio una straordinaria verità nascosta, e d’un tratto scostasse un velo dalla realtà per svelarne un ordine più semplice e profondo. Da quando abbiamo imparato che la Terra è rotonda e gira come una trottola pazza, abbiamo capito che la realtà non è come ci appare: ogni volta che ne intravediamo un pezzo nuovo è un’emozione. Un altro velo che cade.
   Questo è un libro di successo, di cui ho sentito molto parlare, e credo che il suo segreto, oltre alla semplicità e concisione che non guastano, sia proprio il trasporto emotivo con cui imbandisce al profano questo banchetto di scienza. Ecco come si esprime, ancora a proposito della Relatività.
   … dentro quest’equazione c’è un universo rutilante (…) Una successione fantasmagorica di predizioni che sembrano i deliri di un pazzo, e invece sono state tutte verificate dall’esperienza.
   Ma non è una teoria su cui si possa riposare e arrivare con calma a farsene una ragione. Perché il cammino della scienza porta a nuovi traguardi e a nuove teorie, non sempre compatibili fra loro. Rovelli ci spiega infatti che la teoria dei Quanti, altro pilastro della scienza, appare in contraddizione con la teoria di Einstein. Eppure funzionano tutt’e due!
   A proposito della teoria dei Quanti, apprendiamo che gli elettroni non esistono sempre, ma solo quando interagiscono con qualcos’altro. Dunque possono materializzarsi qua e là, praticamente a caso, in un modo prevedibile solo a livello probabilistico. A questo punto, mentre Rovelli gronda di entusiasmo, io comincio già ad avere la gola secca e a deglutire a vuoto.
   Non basta. Poche pagine più in là fa la sua comparsa la “materia oscura”.
   Qualcosa che non è né atomi, né neutrini, né fotoni…
   Questo è il momento in cui mi affaccio alla finestra gridando: aiuto, qualcuno mi dica che cos’è!
   Ma ecco un’ipotesi rassicurante:
   Il nostro universo può essere nato dal rimbalzo di una fase precedente, passando attraverso una fase intermedia senza spazio e senza tempo.
   Ah, be’, allora…
   Intanto arriva un altro colpo di scena: scopriamo la funzione della termodinamica per spiegare l’esistenza del tempo, perché a quanto pare non esiste flusso di tempo se non c’è passaggio di calore. Si arriva infine a un nodo che mette in relazione tutte le variabili e potrebbe mettere d’accordo quelle teoria che ora sembrano inconciliabili.
   Il calore dei buchi neri è una Stele di Rosetta, scritta a cavallo di tre lingue – Quanti, Gravità e Termodinamica - , che attende di essere decifrata, per dirci cosa sia davvero lo scorrere del tempo.
   Bene, intanto datemi uno sgabello così mi siedo, perché vedo tutto girarmi intorno. 
   Il buon Rovelli invece è all’apice della gioia, e si lancia in visioni estatiche degne di Teilhard de Chardin.
   Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano in continuazione fra l’esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra che non ci sia nulla, si combinano insieme all’infinito (…) per raccontare l’immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi…
   E conclude che essendo noi stessi parte di questa natura pazzesca non possiamo far altro che sentirci felici e sentirci a casa.
   Insomma, più i misteri si moltiplicano più lui si entusiasma, mentre io sono attanagliata dallo sgomento. Finché non arriva a ipotizzare, en passant, che la nostra specie non sia destinata a durare a lungo. Davanti a questa notizia concreta, che finalmente riesco a capire, mi sento quasi sollevata.

di Giovanna Repetto


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