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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

David Bessis

Tentacoli

ISBN Edizioni, Pag. 90 Euro 11,50
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Chi di voi ricorda il film Il fischio al naso? Era una garbata pellicola tratta da un racconto di Dino Buzzati, tra l'altro presentata al festival di Berlino nel 1967, girata ed interpretata da Ugo Tognazzi, in cui si raccontava la storia di un industriale, Giuseppe Inzerna che, afflitto da un fastidioso sibilo alle vie respiratorie e trovandosi per affari nei pressi di una clinica, ne approfitta per sottoporsi ad esami ed analisi che col tempo diventano sempre più approfondite e invasive. Fallito un tentativo di fuga dalla clinica, l'uomo, che sarà dislocato di piano in piano, a rappresentare i vari stadi di aggravamento del male, alla fine rimarrà solo e morirà privato di qualsiasi affetto.

Ho citato il film perché Tentacoli del francese David Bessis in qualche modo lo ricorda (ma l'elenco di terribili trasformazioni nella letteratura, così come nel cinema, è vasto e molto eterogeneo. Mi basta ricordare però tralasciando come è ovvio, le metasmorfosi kafkiane, un bel racconto, sempre di un francese, Serge Brussolo, pubblicato anni fa sul Paradiso cartaceo, in cui i mutamenti estetici avvenivano per sistematiche sostituzioni di arti).

Qui il disgraziato protagonista è afflitto da otto tentacoli che gli sono spuntati dal ventre e in parte nella schiena e che sembrano avere vita a sé perché si muovono autonomamente e in più crescono di giorno in giorno.

Lo dico con franchezza: non è facile una 'lettura' del testo, anche se ho provato a dissezionarlo (visto che siamo in tema) da vari punti di vista.

Ho tentato la carta della denuncia e dello spaesamento che subisce l'individuo ospedalizzato: Era solo un'ipotesi di lavoro (Pag.8), ma contrariamente a quanto succede al povero Inzerna, il protagonista di Tentacoli lascia l'ospedale ancora vivo.

Ho tentato la carta del 'rifiuto' della diversità: La nostra civiltà, timorosa e conformista, canzona chi si allontana dalla norma. Censura ogni evoluzione. Non ci sarà mai un uomo nuovo. (Pag.41). Nonostante questo proclama nietzschiano, la chiusura solipsistica dell'uomo non riesce ad assumere connotati universali.

Ho tentato la carta del complesso di colpa con risvolti confessionali: Avrei tanto voluto che tutto questo non fosse mai capitato. Che infamia. Io, che mi sono sempre piegato al massimo rigore morale. (Pag.62). Ma non mi sembra una carta convincente.

In ultima analisi ho optato per una dichiarazione di fallimento generazionale e di incomprensione universale di sé stessi e degli altri e da questo punto di vista la prima di copertina (quelle delle edizioni ISBN hanno la particolarità di indicare contenuti che in genere si esplicitano nella quarta) è assai illuminante: breve romanzo francese a metà tra l'onirico e il metafisico che attraverso unostile chiaro e pacato racconta il calvario ospedaliero-esistenzialista di un uomo alle prese con l'incertezza della scienza medica, la solitudine, il dolore,l'incubo e la mutazione, e che riesce nonostante tutto a restare ironico e obiettivo, senza per questo capirci qualcosa di più.

Ecco la chiave: quello di non farsi troppe domande e non capirci molto di più. Perfetto. Non avrei potuto fare e scrivere di meglio.





di Alfredo Ronci


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