RECENSIONI
Edmund de Waal
Un'eredità di avorio e ambra
Bollati Boringhieri, Pag. 394 Euro 18,00
Non capisco come si faccia a definire 'incantevole' un libro del genere: l'ha fatto la Natalia Aspesi e mi chiedo che cosa abbia letto. D'accordo, nel testo c'è una predisposizione alla malinconia e al trascorrere del tempo che alla fine è troppo facile lasciarsi andare allo struggimento e nello stesso tempo alla tenerezza, ma Un'eredità di avorio e ambra è un atto d'accusa tremendo contro un mondo che ha umiliato, offeso, avvilito ed infine massacrato un popolo intero: l'ebraico.
La storia ha inizio quando l'autore riceve in eredità 264 oggetti (i netsuke) di fattura giapponese, essenzialmente della metà dell'ottocento, e la cui preziosità e incantevole (quella sì) cesellatura lo inducono a cercare le motivazioni di una simile collezione e di fatto ad indagare sulle origini della propria famiglia e delle vicissitudini nel corso di un secolo e più.
La malinconia è una sorta di vaghezza automatica, una clausola liberatoria, una soffocante mancanza di lucidità, mentre questo netsuke è una piccola, spietata esplosione di esattezza e merita di essere trattato col medesimo rigore.
Purtroppo anche la Storia è un'esplosione di esattezza e il secolo trascorso una deflagrazione di tragedie e di sangue versato: perché le vicende degli Ephrussi, la ricchissima e potente famiglia ebraica che de Waal, autore e uno degli ultimi discendenti, racconta con certosina accuratezza, sono il simbolo di un imbarbarimento che culmina nella mostruosità più tremenda che mente umana abbia potuto partorire: la Shoah.
Ecco perché definire 'incantevole' un libro del genere è inappropriato e persino politicamente scorretto. Anzi, e mi si permetta il termine, schifosamente scorretto.
La preziosa collezione dei netsuke, insieme alla descrizione quasi fiscale che il de Waal ci fa dei beni che la famiglia Ephrussi aveva messo da parte nel corso di quasi centocinquanta anni, sono nulla in confronto ad una continua, costante, 'coerente' e assillante politica antisemita che il mondo intero, America ed Europa insieme, ha attuato nei confronti degli ebrei.
Da questo parte un sospetto, che nessuno ha il coraggio di dire ma che l'autore sembra suggerire ma educatamente tacere, che la Germania nazista sia stato l'unico paese a mettere in pratica un genocidio che molti altri avevano da sempre pensato e persino 'attuato', anche se con tecniche meno sanguinarie, ma pur sempre dirompenti.
Ecco dunque che il libro enumera con ammirabile nettezza le fasi più drammatiche che porteranno poi alla 'soluzione finale' dei nazisti: dal clima antisemita che si respira nella cultura europea (Renoir detestava gli ebrei, ma agli Ephrussi vendeva i quadri, in Proust aleggiava una schizofrenia di fondo e Musil ne L'uomo senza qualità ne attestava l'effettiva presenza, altro che fenomeno mimetico), all'affaire Dreifuss, all'elezione nel 1887 del sindaco di Vienna Karl Lueger che aveva sottolineato che gli attacchi agli ebrei sono un ottimo strumento di propaganda e di successo politico, all'espulsione di questi dalla Russia durante la prima guerra mondiale, alla pubblicazione, subito dopo la fine della guerra del libro Città senza ebrei, in cui si auspicava finalmente un'Austria libera dall'influenza sionista, per arrivare all'avvento di Hitler, all'Anschluss e al suonar di campane del cardinale di Vienna dopo l'annessione del territorio austriaco al Terzo Reich.
Questa è la vera sostanza di Un'eredità di avorio e ambra, una terribile sostanza. Che poi altri lettori, attraverso anche la suadente attitudine dell'autore di raccontare l'arte e nel caso specifico l'oggettistica di valore, abbia voluto vederci qualcos'altro... beh tutto lecito. Ma non bestemmino.
Comunque un libro straordinario, quasi un evento.
di Alfredo Ronci
La storia ha inizio quando l'autore riceve in eredità 264 oggetti (i netsuke) di fattura giapponese, essenzialmente della metà dell'ottocento, e la cui preziosità e incantevole (quella sì) cesellatura lo inducono a cercare le motivazioni di una simile collezione e di fatto ad indagare sulle origini della propria famiglia e delle vicissitudini nel corso di un secolo e più.
La malinconia è una sorta di vaghezza automatica, una clausola liberatoria, una soffocante mancanza di lucidità, mentre questo netsuke è una piccola, spietata esplosione di esattezza e merita di essere trattato col medesimo rigore.
Purtroppo anche la Storia è un'esplosione di esattezza e il secolo trascorso una deflagrazione di tragedie e di sangue versato: perché le vicende degli Ephrussi, la ricchissima e potente famiglia ebraica che de Waal, autore e uno degli ultimi discendenti, racconta con certosina accuratezza, sono il simbolo di un imbarbarimento che culmina nella mostruosità più tremenda che mente umana abbia potuto partorire: la Shoah.
Ecco perché definire 'incantevole' un libro del genere è inappropriato e persino politicamente scorretto. Anzi, e mi si permetta il termine, schifosamente scorretto.
La preziosa collezione dei netsuke, insieme alla descrizione quasi fiscale che il de Waal ci fa dei beni che la famiglia Ephrussi aveva messo da parte nel corso di quasi centocinquanta anni, sono nulla in confronto ad una continua, costante, 'coerente' e assillante politica antisemita che il mondo intero, America ed Europa insieme, ha attuato nei confronti degli ebrei.
Da questo parte un sospetto, che nessuno ha il coraggio di dire ma che l'autore sembra suggerire ma educatamente tacere, che la Germania nazista sia stato l'unico paese a mettere in pratica un genocidio che molti altri avevano da sempre pensato e persino 'attuato', anche se con tecniche meno sanguinarie, ma pur sempre dirompenti.
Ecco dunque che il libro enumera con ammirabile nettezza le fasi più drammatiche che porteranno poi alla 'soluzione finale' dei nazisti: dal clima antisemita che si respira nella cultura europea (Renoir detestava gli ebrei, ma agli Ephrussi vendeva i quadri, in Proust aleggiava una schizofrenia di fondo e Musil ne L'uomo senza qualità ne attestava l'effettiva presenza, altro che fenomeno mimetico), all'affaire Dreifuss, all'elezione nel 1887 del sindaco di Vienna Karl Lueger che aveva sottolineato che gli attacchi agli ebrei sono un ottimo strumento di propaganda e di successo politico, all'espulsione di questi dalla Russia durante la prima guerra mondiale, alla pubblicazione, subito dopo la fine della guerra del libro Città senza ebrei, in cui si auspicava finalmente un'Austria libera dall'influenza sionista, per arrivare all'avvento di Hitler, all'Anschluss e al suonar di campane del cardinale di Vienna dopo l'annessione del territorio austriaco al Terzo Reich.
Questa è la vera sostanza di Un'eredità di avorio e ambra, una terribile sostanza. Che poi altri lettori, attraverso anche la suadente attitudine dell'autore di raccontare l'arte e nel caso specifico l'oggettistica di valore, abbia voluto vederci qualcos'altro... beh tutto lecito. Ma non bestemmino.
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