RECENSIONI
Lourdes Vàsquez
The tango files
Edizioni Arcoiris, Cura e traduzione di Brigidina Gentile, Pag. 120 Euro 13,00
Non soddisfa perché stimola. La ricchezza di questo libro si scopre via via come una presina di zafferano, pochi milligrammi di polvere capaci di espandere la loro essenza in un numero incredibile di piatti.
Si può dire che l’Autrice dipinge come schizzi i brevi capitoli, o meglio li propone come rapidi brani musicali, ma servirebbero tante altre metafore per far capire che parla ai cinque sensi. Il potere evocativo è straordinario. Ci sono ricordi, immagini, emozioni e luoghi, e tutto è permeato dal ritmo del tango che è stato il filo conduttore della sua vita e ne rimane il fulcro.
Lo esprime bene la curatrice, Brigidina Gentile, che nel tradurre il testo ne ha subìto la fascinazione.
…ho sentito il tango entrare e uscire dalla mia testa e dai miei muscoli, e ho ballato con le sue parole tutto il tempo. Ho percorso miglia e miglia e ho attraversato gli anni, avanti e indietro nel tempo, restando attaccata alle sue parole e alla loro musica.
Il tango è allo stesso tempo il protagonista e lo sfondo. Ma il suo ritmo dove nasce, quando? Come tutto ciò che è mitico non ha origini certe: lo si collega alla musica folklorica argentina, ma anche alla Avanera cubana e a tradizioni andaluse. Borges, che ha buon titolo per parlarne, lascia ai posteri una salomonica sentenza: “Sottoscrivo tutte le conclusioni e anche qualcun’altra”.
Quello che è certo è che la tradizione del tango nasce dalla ricchezza multiculturale di un popolo ibrido, in cui confluivano immigrati di tanti paesi, insieme ai guappi di Buenos Aires e ai gauchos delle praterie. Ne dà testimonianza la lingua ibrida, il lunfardo (lingua “ladra”) codice sincretico sbocciato spontaneamente dalla fusione di tante lingue per dare voce a chi non poteva dominare la lingua ufficiale.
Questa è la lingua del tango. Colpisce, nella tradizione di questo ballo, la molteplicità di livelli e di significati, da quelli immediati a quelli più simbolici, a cominciare dalle parole che lo definiscono. La parola “milonga” ad esempio può riferirsi a una trappola verbale, un giro di parole fatto per confondere e ingannare. Può indicare confusione o definire un tipo di donna. Ma è anche uno dei ritmi del tango, e infine è il luogo dove il tango si balla.
Secondo l’Autrice questi luoghi imitano la doppia vita del ballerino di tango, perché là dove di giorno si svolgono attività da bar, circolo sportivo, museo, parco e via dicendo, la sera magicamente nascono sale da ballo.
In questa doppia vita, io sento, lo sentiamo tutti, l’appartenenza a una comunità (…) che si libera dalla stanchezza e dal rigore del lavoro e dei problemi attraverso e proprio con il tango. Quando il tango comincia, e la frotta delle coppie comincia a muoversi, siamo una marea eccezionale che altera i battiti. La luna e la terra che si amano in pieno solstizio, perché il tango trascina tutto, smuove tutto, può tutto.
La danza è funzione del sacro. E il sacro, nel suo aspetto collettivo, attiene più all’aspetto identitario che a quello trascendente. La sacralità del tango sembra riposta proprio nel riconoscersi come il popolo del tango. Un popolo ormai senza confini.
Lourdes Vàzquez conduce il lettore in un viaggio che è proprio come una danza in cui si alternano passi diversi ma sempre con leggerezza, con ritmo. Volteggiando passa dentro e fuori. Fuori, lungo la storia e la leggenda. Dentro nell’analisi sottile di una fascinazione che la tocca nell’intimo. Per lei il tango è qualcosa che dà insieme regola e libertà, che lega all’àncora e scioglie gli ormeggi.
Il ballo ti riordina il tetto,
ti restituisce la logica,
ti fortifica l’ancoraggio e ti obbliga a generare un’alterità che ti toglie dall’oppressione.
Infine, una frase illuminante:
È quando la milonga mi cattura costruendo la mia unità senza far caso al vuoto.
Una poetica prefazione di Melania Petriello completa il libro, insieme al testo originale e a note accuratissime.
di Giovanna Repetto
Si può dire che l’Autrice dipinge come schizzi i brevi capitoli, o meglio li propone come rapidi brani musicali, ma servirebbero tante altre metafore per far capire che parla ai cinque sensi. Il potere evocativo è straordinario. Ci sono ricordi, immagini, emozioni e luoghi, e tutto è permeato dal ritmo del tango che è stato il filo conduttore della sua vita e ne rimane il fulcro.
Lo esprime bene la curatrice, Brigidina Gentile, che nel tradurre il testo ne ha subìto la fascinazione.
…ho sentito il tango entrare e uscire dalla mia testa e dai miei muscoli, e ho ballato con le sue parole tutto il tempo. Ho percorso miglia e miglia e ho attraversato gli anni, avanti e indietro nel tempo, restando attaccata alle sue parole e alla loro musica.
Il tango è allo stesso tempo il protagonista e lo sfondo. Ma il suo ritmo dove nasce, quando? Come tutto ciò che è mitico non ha origini certe: lo si collega alla musica folklorica argentina, ma anche alla Avanera cubana e a tradizioni andaluse. Borges, che ha buon titolo per parlarne, lascia ai posteri una salomonica sentenza: “Sottoscrivo tutte le conclusioni e anche qualcun’altra”.
Quello che è certo è che la tradizione del tango nasce dalla ricchezza multiculturale di un popolo ibrido, in cui confluivano immigrati di tanti paesi, insieme ai guappi di Buenos Aires e ai gauchos delle praterie. Ne dà testimonianza la lingua ibrida, il lunfardo (lingua “ladra”) codice sincretico sbocciato spontaneamente dalla fusione di tante lingue per dare voce a chi non poteva dominare la lingua ufficiale.
Questa è la lingua del tango. Colpisce, nella tradizione di questo ballo, la molteplicità di livelli e di significati, da quelli immediati a quelli più simbolici, a cominciare dalle parole che lo definiscono. La parola “milonga” ad esempio può riferirsi a una trappola verbale, un giro di parole fatto per confondere e ingannare. Può indicare confusione o definire un tipo di donna. Ma è anche uno dei ritmi del tango, e infine è il luogo dove il tango si balla.
Secondo l’Autrice questi luoghi imitano la doppia vita del ballerino di tango, perché là dove di giorno si svolgono attività da bar, circolo sportivo, museo, parco e via dicendo, la sera magicamente nascono sale da ballo.
In questa doppia vita, io sento, lo sentiamo tutti, l’appartenenza a una comunità (…) che si libera dalla stanchezza e dal rigore del lavoro e dei problemi attraverso e proprio con il tango. Quando il tango comincia, e la frotta delle coppie comincia a muoversi, siamo una marea eccezionale che altera i battiti. La luna e la terra che si amano in pieno solstizio, perché il tango trascina tutto, smuove tutto, può tutto.
La danza è funzione del sacro. E il sacro, nel suo aspetto collettivo, attiene più all’aspetto identitario che a quello trascendente. La sacralità del tango sembra riposta proprio nel riconoscersi come il popolo del tango. Un popolo ormai senza confini.
Lourdes Vàzquez conduce il lettore in un viaggio che è proprio come una danza in cui si alternano passi diversi ma sempre con leggerezza, con ritmo. Volteggiando passa dentro e fuori. Fuori, lungo la storia e la leggenda. Dentro nell’analisi sottile di una fascinazione che la tocca nell’intimo. Per lei il tango è qualcosa che dà insieme regola e libertà, che lega all’àncora e scioglie gli ormeggi.
Il ballo ti riordina il tetto,
ti restituisce la logica,
ti fortifica l’ancoraggio e ti obbliga a generare un’alterità che ti toglie dall’oppressione.
Infine, una frase illuminante:
È quando la milonga mi cattura costruendo la mia unità senza far caso al vuoto.
Una poetica prefazione di Melania Petriello completa il libro, insieme al testo originale e a note accuratissime.
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