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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Donatella De Rita

Volevo solo un figlio

Edizioni Progetto Cultura, Pag.205 Euro15,00
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Su questo tipo di scorrevolezza, scandita in un presente intimo e concitato, su questa immediatezza che coinvolge il lettore (ma più probabilmente la lettrice, visto il tema) con i toni del quotidiano, ho avuto recentemente molto da ridire imputandole a scelte volute, dettate dal mestiere e intese a rendere il testo accattivante, come dire commerciale. Potrebbe risultare sospetto anche l'argomento, che da un lato propone i temi bioetici da noi sempre attuali perché mai risolti, e d'altro canto prospetta situazioni familiari insolite, con complicazioni che fornirebbero buone basi a una telenovela. In questo caso, al contrario, penso che si tratti di un'opera sincera, perfino ingenua nelle sue imperfezioni (come l'eccesso di congiunzioni "eufoniche", duro da sopportare) di un'autrice dotata di grande sensibilità.

I fatti sono narrati in prima persona da una donna sola che desidera intensamente un figlio e, non disponendo della materia prima (un partner, per intenderci), decide di ricorrere all'inseminazione artificiale. Da qui scaturiscono complesse dinamiche interpersonali con chi le sta intorno, ma soprattutto con il ginecologo che si occupa del caso. Infatti a un certo punto l'io narrante si sdoppia e i protagonisti diventano due, lei e il ginecologo, ognuno alle prese con il suo dialogo interiore fatto di ambasce e di alternanza fra temerarietà e vigliaccherie.

E' da troppo tempo che la frustrazione lo perseguita. Ha dovuto troppe volte mandar via uomini e donne che gli chiedevano un aiuto per cui non ha potuto fare nulla in nome di regole che non condivide e che non ha deciso lui. L'idea che altrove la maggior libertà di scelta porti con sé il miglioramento delle tecniche di intervento (...) lo fa sentire male...

(...)

E' euforica e nello stesso tempo spaventata. Ma ormai la molla è scattata: vuole solo che tutto inizi al più presto e non le importa come avverrà. Il dottor Chinnisi la guarda rigirando tra le mani la penna. Ogni volta che il raggio del sole la colpisce, invia lampi, come una musica che scandisce momenti di silenzio che le sembrano eterni.

Così fra alti e bassi, sempre sull'orlo del fallimento o della rinuncia, i due diventano complici di un progetto che sconfina nell'illegalità, e che li coinvolge in un legame sempre più complesso e personale, fino a conseguenze imprevedibili. Per fortuna (lo dico nell'interesse del lettore e in riconoscimento di merito all'Autrice) non si arriva mai a un happy end "rosa" di quelli che fanno dire blaaaaahhh e gettare via il libro.

Sembra invece che ci sia una genuina immedesimazione, che potrebbe anche essere guidata da elementi autobiografici, o semplicemente dalla ricerca di un accurato approfondimento psicologico.

Angela prova del rancore e non ne capisce il motivo. Forse perché è costretta a restare nel letto, mentre lui se ne va come se niente fosse? Perché adesso il peso della cosa è solo ne suo corpo? Poggia le mani sul ventre, quasi aspettandosi di sentirvi dentro qualcosa di nuovo. Invece le fa solo un po' male. Resta immobile nel letto ed ha la sensazione che il silenzio vi si infili dentro.

Il romanzo è preceduto da due brevi note, che esprimono il punto di vista di una ginecologa e di una psicologa. Proprio questi contributi, che dovrebbero rappresentare una specie di garanzia di autenticità, denunciano i limiti del libro: più che a una libera esperienza letteraria, assomiglia a un "caso" da presentare in sede di dibattito. Dibattito sacrosanto e attuale, vista l'arretratezza delle nostre leggi. E se l'intento era quello di dare uno spunto di riflessione, è perfettamente riuscito.



di Giovanna Repetto


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