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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Massimo Carlotto

La via del pepe. Finta fiaba africana per europei benpensanti.

e/o, Pag. 41 Euro 9,50
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Da Carlotto ci si aspetta di tutto.
Dagli impicci noir alle tentazioni suicide di giovani e conturbanti donne della società borghese (è da un po’ che mi lambicco il cervello su questa vicenda e sul perché Carlotto vi abbia scritto una storia, ma oltre un senso innato per l’analisi del testo non ho trovato nulla. Chissà, forse mi sfugge qualche nuova brillante intuizione dello scrittore).
In realtà c’è anche altro: I Cristiani di Allah e la Cocaina, il ciclo delle Vendicatrici e Alla fine di un giorno noioso. Ma per accorgersi della smisurata autorevolezza di Carlotto mi è bastato suggerire il suo lato migliore e quello più fumoso (nell’attesa che quest’ultimo possa essere in seguito spiegato meglio).
Passiamo a La via del pepe. Disegnata da un maestro illustratore, Alessandro Sanna, è quel che si dice una fiaba africana che però, proprio perché affidata ad uno svelto e cazzuto come il nostro amico, ha come aggiunta il fatto che sia consigliabile ad europei benpensanti. Che ormai sono pochi.
E’ la storia di un barcone che prende la via per l’Italia (esattamente Lampedusa) e l’inevitabile tragedia che colpirà i naviganti (…All’improvviso chiglia e scafo, murate e ponte, poppa e prua si dissolsero. Le persone scivolarono nell’acqua teneramente baciata dal sole), che finiranno tutti affogati tranne Amal, un giovane africano di belle speranze.
Non c’è molto altro da dire effettivamente (che so, forse l’idea che la morte non sia sempre uguale… I morti d’acqua sono di una tristezza infinita, sono inconsolabili. Vuoi mettere gli eroi defunti in battaglia, i martiri o i suicidi?), perché quello che pesa effettivamente in questa storia è la differenza tra chi subisce e chi no.
Amal prenderà il posto del nonno che ha sacrificato la sua vita per regalarne una al nipote, ma quel posto non ha niente di nuovo nel mondo. Solo l’idea che passata una strage prima o poi ne accadrà un’altra.
E che dio riposi in pace.

di Alfredo Ronci


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Gustoso


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Ogni volta che mi trovo di fronte un prodotto a firma Carlotto (e mica scrive solo romanzi!) mi chiedo dove trovi lo scrittore padovano il tempo per fare tutte le cose.
'Partorisse' solo noir, beh, ci starei pure: invece te lo ritrovi a programmare e a pubblicare in condominio (Perdas de fogu), sceneggia per il cinema (Il fuggiasco, Arrivederci amore, ciao), ha fatto teatro (Polvere, Più di mille giovedi...) edita Cristiani di Allah che era pure un progetto musicale.

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Massimo Carlotto

Alla fine di un giorno noioso

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Forse dirò una sciocchezza.
Vediamo: ho l'impressione che da un po' di tempo a questa parte il noir sia come il cane che si morde la coda. Tralasciando per un momento la questione dell'invasione del mercato (beh sì, dovunque ti giri in libreria ti ritrovi davanti non singoli libri, ma intere collane di noir al punto tale che sorge spontanea la domanda: ma vuoi che si stia raschiando il barile?), quel che salta agli occhi è invece la dinamica del fenomeno.

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Il bello sta proprio lì: se sei un apristrada devi stare con le antenne puntate e tenere il campo, altrimenti gli imitatori fanno presto a sostituirti. Crediamo di non esagerare nel dire che Carlotto è stato un antesignano del noir, antesignano quando il genere ha assunto precise connotazioni: da quel momento il profluvio di ammazzamenti.
Noi orchi siamo stati i primi a parlare del fenomeno (chi ha pazienza e tempo si cerchi il Paradiso cartaceo e la mia profonda analisi del noir in tre puntate!)

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Massimo Carlotto

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Ditemi il perché Carlotto insiste con un personaggio come l’Alligatore. Intanto diciamo agli incolti cos’è, anzi, chi è l’Alligatore. E’ una sorta di investigatore privato, in realtà un pezzo unico della malavita del nord

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