RACCONTI
Roberto Venturini
Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera.
Se immaginassimo l'amore come una praxis nell'accezione di "effetto", ossia quella capacità di produrre determinate conseguenze, ne avremmo una duplice visione: da una parte l'amore che si concreta nel porre in essere qualcosa, una persona-oggetto amato, per mezzo della poiein; dall'altra avremmo l'amore come agire che si esaurisce nei suoi effetti (prassein). Potremmo asserire che internamente a determinati tipi d'amore, esiste quella naturale tendenza che porta all'inesorabile morte del sentimento stesso. Storicamente testimoniata dall'arte è l'immedesimazione dell'uomo con l'amore. Chiosando quanto detto sopra l'Amore-effetto e l'Uomo-rapporto amoroso, parrebbe naturalmente condivisibile la morte per amore.
Tutte le ragazze che a me piacciono hanno appeso in camera almeno un dipinto di Schiele.
Dicono che la rappresentazione della decomposizione fisica e morale dei soggetti ritratti sfocia in un'angosciante tensione verso l'emozionante putrefazione delle carni.
A me però piacciono le carni delle donne ritratte da Schiele.
Allora sono perverso.
Però le ragazze che hanno una certa cultura non sono perverse.
Loro non hanno erezioni alla vista delle carni livide e deformi.
Pollock non mi piace.
Per me i quadri di Pollock sono il risultato dello starnuto di un ubriacone pestato a sangue su una tela bianca.
Io infatti non sono pervaso da una certa cultura.
Le ragazze che in camera hanno appeso un quadro di Pollock in realtà potrebbero a tutta prima piacermi ma custodiscono un segreto.
Votano per il PD.
Sono cerchiobottiste.
Non votano Rifondazione e la parola comunismo provoca loro sorrisi di compassione.
Le ragazze a cui piacciono i quadri di Pollock si innamorano degli sfigati bassi che potrebbero essere pervasi da una certa cultura – ma non lo sono – per un periodo che varia da un anno a un anno e mezzo.
Tutte le ragazze culturalmente inquiete in genere espongono nelle loro camere quadri di Ernst, dei dadaisti e dei surrealisti.
A Silvia piacevano i quadri di Schiele. Lei era una ragazza carina e intelligente. Non aveva la tv in casa quindi non vedeva tv spazzatura.
Silvia visitava musei e se proprio doveva fare qualcosa a casa o ci scopava o ci leggeva.
Stavamo bene insieme, ci amavamo.
Lei però era molto colta e l'ostentava.
Ogni volta che iniziavamo discorsi di un certo spessore li terminava sempre fissandomi con aria di disgustosa sufficienza.
Quel giorno presi una buona dose di coraggio e mi esposi.
Le dissi che a me l'Ofelia di Millais commuoveva perché il pittore inglese aveva saputo rappresentare la dignità nel suicidio per amore.
Ancora lo ricordo il suo sorrisino saccente.
Mi disse che lei non avrebbe mai sacrificato la sua vita per amore e che quel gesto a parer suo era ridicolo.
In quell'istante capii che aveva smesso d'amarmi.
Mi chiesi come potesse non concepire l'idea del sacrificio della propria vita in nome di una sensazione così nobile come l'innamoramento.
Avevo di fronte a me uno schifo di persona.
La goccia che fece trasbordare il vaso fu il suo entrare in merito ai miei gusti in fatto di pittura – a suo avviso – certamente troppo romantico-decadenti.
Sentii un calore attraversarmi il corpo.
Una rabbia imbarazzante si impossessò di me.
Afferrai l'Argan (L'arte moderna 1770-1970. L'arte oltre il duemila. Giulio Carlo Argan, Achille Bonito Oliva. 49,00, Sansoni) e glielo sbattei ripetutamente sull'emisfero sinistro del cervello – per intenderci all'altezza dell'area di Wernicke – così forte che gli causai degli avvallamenti sul cranio.
I violenti traumi non impedirono all'insensibile puttanella di pronunziare discorsi fluenti in una lingua ignota – probabilmente insulti – che piano piano divennero rantoli.
Riempii la vasca da bagno e ce la gettai dentro.
Le mie mani affondarono la sua testa sotto l'acqua mista al sangue facendola affogare.
L'avevo redenta.
Mi si presentava davanti l'Ofelia morta per amore.
Tutte le ragazze che a me piacciono hanno appeso in camera almeno un dipinto di Schiele.
Dicono che la rappresentazione della decomposizione fisica e morale dei soggetti ritratti sfocia in un'angosciante tensione verso l'emozionante putrefazione delle carni.
A me però piacciono le carni delle donne ritratte da Schiele.
Allora sono perverso.
Però le ragazze che hanno una certa cultura non sono perverse.
Loro non hanno erezioni alla vista delle carni livide e deformi.
Pollock non mi piace.
Per me i quadri di Pollock sono il risultato dello starnuto di un ubriacone pestato a sangue su una tela bianca.
Io infatti non sono pervaso da una certa cultura.
Le ragazze che in camera hanno appeso un quadro di Pollock in realtà potrebbero a tutta prima piacermi ma custodiscono un segreto.
Votano per il PD.
Sono cerchiobottiste.
Non votano Rifondazione e la parola comunismo provoca loro sorrisi di compassione.
Le ragazze a cui piacciono i quadri di Pollock si innamorano degli sfigati bassi che potrebbero essere pervasi da una certa cultura – ma non lo sono – per un periodo che varia da un anno a un anno e mezzo.
Tutte le ragazze culturalmente inquiete in genere espongono nelle loro camere quadri di Ernst, dei dadaisti e dei surrealisti.
A Silvia piacevano i quadri di Schiele. Lei era una ragazza carina e intelligente. Non aveva la tv in casa quindi non vedeva tv spazzatura.
Silvia visitava musei e se proprio doveva fare qualcosa a casa o ci scopava o ci leggeva.
Stavamo bene insieme, ci amavamo.
Lei però era molto colta e l'ostentava.
Ogni volta che iniziavamo discorsi di un certo spessore li terminava sempre fissandomi con aria di disgustosa sufficienza.
Quel giorno presi una buona dose di coraggio e mi esposi.
Le dissi che a me l'Ofelia di Millais commuoveva perché il pittore inglese aveva saputo rappresentare la dignità nel suicidio per amore.
Ancora lo ricordo il suo sorrisino saccente.
Mi disse che lei non avrebbe mai sacrificato la sua vita per amore e che quel gesto a parer suo era ridicolo.
In quell'istante capii che aveva smesso d'amarmi.
Mi chiesi come potesse non concepire l'idea del sacrificio della propria vita in nome di una sensazione così nobile come l'innamoramento.
Avevo di fronte a me uno schifo di persona.
La goccia che fece trasbordare il vaso fu il suo entrare in merito ai miei gusti in fatto di pittura – a suo avviso – certamente troppo romantico-decadenti.
Sentii un calore attraversarmi il corpo.
Una rabbia imbarazzante si impossessò di me.
Afferrai l'Argan (L'arte moderna 1770-1970. L'arte oltre il duemila. Giulio Carlo Argan, Achille Bonito Oliva. 49,00, Sansoni) e glielo sbattei ripetutamente sull'emisfero sinistro del cervello – per intenderci all'altezza dell'area di Wernicke – così forte che gli causai degli avvallamenti sul cranio.
I violenti traumi non impedirono all'insensibile puttanella di pronunziare discorsi fluenti in una lingua ignota – probabilmente insulti – che piano piano divennero rantoli.
Riempii la vasca da bagno e ce la gettai dentro.
Le mie mani affondarono la sua testa sotto l'acqua mista al sangue facendola affogare.
L'avevo redenta.
Mi si presentava davanti l'Ofelia morta per amore.
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